Pellegrinaggi in Terra Santa, l’esperienza dei gesuiti

Come ricominciare i pellegrinaggi in Terra Santa? È una delle domande che ha attraversato il quinto congresso dei commissari di Terra Santa, dal titolo “Ambasciatori di Pace: ascoltare, sostenere, annunciare la Terra Santa”. 75 frati provenienti da 38 Paesi hanno condiviso una settimana di incontri, visite, testimonianze, approfondimenti, aggiornamenti, riflessioni avendo come focus il declinare concretamente i verbi del titolo del congresso.
Una parte del programma è consistito nel riflettere sul come ricominciare i pellegrinaggi in Terra Santa alla luce della drammatica realtà dei due anni di invasione e distruzione di Gaza e della pervasiva e violenta occupazione dei territori palestinesi della Cisgiordania. Per sviluppare questo tema è stato invitato a portare la sua testimonianza p. Francesco Cavallini sj, secondo due binari principali: raccontare la storia e lo stile dei gesuiti di vivere i pellegrinaggi in Terra Santa a partire dall’esperienza di P. Francesco Rossi De Gasperis sj, che strutturò pellegrinaggi non solo per “santuari” ma a partire dalla Terra, dalla geografia come luogo di rivelazione di Dio e comprensione della Bibbia ed avendo come filo conduttore le quattro settimane del mese ignaziano. Esperienza che nel tempo è stata custodita, tramandata ed attualizzata prima dai gesuiti Cesare Geroldi e Paolo Bizzetti e da ormai vari anni da Francesco Cavallini e Iuri Sandrin insieme a tanti confratelli come Matteo Suffritti, Giacomo Andreetta, Federico Parise con un taglio più giovanile, in cui si valorizza ulteriormente il contatto con la Terra, la natura, l’esperienza fisico-sensoriale del pellegrinaggio e il confronto con la realtà attuale di occupazione e sofferenza.
E questo è stato il secondo binario della testimonianza di p. Cavallini il quale ha raccontato l’esperienza delle ultime due estati in cui con la proposta “Artigiani di Pace” si è scelto di vivere un tempo prolungato di volontariato e servizio nei Territori Occupati come Nablus, Jenin, Betlemme, Taybe, Zababde condividendo la vita quotidiana delle persone del posto e incontrando persone significative testimoni sia delle sofferenze e fatiche dovute all’occupazione ma anche la resilienza proattiva, generosa e non violenta. P. Francesco ha aiutato a riflettere come, a prescindere dai campi di servizio, riprendendo i pellegrinaggi (importanti sia per la vita spirituale dei pellegrini che per sostenere l’economia locale dei palestinesi e dei cristiani in particolare) si possa accompagnare i pellegrini a prendere contatto con queste situazioni faticose e incontrare testimonianze di resistenza non violenta e di generosità di tante persone che mostrano un Vangelo vivente. Inoltre ha dato elementi per curare vari aspetti dei pellegrinaggi per renderli più profondi, spirituali e fecondi. In un contesto francescano è stato un appezzato contributo ignaziano.
