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La nostra missione e la giustizia

Congregazione Generale 34 - Decreto 3

[50] 1. In risposta al Concilio Vaticano II, noi, Compagnia di Gesù, abbiamo cominciato un itinerario di fede quando ci siamo impegnati a promuovere la giustizia come parte integrante della nostra missione. Questo impegno è stato per noi un magnifico dono di Dio, perché ci ha posto in ottima compagnia: quella del Signore, certamente, ma anche quella di tanti suoi amici tra i poveri e tra coloro che si sono impegnati a favore della giustizia. Come loro compagni di via verso il Regno, siamo stati spesso toccati dalla loro fede, rinnovati dalla loro speranza, trasformati dal loro amore. Come servitori della missione di Cristo, siamo stati molto arricchiti nell’aprire i nostri cuori e le nostre stesse vite “alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alle angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono”.

[51] 2. Tutto questo l’abbiamo fatto in diversi modi. La promozione della giustizia è diventata parte integrante dei nostri ministeri – tradizionali e nuovi -, del nostro lavoro pastorale e di quello dei centri sociali, della formazione di “uomini e donne per gli altri”, dell’apostolato diretto coi poveri. D’altra parte riconosciamo anche le nostre mancanze lungo la via. La promozione della giustizia è stata talvolta separata dalle sue sorgenti di fede. Dogmatismo e ideologia ci hanno talora condotti a trattarci più come degli avversari che come dei compagni. Inoltre, ancora oggi, possiamo ritrovarci timidi nel provocare al cambiamento noi e le nostre istituzioni apostoliche, con quella pienezza propria della nostra missione di fede che cerca la giustizia.

[52] 3. Vogliamo pertanto rinnovare il nostro impegno per la promozione della giustizia come parte integrante della nostra missione, così come le Congregazioni 32ª e 33ª hanno ampiamente sviluppato. L’esperienza ci ha mostrato che la nostra promozione della giustizia è, al tempo stesso, frutto della nostra fede e luogo in cui questa si approfondisce. Vogliamo dunque progredire verso una più piena integrazione della promozione della giustizia nella nostra vita di fede, in compagnia dei poveri e di tanti altri che vivono ed operano per l’avvento del Regno.

[53] 4. La visione della giustizia che ci guida è infatti intimamente legata alla nostra fede, è profondamente radicata nella Scrittura, nella tradizione della Chiesa, nella nostra eredità ignaziana. Essa trascende ogni altra nozione di giustizia derivata dall’ideologia, dalla filosofia o da movimenti politici particolari che mai potranno esprimere in maniera adeguata la giustizia del Regno, quella per la quale siamo chiamati a combattere a fianco del nostro Compagno e Re.

Nuove dimensioni della giustizia

[54] 5. La lotta per la giustizia ha un carattere storico progressivo, che si manifesta gradualmente nell’impatto con i bisogni mutevoli di culture, epoche e popoli particolari. Le Congregazioni precedenti hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di lavorare per il cambiamento delle strutture in campo socioeconomico e politico , quale dimensione importante della promozione della giustizia. Esse ci hanno inoltre impegnati a lavorare per la pace e per la riconciliazione attraverso la non violenza; a lavorare per abolire ogni discriminazione contro le persone, basata sulla razza, la religione, il sesso, l’appartenenza etnica o la classe sociale; a lavorare contro la povertà e la fame crescenti, mentre la prosperità materiale si concentra sempre più nelle mani di pochi. Ognuno di noi può dirigere i suoi sforzi solo sull’uno o sull’altro di questi fronti, ma essi sono tutti di permanente importanza nella globale missione di promozione della giustizia assunta dalla Compagnia.

[55] 6. In tempi recenti ci siamo resi sempre più conto di altre dimensioni della lotta per la giustizia. Il rispetto per la dignità della persona umana, creata ad immagine di Dio, sta al fondo della crescente presa di coscienza internazionale dell’ampia gamma dei diritti umani. Questi includono: diritti economici e sociali, quanto alle necessità di base per una vita in condizioni degne; diritti personali, quali la libertà di coscienza e di espressione, e il diritto di praticare e di condividere la propria fede; diritti civili e politici a partecipare pienamente e in libertà al processo della vita nella società; diritti allo sviluppo, alla pace e a un ambiente naturale sano. Essendo le persone e le comunità strettamente in rapporto tra loro , importanti analogie sussistono tra i diritti delle persone e quelli che vengono talvolta chiamati i “diritti dei popoli”, come l’integrità e la salvaguardia culturale, il controllo del proprio destino e delle proprie risorse. La Compagnia, in quanto corpo apostolico internazionale, deve lavorare con le comunità di solidarietà per difendere tali diritti.

