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Il fazzoletto del Papa

Particolare del fazzoletto donato da San Pio X papa al gesuita padre Carlo Massaruti e custodito nell'Archivio Storico EUM

Padre Carlo Massaruti e il dono di papa Pio X

Cosa ci fa nel nostro archivio un fazzoletto di seta rosso, con il nome di un pontefice ricamato sopra? Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro di oltre un secolo.

Nella Roma dei primi del Novecento, tra i militari di stanza in città, era molto noto il nome di p. Carlo Massaruti, soprattutto tra i giovani carabinieri. P. Carlo, nato nell’Urbe il 21 ottobre del 1878 ed entrato in Compagnia nel 1898, aveva iniziato a occuparsi, già nel corso del proprio magistero, della cura spirituale dei militari.

Nel corso degli anni il padre fondò una vera e propria opera, che in seguito avrebbe preso il suo proprio nome – “Opera Massaruti” – con la volontà di offrire uno spazio fisico e spirituale ai carabinieri e alle loro famiglie per potersi riunire in preghiera la sera, incontrarsi, seguire il catechismo.

Il giovane gesuita riuscì, con gli anni, a trovare dei locali per l’apostolato tra i militari, che adattò anche grazie ai fondi ricevuti dal papa, Pio X.

Secondo quanto raccontato dal fratello Giuseppe, anch’egli gesuita, p. Carlo nel corso di un’udienza privata con il Pontefice, chiese di poter ricevere un dono dal Papa in memoria di quell’incontro. Il Papa si mostrò sorpreso per quella richiesta inattesa: «Che vuoi? Non ho nulla».

Egli pensò poi ad un fazzoletto rosso ricamato in seta con il suo nome “Pio X” e glielo porse: «Toh, ho un fazzoletto, lo vuoi?» P. Carlo accettò il dono e lo conservò come prezioso ricordo del pontefice, munifico finanziatore dell’opera.

Quel fazzoletto, conservatosi intatto dopo oltre un secolo, è presente oggi nel nostro archivio storico, a testimonianza del legame tra il gesuita ed il Pontefice.

P. Carlo continuò ad assistere i carabinieri e le loro famiglie, celebrando tutte le sere nella sede dell’opera la Santa Messa per venticinque anni, particolarmente cagionevole di salute morì ancora giovane a Galloro, all’epoca noviziato e residenza della Provincia Romana della Compagnia di Gesù, nel 1930.

L’archivio storico conserva il fascicolo personale relativo al percorso in Compagnia di P. Carlo ma anche i gli appunti ed i diari, del fratello p. Giuseppe, nei quali è molto presente la vita e il ricordo di p. Carlo.

L’opera Massaruti non morì con p. Carlo, ma proseguì la propria missione, adeguandola anche alle nuove esigenze dei tempi. Nel corso del Novecento infatti rivolse la propria attenzione prima a chi non fosse riuscito a terminare gli studi, garantendo corsi serali per il raggiungimento del diploma, poi agli immigrati con corsi di lingua italiana.

Affidata per molti anni a p. Brancadoro, l’Opera Massaruti non è più attiva ma parte delle sue finalità sono state ereditate dal centro Astalli.

La vita di p. Carlo Massaruti è ricordata dal fratello Giuseppe in una pubblicazione del 1933 “P. Carlo Massaruti della Compagnia di Gesù. Apostolo dei militari. Memorie del fratello p. Giuseppe, Isola del Liri, 1933”, nel quale è riportato il dialogo con Pio X.

Maria Macchi