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Curia generale

Padre Nicolás.”Camminiamo sulle orme di Arrupe”

In occasione del 20° anniversario della morte del P. Pedro Arrupe, il Padre Generale ha inviato la lettera che seguea tutta la Campagnia di Gesù.
Cari Padri e Fratelli,
Benché siano trascorsi 20 anni dalla morte di P. Pedro Arrupe, il suo ricordo rimane fonte di
vita e di ispirazione, sia per coloro che hanno avuto la gioia di incontrarlo personalmente che per le
generazioni seguenti che continuano ad essere colpite dalla sua fede e dal suo entusiasmo. A giusto
titolo ci ricordiamo di lui come di una guida di grande spessore e di un uomo animato dallo Spirito,
come di un visionario che ha operato perché lo spirito di Sant’Ignazio ci orienti e diriga in un
momento così importante della vita della Chiesa.
Recentemente ho invitato tutta la Compagnia –- noi tutti – a rinnovare il nostro senso di
vocazione universale. Ho chiesto a tutta la Compagnia di riflettere su come possiamo meglio servire
i bisogni più universali della Chiesa e della Compagnia. Certo, succede a volte che dei bisogni
universali sembrino entrare in conflitto con esigenze comparabili nelle Province. Credo che
abbiamo molto da imparare dall’’esempio di P. Arrupe. Senza alcun dubbio, egli ha avuto un cuore e
una visione universali, originati dal Cuore di Gesù, che è stato tutto” per lui. La missione di Cristo
ha riempito ogni istante del suo servizio e delle sue preoccupazioni. Allo stesso tempo, P. Arrupe
sapeva anche quanto questa stessa missione richiedesse un radicamento, un dialogo e dei contatti
con persone concrete in contesti precisi. Egli ha promosso in modo molto eloquente e credibile
l’’inculturazione, un orientamento che ha ispirato numerose persone nella Chiesa negli ultimi
decenni.
Riflettendo sulla vita di P. Arrupe, sono portato a pensare che, in un senso molto profondo,
la nostra vocazione richiede a tutti noi un reale spirito “missionario”. Ogni gesuita è un missionario:
prendendo parte alla missione di Cristo, egli è chiamato dalla Compagnia a una missione specifica.
Questo spirito può e deve essere vissuto qualunque sia l’’incarico apostolico che riceviamo, in ogni
angolo del mondo nel quale viviamo e serviamo. Il ricordo di P. Arrupe, che ho avuto il privilegio
di avere come Provinciale per circa quattro anni, porta alla mente tre qualità dello spirito
missionario del gesuita.
Prima di tutto, la nostra vocazione di gesuiti esige da tutti noi un TOTALE DISTACCO da
ruoli, professioni, posizioni o privilegi (anzianità, stabilità, titoli). Dobbiamo avere piuttosto una
volontà incondizionata di servire il Vangelo e la Chiesa che porta la Buona Notizia e la proclama
nel corso della storia dell’umanità. P. Arrupe è stato un esempio vivente di questa totale libertà.
La nostra vocazione richiede anche una TOTALE IMMERSIONE nell’’ambiente, nel lavoro
e nel contesto della missione. Si tratta di una condizione essenziale per trovare una profonda gioia
nella missione e contribuire creativamente a ciò che essa implica. L’’inculturazione è il nostro modo
ordinario di procedere nella missione. Non c’’è opposizione tra universalità e inculturazione; al
contrario, queste due dimensioni si sostengono, si garantiscono e si danno profondità
reciprocamente, come abbiamo ripetutamente visto nei nostri grandi missionari, così come nella
vita di P. Arrupe.
Infine, la nostra vocazione ci chiede di accettare senza riserve che la nostra missione, vale a
dire la missione della Chiesa, sia molto più grande di quanto ogni singolo gesuita possa immaginare
o fare, sia molto più grande di ciò a cui ogni gruppo, comunità o congregazione possa aspirare. Per
questo noi abbiamo bisogno di uno spirito di COOPERAZIONE TOTALE con altri, che siano laici,
sacerdoti diocesani, altri religiosi o religiose e anche persone di altre confessioni. L’’universalità e
l’’inculturazione ci invitano a un grande spirito comunitario: una capacità, sempre nuova, di
lavorare con altri, in gruppo, senza desiderare alcun rango, riconoscimento o privilegio che sia,
poiché la fonte della nostra gioia è la chiamata del Signore a servire. Qualsivoglia siano le nostre
attività e i nostri successi, alla fine della giornata possiamo dire a giusto titolo e con gioia: “Siamo
servi inutili; abbiamo fatto ciò che dovevamo fare” (Luca 17,10).
È compito della Compagnia assicurare che tutti i gesuiti siano formati e continuino a crescere in queste tre qualità del nostro spirito missionario, sia che la missione si svolga in un paese
straniero che nel proprio paese di origine. In modo speciale, tutti i Provinciali e i Superiori
Maggiori hanno la responsabilità di preparare i gesuiti a ricevere e adempiere la loro missione in
questo spirito. Allo stesso tempo, tutti noi dobbiamo incoraggiarci l’un l’altro ad offrirci
generosamente alla missione che abbiamo ricevuto, individualmente e come corpo.
Da parte mia, mi sentirò sempre libero di inviare i gesuiti da una missione all’altra e da una
parte del mondo all’altra, perchè dò per scontato che i gesuiti siano stati formati per una missione in
nessun modo inferiore a quella che P. Ignazio ha desiderato per noi tutti. I Superiori Provinciali
devono fare la programmazione apostolica in modo che, ogni volta che un membro della loro
Provincia dovesse essere chiamato per una missione più universale, la Provincia non entri in crisi.
Una Provincia dovrebbe essere sempre felice di poter contribuire alla missione della Compagnia
con i doni che il Signore le ha concesso. Similmente, ogni Gesuita inviato in missione è chiamato a
gioire dell’’opportunità che gli viene data di offrirsi generosamente come compagno di Gesù.
Mentre facciamo memoria di P. Arrupe, ricordiamo in modo speciale tutto ciò che lo ha reso
simile a P. Ignazio. Possa questo ricordo servire come un invito a fare lo stesso!
Fraternamente vostro nel Signore
A. Nicolás, S.J.
Superiore Generale
Roma, 5 febbraio 2011

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