Come stare accanto ai giovani
L’invito di Papa Francesco è chiaramente espresso nel messaggio per il lancio del patto educativo: “ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando un’educazione più aperta ed inclusiva”. Analogo auspicio risuona nelle preferenze universali della Compagnia di Gesù “accompagnare i giovani in cammino, nella creazione di un futuro di speranza”, come in quelle della Provincia Euro-Mediterranea “rinnovare lo slancio del primo annuncio del Vangelo alle nuove generazioni e dell’accompagnamento della fede”. Ma come si accompagna un giovane? Ad illustrarlo è p. Beppe Lavelli, direttore di Villa Capriolo che ogni anno accoglie centinaia di giovani. Nell’intervista, disponibile anche in audio, l’indicazione di un atteggiamento, un percorso, strumenti ed un contesto.
D’inverno è a Villapizzone. In Avvento, Quaresima e per tutta l’estate a Selva di Val Gardena. 58 anni a novembre, p. Beppe Lavelli di giovani ne incontra ogni anno migliaia. Ne ascolta ansie e difficoltà, sogni e risorse. E ricorda: “fin da adolescente il mio desiderio più grande era vivere relazioni belle con le persone”. L’incontro con la Compagnia avviene dopo la maturità scientifica proprio a Selva di Val Gardena. “Mi ha colpito molto dei gesuiti il servizio della Parola di Dio e la libertà che vedevo espressa in queste persone. Oggi sono un gesuita perché mi trovo a casa mia con i miei compagni e vedo che insieme rendiamo un servizio prezioso per le persone”.
Ma come si accompagna un giovane oggi, nella società liquida con famiglie spesso fragili e provate?
Atteggiamento, percorso, strumenti e contesto
“Direi di partire da un atteggiamento di accoglienza vera, di rispetto per il suo cammino, la sua vita. Un po’ come Mosè che si toglie i sandali di fronte a quanto sta operando nella vita di questa persona. Poi ascoltare, in profondità, quanto l’altro dice, consegna di sé. Un ascolto fiducioso. Una fiducia nei confronti sia del giovane che di quanto il Signore sta operando. E che poi il giovane stesso si porti questa grande fiducia che il Signore sta parlando a lui, che diventa possibile rintracciare questa Parola nella sua vita. Il senso dell’annotazione n.15 degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio.
Importante poi offrire ai giovani un percorso che abbia alcune tappe, con alcuni punti essenziali:
– saper riguardare la propria vita alla ricerca dei doni ricevuti. Che il primo passo sia un riconoscimento del bene ricevuto.
– Un aiuto perché faccia luce nei suoi desideri e trovi il suo desiderio più profondo che diventa la molla del suo esistere. Nel Vangelo di Giovanni le prime parole di Gesù ai due che lo seguono sono: “Che cosa cercate?”. La prima cosa che il Signore dice di sé e ha a cuore è il desiderio di chi lo segue. C’è bisogno di educare questo desiderio, liberarlo, aver fiducia.
– Altra tappa il riconoscimento delle proprie paure. Quando diamo un nome a esse ne diventiamo liberi e non ne facciamo il motore delle nostre azioni. Sapere che possiamo affrontarle con fiducia slancio e umiltà. Una battaglia che possiamo vincere come Davide vincerà Golia.
– Infine ricevere dal Signore la nostra vera identità, il nostro nome nuovo. La nostra è un’identità in continua crescita, non è data una volta per tutte. Più che un ritratto è un film, in continuazione.
All’interno di queste tappe offrire tre strumenti ai giovani: un metodo di preghiera, dando tanto spazio alla preghiera sulla Parola di Dio, in questo il cardinal Martini ci è stato di esempio. La capacità di leggere se stessi secondo le regole del discernimento, degli esercizi. Infine l’esame di coscienza, il poterci fermare durante le giornate ed ascoltarci dentro.
Penso che un giovane lo aiutiamo non solo in un contesto di relazione personale ma all’interno di un cammino di un gruppo, in cui altri giovani come lui sono sullo stesso percorso e sia possibile ascoltare anche da altri quanto il Signore sta compiendo.
Tornando al rispetto e all’ascolto fiducioso, che l’accompagnatore parli poco e soprattutto dopo aver ascoltato quanto il giovane gli dice. Altro suggerimento, non proporsi mai a modello…il Signore è molto più grande di quanto l’accompagnatore può dire o pensare e forse per quel giovane ha in serbo novità tali anche per l’accompagnatore: importante che sia disponibile, ci sia, ascolti e possa tessere una relazione libera e liberante, capace anche di lasciare andare.
Per dei religiosi poi importante che questi giovani facciano esperienza di comunità che siano aperte e accoglienti.