Europa. Un primo sì alla campagna contro i “minerali insanguinati”
In Europa passa la legge che istituisce un sistema di tracciabilità dei minerali provenienti da aree di conflitto. È un risultato positivo, frutto anche della azione di advocacy della società civile europea, che ha visto in prima fila anche la Rete Xavier e, con essa, il Magis e il Jesuit Social Network
Il Parlamento europeo ha approvato ieri, 20 maggio, un testo che introduce la tracciabilità obbligatoria per le 800mila imprese dell’Ue che utilizzano per la fabbricazione dei loro prodotti i minerali provenienti da aree interessate da guerre. Le imprese dovranno garantire informazioni «su tutte le misure prese per identificare e risolvere i rischi connessi alla loro catena di approvvigionamento». In pratica, si istituisce un sistema di tracciabilità dei minerali provenienti da aree di conflitto. È un risultato positivo, frutto anche della azione di advocacy della società civile europea, sia quella laica sia quella di ispirazione cristiana (che ha visto in prima fila anche la Rete Xavier e, con essa, il Magis e il Jesuit Social Network). Però non bisogna illudersi. Il cammino è ancora lungo.
L’approvazione di questo testo non era scontata. Dopo anni di dibattiti sterili, l’Unione europea aveva deciso di dotarsi di una normativa che impedisse l’importazione di «minerali insanguinati» sull’esempio della legge Dodd-Frank, entrata in vigore quest’anno negli Stati Uniti. A un testo simile si sono però opposti gli imprenditori europei che temevano (e temono) che gli obblighi imposti portino un rialzo dei prezzi dei loro prodotti. In questo, sostenuti dalle frange più conservatrici del Parlamento di Strasburgo. Il primo testo licenziato dalla Commissione europea prevedeva quindi solo un sistema di tracciabilità a base volontaria. Erano cioè le aziende che volontariamente dovevano attenersi al «dovere di diligenza». Un provvedimento giudicato molto debole dalla società civile. E, infatti, negli ultimi sei mesi si è svolta una serrata campagna di advocacy per far pressione sui parlamentari europei affinché approvassero un testo più efficace.
Questa normativa potrebbe avere un forte impatto non solo sui conflitti, ma anche sulle aree di crisi. Il testo di legge infatti include «le aree affette da conflitto» ma anche quelle «ad alto rischio» cioè quelle con violenza diffusa, collasso delle infrastrutture civili, aree in uno stadio di post-conflitto, regioni senza Governo. Tra di esse, in particolare, la Repubblica Democratica del Congo, Paese ricchissimo di risorse (coltan, oro, tungsteno, stagno, diamanti) e, al tempo stesso, caratterizzato da continue violazioni dei diritti umani.
Il provvedimento ha profonde ricadute anche sulla nostra vita quotidiana. I metalli presi in considerazione sono infatti molto presenti negli oggetti che utilizziamo ogni giorno: computer, telefoni cellulari, apparecchiature elettroniche ed elettriche, strumenti medicali, ecc. È stato quindi compiuto un primo passo verso un’economia più rispettosa dei diritti umani e delle popolazioni dei Paesi del Sud del mondo.
Ora toccherà ai singoli Stati membri esprimere la loro posizione. In seguito si apriranno negoziati tra la Commissione e il Consiglio europeo. «Sappiamo per esperienza – aggiunge Emmanuelle Devuyst del Jesuit European Social Centre – che il Consiglio d’Europa (che rappresenta il Governi degli Stati membri) cercherà di depotenziare i risultati positivi raggiunti in Parlamento. Dobbiamo convincere i nostri Governi a rispettare le decisioni dell’assise di Strasburgo».
Enrico Casale