[56] 7. Nel nostro tempo vi è una crescente coscienza della interdipendenza di tutti i popoli circa una comune eredità. La globalizzazione dell’economia mondiale e della società avanza a grandi passi, alimentata dagli sviluppi tecnologici, dalle comunicazioni e dagli affari. Benché tale fatto possa apportare molti benefici, può comportare però anche un massiccio accrescimento di ingiustizie. Per esempio: programmi di aggiustamenti economici e forze di mercato che non si curano affatto delle loro ripercussioni sociali, soprattutto sui più poveri; la “modernizzazione” omogenea di culture in modi che distruggono queste e i valori tradizionali; una disuguaglianza crescente tra nazioni e, nelle stesse nazioni, tra ricchi e poveri, tra potenti e marginalizzati. Con giustizia, noi dobbiamo contrastare tutto ciò, lavorando alla costruzione di un ordine mondiale di vera solidarietà, in cui tutti possano avere, come è loro diritto, un posto al banchetto del Regno.

[57] 8. La vita umana, dono di Dio, deve essere rispettata dai suoi inizi sino alla propria fine naturale. Noi ci troviamo sempre più di fronte ad una “cultura di morte”, che spinge all’aborto, al suicidio e all’eutanasia, alla guerra e al terrorismo, alla violenza e alla pena capitale come vie per risolvere i problemi, alla consumazione di droghe, prescindendo poi dal dramma umano della fame, dell’aids e della povertà. Dobbiamo invece incoraggiare una “cultura di vita”. Questo, se davvero ci si prova a farlo, comporta: promuovere soluzioni alternative – realistiche e moralmente accettabili – all’aborto e all’eutanasia; sviluppare con attenzione un contesto etico per la sperimentazione medica e l’ingegneria genetica; lavorare per distogliere le risorse dalla guerra e dal traffico internazionale di armi, a favore dei bisogni dei poveri; creare possibilità che aprano la vita delle persone alla significatività e alla capacità di impegno, anziché all’anomia e alla disperazione.

[58] 9. Il desiderio di preservare l’integrità della creazione è implicito nell’attenzione sempre maggiore verso l’ambiente naturale. L’equilibrio ecologico e un impiego ragionevole ed equo delle risorse del mondo sono elementi importanti di giustizia a favore di tutte le comunità del nostro “villaggio globale” odierno e concernono anche le generazioni future, che erediteranno quanto abbiamo loro lasciato. Lo sfruttamento senza scrupoli delle risorse naturali e dell’ambiente naturale degrada la qualità della vita, distrugge le culture e sprofonda i poveri nella miseria. È necessario, da parte nostra, promuovere atteggiamenti e linee di condotta che generino relazioni responsabili con l’ambiente naturale in cui viviamo e del quale non siamo che gli amministratori.

[59] 10. La nostra esperienza degli ultimi decenni ci ha dimostrato che il cambiamento sociale non consiste soltanto nella trasformazione delle strutture economiche e politiche, dato che tali strutture sono esse stesse radicate in valori e atteggiamenti socio-culturali. La piena liberazione umana, per il povero e per tutti noi, suppone lo sviluppo di comunità di solidarietà – sia di base e a livello non-governativo, sia a livello politico – in cui tutti si possa lavorare insieme per uno sviluppo umano integrale ; tutto ciò nel dinamismo di un accettabile e rispettoso rapporto tra i diversi popoli, le differenti culture, l’ambiente naturale e il Dio che vive in mezzo a noi.

Situazioni urgenti

[60] 11. Come Congregazione Generale, adunata da tutte le parti del mondo, abbiamo preso coscienza di situazioni critiche che riguardano centinaia di milioni di uomini e che richiedono un’attenzione particolare da parte di tutta la Compagnia. Non pretendiamo di presentarne una lista esaustiva, né di distogliere i nostri sforzi da situazioni ingiuste più vicine a ciascuno di noi. Ma le situazioni cui ora facciamo cenno hanno una rilevanza particolare per tutta la Compagnia in quanto corpo apostolico internazionale e sollecitano la nostra attenzione immediata.

