SJES: il grido dei poveri e della Terra: è tempo di rispondere
La Compagnia di Gesù celebra il 50° anniversario del Segretariato per la Giustizia Sociale e l’Ecologia. Con il motto “Un cammino di giustizia e riconciliazione: 50 anni e oltre”, il Congresso del SJES, a Roma, dal 4 all’8 novembre, presso la Curia Generalizia. Il 7 novembre l’udienza con papa Francesco.
Il Segretariato per la Giustizia Sociale e l’Ecologia (SJES), nato nel 1969 per volere di P. Pedro Arrupe, ha celebrato nel 2019 i cinquant’anni di dedizione alla sua missione di promozione della giustizia sociale e della riconciliazione. Il cinquantesimo anniversario vuole essere un kairós, un momento storico per la Compagnia di Gesù per rinnovare il suo impegno nella missione di una fede che promuove la giustizia e la riconciliazione, e una grande occasione per rafforzare la sua dimensione sociale ed ecologica. Per questo, fino all’ 8 novembre, si è tenuto un Congresso internazionale presso la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù a Roma, che vede la partecipazione di oltre 210 persone tra gesuiti, esperti e attivisti di tutti i continenti, impegnati in quelle che papa Francesco definisce le “periferie” del mondo.
Le sfide che il mondo di oggi deve affrontare sono più complesse rispetto a quelle di 50 anni fa. Stiamo vivendo un cambiamento epocale nella storia dell’Umanità, già intravisto dal Concilio Vaticano II. Ecco perché questo incontro ha avuto tre obiettivi: (1) celebrare la fedeltà di Dio in questo percorso, (2) discernere le tabelle di marcia per implementare le Preferenze Apostoliche Universali (PAU) – gli orientamenti che guideranno la Compagnia di Gesù per i prossimi dieci anni – nel settore sociale, e (3) creare opportunità per la collaborazione e il lavoro in rete.
Un’occasione per ripercorrere il passato del SJES: i risultati conseguiti, i traguardi raggiunti, le lezioni apprese. Ma anche un’opportunità per riflettere su come il SJES può contribuire meglio al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone con cui lavora in tutto il mondo: dalla lotta allo sfruttamento ambientale in Honduras al recupero dei giovani delle gang negli Stati Uniti; dai dalit o intoccabili e dagli indigeni allontanati dalle loro terre in India, alle sfide educative con i giovani in Africa; dal lavoro con i migranti e i rifugiati arrivati in Europa all’impegno contro il cambiamento climatico.
La sessione inaugurale si è tenuta il 4 novembre nell’Aula Magna della Curia Generalizia alla presenza del Superiore Generale della Compagnia di Gesù, P. Arturo Sosa SJ, del Cardinale Peter Turkson, Prefetto del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, del Cardinale Michael Czerny SJ, Sottosegretario della Sezione vaticana Migranti e Rifugiati, del Cardinale Pedro Barreto SJ, Arcivescovo di Huancayo e Vicepresidente della Conferenza Episcopale Peruviana (CEP), , e di P. Xavier Jeyaraj SJ, Segretario per la Giustizia Sociale e l’Ecologia.
Come ha sottolineato P. Sosa: “Approfittiamo dunque di questo momento così speciale in cui Dio ci parla ancora una volta e ci invita a fare memoria, a ringraziare, a discernere e a prendere decisioni audaci, coraggiose e rischiose, per accompagnare Gesù e il suo popolo nelle realtà di frontiera, insieme ai più esclusi, poveri e vulnerabili”.
E’ stato ricordato anche il cammino compiuto dal 1969 ed è stata celebrata l’Eucaristia in memoria dei P. Pedro Arrupe e di 57 “martiri” gesuiti che durante questi 50 anni hanno dato la vita per la causa della fede e della giustizia in diverse parti del mondo.
Nei giorni successivi il Congresso si è concentrato sulle sfide del presente, discernendo le tabelle di marcia per attuare le Preferenze Apostoliche Universali, per poi rinnovare l’impegno per la missione della Compagnia di Gesù e per trovare nuove forme di collaborazione e di lavoro in rete.
Durante la settimana sono intervervenuti: P. Ismael Moreno SJ, che lavora in prima linea in Honduras con la popolazione locale per combattere lo sfruttamento delle multinazionali; P. Gregory Boyle SJ, Direttore di Homeboy Industries, un’associazione che recupera i ragazzi delle gang di Los Angeles; l’ambientalista e attivista politica indiana Sunita Narain, Direttrice del Center for Science and Environment (CSE); il Cardinale Michael Czerny SJ, Sottosegretario della Sezione vaticana Migranti e Rifugiati; l’economista statunitense, consulente ONU e Direttore dell’Earth Institute, Jeffrey Sachs; la giovane attivista sudafricana Noluthando Honono, e altri. Giovedì mattina, 7 novembre, i partecipanti sono stati saranno ricevuti in udienza privata da Papa Francesco in Vaticano.
“La celebrazione non è centrata su quel che abbiamo raggiunto nei 50 anni passati, ma sui poveri e i vulnerabili”, afferma P. Xavier Jeyaraj, Segretario per la Giustizia Sociale e l’Ecologia. “La povertà è uno scandalo che non possiamo accettare. Il nostro obiettivo, radunando oltre 200 persone da tutto il mondo, è di rinnovare il nostro impegno e riaffermare che siamo determinati a camminare insieme poveri e a riconoscere che Dio soffre con loro”. In occasione del 50° anniversario del Segretariano, vari eventi, incontri e ritiri si sono già svolti nel corso dell’anno in America latina, Asia ed Africa, mentre altre iniziative seguiranno nei prossimi mesi in Europa e Nord America.
