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Lettere scritte con il sangue

Parliamo di alcuni documenti presenti in Archivio Storico che sembra siano stati vergati con il sangue, vediamo perché e se sia davvero così. Anche se si tratta di casi abbastanza rari, può capitare di trovare documenti scritti con il sangue.

Non solo presso il nostro archivio: in ARSI, l’archivio centrale della Compagnia di Gesù, si conservano migliaia di indipetae, le lettere con le quali i gesuiti, spesso novizi o ancora nella fase di formazione, chiedevano al p. Generale di poter essere destinati alle missioni.

Alcune di queste sembra siano state scritte con il sangue, a testimoniare la volontà dello scrivente di esser pronto a versare anche il proprio sangue per l’evangelizzazione, quindi abbracciare il martirio.

L’uso del sangue al posto degli inchiostri non è immediatamente riconoscibile a occhi nudo, si tratta di un tratto leggero e più scolorito rispetto al normale inchiostro che potrebbe essere frutto però di qualsiasi liquido. Che sia sangue ce lo dice una nota, o una descrizione spesso apposta successivamente, non è quindi certo che si tratti effettivamente di sangue, e che sia di provenienza umana, né che appartenga proprio allo scrivente. Nella fotografia che correda l’approfondimento di oggi vediamo l’atto di consacrazione al Sacro Cuore scritto da p. Perazzi, un gesuita della Provincia Veneto – Milanese, e la busta che lo conteneva con la nota “atto di consacrazione al S. Cuore scritto col sangue”, scritta da altro mano, probabilmente in anni successivi. Si intravede appena, nel documento, la parte scritta con il sangue, essendo un liquido che resta meno impresso dell’inchiostro.

Per poterlo affermare con certezza l’unico molto è procedere con un’analisi del materiale, questo però comporta, inevitabilmente, la distruzione di una parte della lettera per poter consentire lo svolgimento delle dovute analisi di laboratorio.

Per i pochi casi emersi finora, non è opportuno procedere in tal senso, non avendo la necessità di chiarire se si tratti davvero di sangue umano.

Nonostante questo, resta un dato molto interessante per i nostri ricercatori per comprendere le forme di devozione o di adesione all’ideale del martirio espresse attraverso l’uso del proprio sangue.

Ovviamente si tratta di documenti piuttosto antichi, come nel caso delle Indipetae o risalenti comunque all’Ottocento, come la lettera di p. Perazzi che è datata 1891, non sono stati trovati documenti di questo tipo per il Novecento, trattandosi di una modalità già piuttosto limitata e in disuso a fine Ottocento.

                                                                                              Maria Macchi