Trieste. Centro Veritas: stranieri, accoglienza, convivenza
Partire dalle domande per capire. Per scoprire un pezzo di realtà spesso negata. E allora, a proposito di immigrazione: perché nessuno spiega che le ultime migrazioni dalla Libia sono avvenute in seguito alla guerra, alla quale partecipa anche l’Italia, e sulle nostre coste arrivano lavoratori costretti a scappare dalle bombe a causa della chiusura delle imprese? Quali messaggi si vogliono far passare o quali interessi si nascondono dietro le situazioni di emergenza a Lampedusa, con migliaia di immigrati mostrati in televisione che potrebbero essere smistati in altri centri? Non sono forse la politica dei respingimenti, il «pacchetto sicurezza» e le disposizioni sulle regolarizzazioni dei migranti a creare situazioni di clandestinità con tutte le conseguenze che ciò comporta? Perché si raccomanda ai migranti di non accettare lavoro in nero e non si interviene nei confronti dei datori che sfruttano i lavoratori spesso clandestini?
Sono alcuni dei quesiti posti da P. Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli di Roma, nell’intervento al convegno sul tema «Una panoramica delle religioni immigrate in Italia e loro rapporto con le istituzioni e la società», svoltosi il 9 luglio a San Pietro al Natisone, organizzato dal Centro culturale Veritas di Trieste, con il patrocinio del Comune e in collaborazione con l’associazione «don Eugenio Blanchini» e la forania. Padre La Manna ha affrontato questi interrogativi da esperto del settore e operatore in prima linea nel mondo dei migranti in quanto il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati di Roma accoglie, come ha ricordato P. Mario Vit, presidente del Veritas, migliaia di migranti e si avvale della collaborazione di 300 volontari e di 15 operatori fissi. Dopo l’introduzione del direttore del consiglio foraniale, Simone Bordon, e il saluto del sindaco, Tiziano Manzini, P. La Manna si è prima di tutto chiesto qual è l’approccio da avere nei confronti di persone che abbandonano tutto, affrontano viaggi estenuanti, lunghissimi e pericolosi per approdare in Paesi che spesso nutrono pregiudizi nei loro confronti. La risposta non è stata teorica. Il gesuita si è riferito alla sua esperienza quotidiana, che è quella di stabilire prima di tutto una relazione con le persone che il Centro Astalli accoglie. Il primo passo è offrire la possibilità di sedersi e di parlare, di riprendere a fidarsi degli altri, anche perché “il 50 per cento dei rifugiati è vittima di tortura. È necessario, quindi, stabilire una relazione con la persona che arriva con il suo bagaglio di studi, cultura e religione e soprattutto con la speranza di rimettersi in piedi». I rifugiati meritano rispetto, ha sostenuto con forza La Manna, perché lasciano le loro sicurezze molte volte a causa della loro fedeltà alla loro religione e alle loro idee politiche. In questo senso rappresentano una testimonianza di coerenza e una ricchezza, non certamente perché sono disposti a fare lavori che gli italiani non vogliono fare più. La persona in se stessa è ricchezza, il lavoro viene dopo.
Perché, allora, c’è questo senso di paura, di prevenzione nei confronti del migrante? “Ci hanno inculcato la paura dell’altro, l’idea che nelle moschee si incontrano i terroristi, che le migrazioni rappresentano invasioni o esodi biblici”, ha denunciato P. La Manna. “Invece noi non possiamo sottrarci all’incontro, alla conoscenza dell’altro. Non ha senso ignorarci”ha esortato il gesuita. “È la mancanza di conoscenza a creare i conflitti”. Per questo il Centro Astalli accoglie le persone in maniera organica offrendo assistenza legale, la possibilità di frequentare corsi di studi che li inseriscano nel mondo del lavoro e anche spazi di preghiera. Dall’altra parte opera nelle scuole, con l’aiuto dei rifugiati stessi, per fornire ai giovani gli strumenti adatti a leggere il fenomeno delle migrazioni, conoscere le culture e le religioni dei migranti. La Manna ha poi puntato il dito contro la mancanza di una legge organica sui rifugiati politici e di un coordinamento tra enti statali ed associazioni per affrontare i relativi problemi. Sulla scia dell’intervento del gesuita, è intervenuto il vicesindaco del Comune di Drenchia, Michele Coren, che ha denunciato l’ostracismo da parte dell’amministrazione comunale nei confronti degli alunni delle medie dell’istituto bilingue che non si vogliono accogliere nell’edificio delle medie italiane, scuola Dante Alighieri, per non creare «promiscuità» tra bambini dello stesso paese. La presa di posizione della maggioranza di centrodestra del Comune di San Pietro, è stato detto, è erede delle politiche nazionalistiche del passato che hanno portato alle leggi razziali e alla discriminazione di tutte le diversità. Ed oggi a quella dei migranti. (G.B.)