Civiltà Cattolica.Il Papa di Moretti, l’uomo e il peso della verità

“Un itinerario interiore mediante il quale un uomo in crisi di identità si spoglia del proprio ruolo per andare alla ricerca di quello che è”: è il filo rosso con cui P. Virgilio Fantuzzi SJ legge Habemus Papam, il film di Nanni Moretti presentato di recente al Festival di Cannes. Su Civiltà Cattolica del 21 maggio il gesuita esamina dunque il film che parla dello strano caso di un Papa appena eletto (interpretato da Michel Piccoli), che nel momento di affacciarsi per la prima volta alla loggia delle benedizioni entra in crisi e viene affidato alle cure di uno psicanalista di successo. Situazione paradossale, ma non assurda, né tanto meno priva di significato. Il Papa neoeletto, un anziano cardinale francese di nome Melville, esce in incognito dal Vaticano e cammina tra la gente comune. Compie così un difficile e doloroso percorso che lo condurrà, al termine del film, a comunicare semplicemente al popolo come stanno le cose. Al di là delle apparenze, che sembrano dire il contrario, egli compie un atto di sincerità, del quale pochi sarebbero capaci. P. Fantuzzi scrive che nel film “La posta in gioco è la ricerca della verità e del coraggio che ci vuole per poterla dire”. Moretti “non vede nel Papa ‘il Vicario di Cristo’, ma lo considera un caso tipico del difficile rapporto tra un ruolo, ritenuto tra i più onerosi, e colui che lo esercita. Sembra pertanto superfluo rimproverare al film, come fanno alcuni, la mancanza di una dimensione di fede”. Così se il finale lascia ad alcuni l’amaro in bocca, secondo P.Fantuzzi “non si tratta di un finale pessimistico, né tanto meno negativo. Basti pensare al coraggio (in qualche modo sovraumano) del quale Melville ha avuto bisogno per decidersi a dire davanti a tutti la verità. Restano sconfitti coloro che avrebbero preferito ascoltare dalla sue labbra una bugia consolatoria”.