Educati dai gesuiti
Fari accesi in questo periodo su scuole ignaziane, proposta, metodo educativo. Ma cosa significa studiare dai gesuiti? Una riflessione sulla pedagogia ignaziana a cura di p. Eraldo Cacchione SJ, responsabile della pastorale scolastica della Fondazione Gesuiti Educazione.
L’educazione ignaziana, o educazione dei gesuiti, è una forma di educazione che mette al centro la persona: contemporaneamente, sia la persona dell’insegnante sia la persona dello studente, ciascuno con il proprio contributo. Di fatto, dunque, è una educazione che propone un “incontro personale” il quale innesca, per così dire, percorsi di crescita accademica, umana e spirituale attraverso una serie ampia e articolata di input cognitivi e affettivi, individuali e comunitari, che lavorano in profondità. Per quanto riguarda lo studente, il vivere appieno l’educazione ignaziana permette di diventare gradualmente consapevole di essere più che dotato da Dio di talenti, che ne fanno una persona “di valore”, e cosciente di essere pienamente adeguato a prendere una parte attiva nella vita adulta, in una comunità in cui può essere di servizio per gli altri e con gli altri, donando il proprio essere competente, cosciente, compassionevole, pieno di fede e di amore per la giustizia.
Nel tempo
Inizialmente l’accento dell’educazione ignaziana era posto sul portare avanti un curriculum del tutto “nostro” (la Ratio Studiorum), frutto dell’elaborazione del patrimonio dell’Umanesimo Cristiano (sintesi rinascimentale della tradizione cristiana e dei classici della latinità e della grecità, integrati con una passione filosofica per la scienza, la linguistica e la cura per la “rappresentazione” attraverso il teatro, la danza e la musica) da parte di gruppi di gesuiti provenienti da diverse parti del mondo, in un sistema scolastico che aveva le cadenze e i tempi di una società che ora non c’è più: scuole con numeri non altissimi di studenti (in molti casi anche “interni”), comunità educanti formate praticamente solo o quasi solo da gesuiti, presenti per l’insegnamento coi ragazzi mattina e pomeriggio sei giorni su sette. Dopo la Rivoluzione Francese, con la nascita degli Stati Nazionali ogni Nazione si è dotata di un sistema di istruzione per tutti, con un curriculum scolastico controllato dallo Stato, nella lingua di quello Stato. Ciò ha reso non più “unitario” il percorso curricolare delle scuole dei gesuiti, creando una varietà enorme di istituzioni educative “ignaziane”. Dall’altra parte l’educazione dei gesuiti è divenuta inculturata in ogni parte del globo, con un nucleo comune e molte differenze dovute alle culture locali e alle esigenze dei curricula statali. Nella seconda parte del XX secolo, inoltre, il ridotto numero di vocazioni religiose ha reso minore (e a volte minimo) il contribuito diretto dei padri gesuiti, favorendo l’arrivo di laici formati alla spiritualità e alla pedagogia ignaziana, e cambiando di fatto sia l’approccio al curriculum scolastico sia la forma della comunità educante.
Il cuore
Io ritengo che il “nucleo comune” che resta nel tempo, quasi come un “timbro” o una “firma” dell’educazione ignaziana, sia questo: una educazione che veda il curriculum e l’accademia non come un fine ma come un mezzo, e la persona dello studente da “educare” (e non solo “istruire”), come il cuore di ogni processo formativo che si porta avanti nelle nostre scuole. Tutto ciò emerge chiaramente nella definizione che ho dato precedentemente. Un altro fattore che a mio avviso costituisce il “segno” dell’educazione ignaziana è l’enorme quantità di tempo ed energie devolute da chi educa a favore dei ragazzi: l’educazione ignaziana non si esaurisce nelle ora di scuola passate nelle mattine in aula, ma ha come parte integrante anche i pomeriggi, i sabati, le domeniche, le uscite formative, la partecipazione a gruppi di formazione cristiana o ad altre attività (sport, musica…), tutte attività che sono intenzionalmente concepite come occasioni educative e che tutte concorrono alla “formazione integrale della persona”… Tutto ciò chiede una spesa di tempo enorme in capo agli educatori, tale per cui l’educatore di fatto si dona allo studente, e proprio attraverso questo “eccesso di donazione” si crea una relazione personale vivificante che rende unico il percorso compiuto dagli studenti nelle nostre istituzioni educative. Alla fine, è il tempo passato insieme, è l’amicizia che si è generata e cementata nelle ore, nelle giornate, nelle settimane di “tempo educativo” passato in compagnia, ciò che “fa” l’educazione ignaziana.
Questo “segno” traspare in una attitudine “sociale” rispetto al sapere: il sapere, diventato “sapore” attraverso le innumerevoli occasioni di confronto e dialogo tra pari e con gli educatori nel tempo della scuola, smette di essere concepito come un bene individuale e diventa piuttosto un bene “sociale” da mettere al servizio degli altri.
Eraldo Cacchione SJ