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Un gesuita con i sandali del pescatore: l’omelia di padre Sosa per il confratello Papa

«Indossava i sandali del pescatore, Francesco, con lo stile che Jorge Mario Bergoglio aveva maturato in tanti anni di formazione e servizio. Nella vita religiosa, nel servizio episcopale e infine al servizio della Chiesa universale, come vescovo di Roma »:  gesuiti, amici della Compagnia, fedeli, hanno gremito la chiesa del Gesù, a Roma, il 24 aprile, per la messa in suffragio di papa Francesco presieduta da padre Arturo Sosa. Il Generale ha riletto la vita del compagno e papa alla luce degli esercizi spirituali di sant’Ignazio. 

«È stato forgiato nell’esperienza degli esercizi spirituale di Sant’Ignazio. Da questo stile possiamo accostarci alla sua vita e al suo servizio al popolo di Dio e all’intera umanità».

La centralità degli esercizi nella vita di Francesco, ha detto Sosa, è testimoniata dalla «sua ostinata condizione di praticare e invocare il dialogo, come strumento fondamentale per ristabilire relazioni autentiche, per superare conflitti e facilitare la riconciliazione». Il dialogo, per Francesco, «parte dal riconoscimento delle differenze ed è l’inizio del camminare insieme per trovare una soluzione condivisa». Padre Sosa si rivolge a una platea formata dalla spiritualità ignaziana, entra nello specifico del cammino degli esercizi, che segue alcune fasi ben precise.

 “Principio e fondamento”, il cuore degli esercizi ignaziani, sono stato il fulcro della vita di Mario Jorge Bergoglio: «La sua vita è stata fondata sulla roccia che è Cristo, non sulla sabbia delle sue idee e sue intuizioni. Dio come unico assoluto». Francesco, ha ricordato Sosa, ha confermato le preferenze universali della Compagnia per il decennio 2019-2029, ma ha sottolineato che dovevano essere fondate sulla prima di esse: «Mostrare la via verso Dio attraverso gli esercizi spirituali e il discernimento. Ed è possibile mostrarla soltanto a coloro che la percorrono, sperimentando il Signore nella loro vita». Per questo il gesuita Francesco «non ha mai nascosto la propria fragilità, né è caduto nella tentazione di fingere di essere forte».

La “prima settimana” degli esercizi lo portò a riconoscere di essere peccatore e sperimentare la misericordia di Dio. È dalla consapevolezza delle sue debolezze che è nata «la litania ripetuta dopo ogni intervento, quel “non dimenticatevi di pregare per me”». Così come il suo ribadire «la necessità di accostarsi al sacramento della riconciliazione. Da qui anche la sua insistenza, con i ministri ordinati, sulla necessità di accogliere tutti, tutti, tutti, come ripeteva sempre».

L’esperienza della “seconda settimana” è nella vita e nella testimonianza. «Ha conosciuto Gesù attraverso la contemplazione attiva dei vangeli. Amava Gesù». Il suo stemma papale, “miserando atque eligendo”, tratto dall’episodio evangelico della vocazione di San Matteo, ci dice che «Mario Jorge Bergoglio sperimenta come il Signore sia stato misericordioso e lo abbia scelto tra i suoi discepoli. La contemplazione dell’incarnazione porta Francesco a quello sguardo universale, sguardo trinitario, che permette di vedere la complessità e la ricchezza della vita umana, ma ci conduce anche a simpatizzare con essa, con le situazioni più diverse, con coloro che vivono il sogno di un mondo migliore». La meditazione delle “due bandiere” «gli ispira l’identificazione con Gesù incarnato nella povertà e umiltà, gli insegna a incontrare il Signore ai margini della società, nella povertà e nella umiltà, nei volti dei migranti, dei disoccupati, in quelli che ricevono uno stipendio che non li fa arrivare a fine mese. Mentre contempla Gesù crocifisso lo sguardo di Francesco si sposta sui crocifissi di questo mondo. E il suo desiderio di accompagnare Gesù lo spinge a salire sulla stessa croce e da lì contemplare la grandezza della sfida di trasformare il mondo e quindi aggiungere la sua dedizione a quella di Gesù».

La gioia interiore del crocifisso risorto, dice padre Sosa, «gli toglie la paura di testimoniare quello che ha cambiato la sua vita. Eletto al ministero petrino Francesco non ha paura di andare controccorrente in difesa dei diritti umani, della lotta per la cura dell’ambiente, con le parole e con i gesti ci invita ad accogliere i migranti come fratelli e sorelle, a farci vicini a chi è in carcere, a chi è scartato dalla società. La sua voce si leva per la pace e sottolinea come ogni guerra sia un fallimento dell’umanità». Infine, mentre «gli spazi di partecipazione democratica si restringono in tutto il mondo, Francesco spinge la Chiesa verso la sinodalità, cioè ad allargare spazi di partecipazione per diventare un popolo che cammina verso la promessa di un mondo in cui potremo vivere fraternamente».

L’esperienza degli esercizi spirituali di sant’Ignazio, testimoniata dalla vita di Mario Jorge Bergoglio, «culmina nella sensibilità che permette di trovare Dio in tutte le cose; la contemplazione per giungere all’amore apre tutti i sensi alla capacità di percepire la presenza del Signore in tutti gli aspetti della vita personale e sociale, nella natura e nella storia. Ecco perché parole e gesti, lo stile di vita, il riconoscimento della propria fragilità, porta a riporre la propria fiducia in Dio e solo in Dio. Nostro fratello papa Francesco è ora totalmente nelle mani di Dio». «Facciamo in modo», è l’appello del Generale, «che la sua testimonianza continui a ispirare la Chiesa, per condividere la missione redentrice di Gesù, che la Compagnia desidera in tutto di amare e servire».

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