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Direttive per il cuoco

In ogni residenza gesuitica, noviziato o casa di esercizi, alcune persone  – laici o gesuiti – sono responsabili, oggi come un tempo, dell’approvvigionamento dei viveri e della preparazione del cibo. Vi siete mai chiesti cosa mangiassero i gesuiti nell’Ottocento? O quali indicazioni venissero fornite al fratello cuoco o agli addetti ai pasti? Approfondiremo in diverse “tappe” la questione… gastronomica.

Oggi entriamo nella mensa dei uno dei noviziati della Compagnia e scopriamo il dietro le quinte della cucina, grazie ad una piccola nota conservata nel nostro archivio storico.

Secondo queste direttive, rimaste anonime, ma sottoscritte dal P. Provinciale dell’epoca, era importante che il cuoco preparasse del cibo semplice, non adulterato da alcuna «droga», ovvero spezie che potessero coprire il sapore o celare la non freschezza delle carni. Si ricorda poi l’importanza di servirlo ben caldo ed in orario.

Dalle prescrizioni deduciamo che nella mensa del noviziato, probabilmente per una questione di grande affluenza, vi fossero due turni per i pasti e non dovevano essere pochi gli inconvenienti se lo scrittore rimarca l’importanza di non servire la minestra cotta per il primo turno ai commensali del secondo, di evitare lunghe attese o la confusione nel servizio, di fare attenzione che il cibo non fosse crudo o bruciato.

L’anonimo autore ricorda l’importanza di cucinare senza utilizzare «untumi» e «troppo sale nelle vivande e particolarmente nella minestra» e soprattutto di servire piatti asciutti e senza acqua derivante dalla cottura «perché così vuole la decenza e la nettezza in tavola».

Si consigliava di stemperare bene le farine nelle minestre o nel brodo con il divieto di “gnocchi”, non è chiaro se lo scrittore si riferisca alla necessità di non formare grumi con la farina nelle minestre o se gli gnocchi fossero proprio esclusi dal menù.

Il manoscritto, che suscita curiosità nel lettore, non è l’unica fonte per indagare le scelte alimentari nelle tavole gesuitiche: nei diari di casa non mancano, infatti, riferimenti al cibo consumato in occasione delle feste o di particolari occasioni.

Altre interessanti fonti sulle abitudine alimentari e gastronomiche si riscontrano nel fondo del Collegio Mondragone, dove sono conservate molte foto degli alunni anche durante i pasti.

L’aspetto della corretta e sufficiente nutrizione era particolarmente sentito dai padri che durante le gite “fuori porta” organizzate dal Collegio per ogni camerata, non mancavano di comprendere anche una sosta in qualche ristorante, di certo particolarmente apprezzata dai convittori. Questa però è un’altra storia…

Maria Macchi