La consegna del Generale
Continuare a percorrere il sentiero aperto da Gesù, senza mai dimenticare la preghiera, e sempre «più sensibili al grido dei crocifissi di questo mondo. Sogniamo un mondo giusto, strutturalmente giusto», ha detto il preposito generale della Compagnia nella messa che ha concluso il congresso, indicando in particolare tre impegni «urgenti» per il futuro: promuovere più giuste «relazioni economiche, sociali e politiche», rafforzare nella Chiesa e nella società la «partecipazione equa e adeguata delle donne alla guida di progetti e processi» e sradicare «tutti i tipi di abuso nella società, nella Chiesa e nelle nostre opere apostoliche». Il congresso ha anche pubblicato una lettera ad uno dei 57 «martiri» uccisi in questo mezzo secolo.
«Siamo stati chiamati ad approfondire il nostro cammino con gli scartati della terra, con i giovani, per contribuire alla trasformazione delle strutture di ingiustizia che comprendono fermare il maltrattamento de pianeta e rendere bella la nostra casa comune».
La messa è stata celebrata nella chiesa del Gesù, a Roma, dove sono conservati tra gli altri i resti di sant’Ignazio di Loyola, fondatore dell’ordine, e di altri gesuiti eminenti come san Francesco Saverio, e lo stesso padre Pedro Arrupe, che «hanno dato la vita al servizio della fede, della promozione della giustizia, del dialogo interculturale e interreligioso – ha sottolineato il gesuita venezuelano – cercando sempre di contribuire alla riconciliazione di tutte le cose in Cristo».
«Sogniamo un mondo giusto, strutturalmente giusto, in cui tutti gli esseri umani trovino le condizioni per una vita dignitosa e sicura, in cui la varietà culturale sia un’espressione del volto multiforme di Dio, rispecchiato in tutti gli aspetti della sua creazione», ha detto padre Sosa.
L’esperienza di questa settimana, ha proseguito il preposito generale, «ci ha ricordato ancora una volta la centralità della dimensione spirituale del nostro impegno per la giustizia sociale e l’ecologia integrale, così come il ruolo inalienabile del discernimento personale e comunitario per consentire allo Spirito di trasformare le nostre vite e guidare la nostra azione» e «ci ha anche convinti della necessità e della complessità di estendere la collaborazione tra noi e con tanti altri che condividono lo stesso percorso, approfondendo la nostra identità di collaboratori della missione di Cristo. L’umiltà ci ricorda il nostro essere Compagnia minima e sentirci parte di una missione molto più grande che ci chiama a rafforzarci come corpo cosciente di essere Compagnia minima collaboratrice, il cui contributo è possibile a partire dalla profondità dell’esperienza spirituale e dalla profondità intellettuale che illumina il cammino che facciamo».
Il superiore dei gesuiti ha ricordato che nell’udienza concessa giovedì ai partecipanti al congresso, papa Francesco ha detto che «non è sufficiente avvicinarsi e accompagnare le vittime di ogni tipo di ingiustizia, ma che “abbiamo bisogno di una vera “rivoluzione culturale”, una trasformazione del nostro sguardo collettivo, dei nostri atteggiamenti, dei nostri modi di percepirci e di situarci dinanzi al mondo”».
Padre Sosa ha concluso pregando di «acquisire lo spirito dei poveri, piangere con quelli che piangono, aumentare la nostra fame e sete di giustizia, crescere nella pazienza per accompagnare i processi, essere compassionevoli e puri di cuore, lavorare instancabilmente per la pace senza paura di essere perseguitati per la causa di Gesù», ed ha terminato l’omelia invocando la «Madonna della strada», la cui immagine è raffigurata nella chiesa del Gesù, affinché, ha detto, «ci prenda per mano lungo il sentiero aperto da suo figlio, ci ricordi continuamente l’importanza di non abbandonare la preghiera in qualsiasi momento e ci renda più sensibili al grido dei crocifissi di questo mondo».
Il congresso nel suo ultimo giorno ha pubblicato anche una lettera ad un anonimo «compagno martire», uno dei 57 gesuiti uccisi in questi 50 anni mentre erano in servizio del Vangelo e della giustizia. A loro e al padre Arrupe è stata dedicata la messa di apertura, lunedì, e il segretariato ha anche curato una specifica pubblicazione (https://www.sjesjesuits.global/en/index.php/2019/11/05/jesuit-martyrs-torches-of-light-and-hope/) che ricorda le storie di queste «torce di luce e di speranza».
Il padre generale ha incontrato la sera di giovedì le donne che hanno partecipato al congresso, che hanno fatto presente l’istanza di un maggior coinvolgimento femminile, come indicato dallo stesso padre Sosa nel discorso di apertura del congresso.
L’ultimo giorno del congresso è stato l’occasione di fare il punto su cinque «processi» emersi nel corso delle discussioni, sia in assemblea e nei diversi gruppi di lavoro, e che vanno ora approfonditi: la conversione personale e comunitaria, la trasformazione necessaria alla società, la necessità di una maggiore collaborazione e di un più effettivo lavoro in rete, il discernimento in comune e la sinodalità, e infine l’importanza di promuovere una nuova narrativa che includa gli emarginati e sostenga il cambiamento.
Qui la relazione del Generale padre Arturo Sosa
Qui un video sui 50 anni del SJES
Il discorso del Papa durante l’udienza del 7 novembre, nella Sala Clementina.
Il servizio di Tv 2000