[61] 12. La marginalizzazione dell’Africa nel “nuovo ordine mondiale” fa di questo intero continente il paradigma di tutti gli emarginati della terra. Trenta dei Paesi più poveri del mondo si trovano in Africa. I due terzi dei rifugiati del pianeta sono africani. La schiavitù, la colonizzazione e il neo-colonialismo, i problemi interni di rivalità etniche e la corruzione hanno creato in questo continente un “oceano di sventure”. C’è però anche molta vitalità e grande coraggio nel popolo africano, che lotta insieme per preparare un avvenire a coloro che arriveranno dopo. La Congregazione Generale chiede a tutta la Compagnia di fare tutto ciò che può per cambiare gli atteggiamenti e l’agire internazionale a favore dell’Africa.

[62] 13. La caduta recente dei sistemi totalitari nell’Europa dell’Est ha lasciato dietro di sé rovine in tutti i campi della vita umana e sociale. La gente è messa di fronte a compiti difficili di ricostruzione di un ordine sociale che permetta a tutti di vivere in una comunità autentica, lavorando per il bene comune e rendendosi responsabili del proprio destino. Nel passato, molte persone, compresi dei gesuiti, hanno dato una notevole testimonianza di solidarietà, fedeltà e resistenza. Ora essi hanno bisogno della cooperazione e dell’assistenza fraterna della comunità internazionale nella loro lotta per un avvenire di sicurezza e di pace. La Compagnia deve fare tutto il possibile per sostenerli.

[63] 14. I popoli indigeni, in molte parti del mondo, isolati e relegati a ruoli marginali, vedono la loro identità, la loro eredità culturale e il loro ambiente naturale di vita minacciati. Altri gruppi sociali – come ad esempio i Dalits, considerati “intoccabili” in alcune zone dell’Asia meridionale – soffrono di una pesante discriminazione sociale, nella società civile e anche ecclesiale. La Congregazione Generale invita l’intera Compagnia a rinnovare il suo impegno di lunga data verso questi popoli.

[64] 15. In molte parti del mondo, anche nei Paesi più sviluppati, forze economiche e sociali escludono milioni di persone dai benefici della società. Disoccupati in permanenza, giovani senza alcuna possibilità di impiego, fanciulli sfruttati e abbandonati nelle strade, vecchi soli e senza protezione sociale, ex-carcerati, tossicomani e malati di AIDS: tutti costoro sono condannati a una vita di desolante povertà, marginalizzazione sociale e precarietà culturale. Tutti domandano da noi quella attenzione che la tradizione biblica esige a riguardo “degli orfani, delle vedove e degli stranieri nel vostro Paese”.

[65] 16. Al momento attuale ci sono nel nostro mondo più di 45 milioni di rifugiati e di profughi, di cui l’80% sono donne e bambini. Ospitati spesso nei paesi più poveri, essi devono affrontare un impoverimento crescente, la perdita del senso della vita e della cultura, con il venir meno della speranza, anzi, con la disperazione che ne consegue. Il “Jesuit Refugee Service” (JRS) accompagna un gran numero di questi nostri fratelli e sorelle, servendoli come compagni e difendendo la loro causa in un mondo che non se ne cura affatto. La Congregazione Generale chiede a tutte le Province di dare appoggio al JRS in ogni modo possibile. Chiediamo pure alla Compagnia di tutto il mondo di unire il proprio sforzo a quello di altre istituzioni e organizzazioni internazionali, per combattere le ingiustizie che strappano i popoli dalla loro terra e dalle loro famiglie.

Attuazioni pratiche

[66] 17. La promozione della giustizia richiede, prima di tutto, la nostra continua conversione personale, per trovare Gesù Cristo nelle incrinature di questo mondo e vivere in solidarietà col povero e con chi è messo al bando, così da poterci assumere la causa di costoro sotto la bandiera della Croce. La nostra sensibilità per una tale missione sarà accresciuta dal contatto frequente con questi “amici del Signore”, da cui spesso possiamo imparare in fatto di fede. Un certo inserimento nel mondo dei poveri deve dunque far parte della vita di ogni gesuita e le nostre comunità dovrebbero essere situate, ogni volta che sia possibile, in mezzo alla gente ordinaria.

[67] 18. Nella loro formazione, i giovani gesuiti dovrebbero essere in contatto con i poveri, non soltanto in incontri passeggeri, ma in modo prolungato. Tali esperienze debbono essere accompagnate da accurata riflessione, in quanto parte della formazione accademica e spirituale, e dovrebbero integrarsi con un addestramento all’analisi socio-culturale. Un contatto vivo con altre culture e uno stile di vita in cui “sentano, nei tempi opportuni, alcuni effetti della povertà” , li aiuterà a crescere nella solidarietà col povero e con l'”altro”, nel nostro mondo così ricco di differenze. La formazione continua dei gesuiti più avanti negli anni dovrebbe anch’essa incoraggiare tali esperienze di realtà sociali e culturali differenti.

