Scuole. Internazionalità: l’esperienza del CEI di Palermo
La creazione di una rete mondiale; l’innovazione tecnologica; la fierezza di una esperienza con cinque secoli alle spalle come visione dell’uomo e del mondo riassumibile nel motto “L’innovazione è la nostra tradizione” : sono questi, secondo padre Franco Beneduce, rettore del CEI di Palermo, gli elementi che hanno segnato il meeting mondiale dei responsabili delle scuole ignaziane, tenutosi nell’estate 2012.
“Dall’incontro di Boston”, dice padre Beneduce, “una prima sollecitazione venuta fuori è la valorizzazione della rete mondiale delle scuole dei Gesuiti nella sua globalità (si tratta del network di scuole più grande al mondo): e questo allo scopo di favorire, oltre quello che già c’è, uno scambio tra docenti e studenti. Sarebbe la via maestra per utilizzare il vantaggio del network, che non esclude l’uso di tutti gli strumenti che l’informatica e la tecnologia consentono (skype, piattaforma di curricolo specifico di diversi sistemi informatici, e-learning…)
A margine dell’incontro è anche emerso il disegno di un possibile sistema internazionale scolastico delle scuole dei Gesuiti nel mondo, collegandosi a qualche percorso internazionale come, per esempio, l’”I.B.O.”
L’incontro ha rinforzato l’identità più profonda della spiritualità ignaziana, che consiste nell’avere una visione universale da far diventare un valore e una consapevolezza nel percorso degli studi.
Altro impulso che viene dall’incontro di Boston è l’aiuto a comprendere l’utilità degli strumenti informatici a supporto della didattica.
Attraverso le dimostrazioni fatte in aula si è mostrato come l’innovazione tecnologica possa essere integrazione e completamento dello studio e dello sviluppo del senso critico degli studenti.
Quali sono le esperienze già in corso al CEI di Palermo?
Nel 2008 è nata a Palermo l’International School Palermo, istituzione che alcuni mesi fa ha ricevuto il riconoscimento “PYP” dell’ “IBO”, l’unica a Palermo (e la prima a sud di Napoli).
Essa offre ai bambini una educazione dal carattere genuinamente internazionale, seguendo i programmi del prestigioso International Baccalaureate Primary Years Program.
Il prestigioso IB/PYP, infatti, è un programma di insegnamento interamente in lingua inglese teso a stimolare in ogni bambino il personale desiderio di apprendimento, le proprie abilità critiche e l’attitudine alla ricerca.
Ma oltre a questo, l’IB/PYP fa sì che ogni studente acquisisca consapevolezza di quella “umanità condivisa” che lega noi agli altri e gli altri a noi, di quella diversità tra le culture che arricchisce la vita, corrispettiva ai punti basilari della pedagogia ignaziana.
Presso la scuola nazionale tradizionale invece, l’operazione in corso è il bilinguismo e, in particolare, il potenziamento dell’inglese che consiste nel proporre alcune materie – l’arte, la geografia e le scienze- in questa lingua.
La rete dei collegi a suo parere su cosa deve puntare, quali i punti di forza da sviluppare?
L’esperienza della rete italiana e alcune esperienze in Europa (per esempio nel campo dello sport e di altre discipline come la storia) permettono un incontro tra persone col vantaggio che con le differenze tra culture si rafforza la consapevolezza della propria identità culturale e si impara nella vita a cogliere le diversità dell’altro come arricchimento nel proprio percorso di crescita.
Gli studenti diventano protagonisti, si sperimentano in contesti nuovi, gli incontri con gli altri sono formativi della persona non solo nell’evento vissuto, ma anche nel tempo. Accade, per esempio, che nel periodo estivo studenti e famiglie che si sono conosciuti si scambiano visite o veri e propri gemellaggi.
Alla luce della legislazione nazionale stiamo considerando quegli elementi del curriculo nazionale che possono essere ricompresi nella visione ignaziana della vita. Inoltre, proseguire nella linea già intrapresa dell’uso delle tecnologie come occasione per interrogarsi sulla didattica correlata alla di pedagogia ignaziana.
Le tecnologie possono essere usate per promuovere eventi e viverli a distanza, contengono la possibilità di essere dei moltiplicatori, senza sostituirsi all’irrinunciabile incontro tra le persone.
Ignazianità e internazionalità per i collegi. Come queste due categorie a suo parere si
coniugano?
A partire dalla nota espressione che “il bene quanto più è universale tanto più è divino”, la pedagogia ignaziana intende formare persone capaci di prendere posizione.
La scuola educa come prolungamento della famiglia al legame sociale, ad accogliere l’altro che non hai scelto. In una scuola ignaziana è importante che questo legame abbia il perimetro del mondo.
Attraverso lo studio, oltre a imparare a voler bene ai vicini, ci si esercita a prendersi a cuore le sorti di tutti gli uomini e del pianeta terra. In questa linea si capisce che la scuola è palestra affettiva e intellettiva. Quando a me sta a cuore una persona, vicina o lontana che sia, sarò contento di fare un pezzo di strada insieme, e se questa persona dovesse avere qualsiasi forma di difficoltà, saprò farmene carico. Si dice, chi ama inventa soluzioni. E uno studio rigoroso e approfondito è uno strumento indispensabile per uno studente di una scuola dei Gesuiti. Lo studente ignaziano non dirà mai: “Per chi suona la campana?”.