[68] 19. In ognuno dei nostri diversi apostolati, dobbiamo creare delle comunità di solidarietà che cercano la giustizia. Nella cooperazione con quanti sono nostri colleghi, ogni ministero della Compagnia può e dovrebbe promuovere la giustizia in una o più delle maniere seguenti: a) servizio diretto e accompagnamento dei poveri; b) sviluppo della consapevolezza delle richieste di giustizia e impegno sociale responsabile per darvi i necessari adempimenti; c) partecipazione alla mobilitazione sociale per la creazione di un ordine più giusto.

[69] 20. Formare “uomini e donne per gli altri” è compito non solo delle nostre istituzioni educative ma anche dei ministeri della Parola e degli Esercizi Spirituali, così come di quelli della pastorale e della comunicazione. I centri sociali e l’azione sociale diretta per e con i poveri potranno promuovere tanto più concretamente la giustizia quanto più integreranno la fede in tutte le dimensioni del loro lavoro. Ogni apostolato gesuitico dovrebbe pertanto sforzarsi di approfondire praticamente il proprio modo particolare di mettere in atto la nostra missione globale di fede e giustizia, che sarà senz’altro arricchita dagli sforzi compiuti a favore di un più effettivo dialogo e inculturazione.

[70] 21. Le istituzioni gesuitiche possono impiegare i seguenti mezzi per dare effettivo corso alla nostra missione: fare una valutazione istituzionale del ruolo che esse esercitano nella società; esaminare se le strutture interne dell’istituzione e le sue politiche riflettono la nostra missione; collaborare e avere degli scambi con istituzioni dello stesso genere, di contesti sociali e culturali differenti; curare la formazione permanente del personale per ciò che riguarda la nostra missione.

[71] 22. Ogni Provincia dovrebbe valutare la propria programmazione apostolica servendosi dei criteri ignaziani che si trovano nelle Costituzioni , letti alla luce della nostra missione oggi. Quando è compreso nell’ottica della fede che cerca la giustizia, il criterio della “maggior necessità” orienta verso luoghi o situazioni di grave ingiustizia; il criterio del “maggior frutto”, verso un apostolato più incisivamente capace di creare comunità di solidarietà; il criterio del “più universale”, verso un’azione che contribuisca al cambiamento delle strutture, per la creazione di una società maggiormente basata sulla corresponsabilità. Una volta prese le decisioni, diventa della massima importanza valutare il procedere della loro effettiva attuazione. La revisione annuale di ciò che è stato raggiunto, durante l’anno, circa questi obiettivi può servire a determinare quelli dell’anno successivo. Una revisione seria e regolare dell’efficacia nel mettere in pratica la nostra missione darà credibilità e realismo alla nostra programmazione di istituzioni e Province.

[72] 23. A livello interprovinciale e internazionale, la Compagnia deve proseguire nella ricerca di forme di collaborazione con altri gruppi o organizzazioni, nazionali e internazionali, sia governativi che privati. In quanto corpo apostolico internazionale, fa parte della nostra responsabilità lavorare con altri, a livello particolare e universale, per un ordine internazionale più giusto. La Compagnia deve pertanto esaminare le proprie risorse e tentare di partecipare alla formazione di una effettiva “rete” internazionale, sì da poter realizzare, anche a questo livello, la nostra missione.

[73] 24. Al di sopra di tutto, dobbiamo proseguire il nostro cammino verso il Regno con una grande speranza. Come “servitori della missione di Cristo”, la nostra speranza è basata, in definitiva, su Gesù Cristo crocifisso e risorto, affinché ci conservi, ci diriga, ci faccia progredire nel nostro servizio della fede e della promozione della giustizia. Per questo possiamo continuare a cercare, senza deflettere, la giustizia.

“La Compagnia continua ad insistere sulla promozione della giustizia. Perchè? Perchè ciò corrisponde alla nostra spiritualità […]. La promozione della giustizia è una chiamata per la Compagnia, a che ci inseriamo ancor più profondamente nella vita concreta dei popoli e delle nazioni, quali essi sono ora e non quali noi pensiamo dovrebbero essere”.

[74] Così il nostro pellegrinaggio ci condurrà ancora una volta a condividere sempre più profondamente le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di tutto il popolo di Dio.

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