Il Terz’Anno, un tempo speciale
È un momento importante nel cammino del gesuita; il Terz’Anno è infatti l’ultima tappa prima dell’incorporazione definitiva nella Compagnia di Gesù. Dopo tanti anni di formazione, e anche il passaggio dell’ordinazione sacerdotale, ripropone alcune esperienze fondamentali vissute nei primi passi del Noviziato; in una forma ovviamente differente, abbreviata e adattata alla situazione di ciascuno. Quest’anno, a causa della pandemia, qualcosa è cambiato. E padre Francesco Germano vivrà il suo Terz’Anno a Napoli, seguito da padre Carlo Chiappini…
Del Riccio: i motivi di una scelta
«La pandemia è la ragione principale che mi ha spinto a ipotizzare un Terz’Anno organizzato dalla nostra Provincia», spiega padre Roberto Del Riccio, Provinciale EUM. «Per problemi di salute, proprio alla vigilia della suo Terz’Anno a Salamanca, P. Francesco Germano non era potuto partire. Quando l’ho incontrato a gennaio, abbiamo convenuto che, superata la fase acuta delle sue difficoltà, stava trascorrendo il suo tempo in modo non fruttuoso, essendo inserito in una comunità, quella di Gallarate, che era stata giustamente pensata non in vista di una nuova destinazione apostolica, ma solo con l’intenzione di offrirgli l’ambiente più adeguato possibile per la sua salute. Ora, che la sua situazione era migliorata, rischiava di permanere in uno stato di limbo esattamente a causa dell’incertezza provocata dalla diffusione del Covid-19 a livello mondiale. Non ero sicuro che sarebbe potuto partire per un Terz’Anno che cominciasse in estate o al più tardi in autunno. Ricordandomi, che già in passato alcuni confratelli avevano vissuto la propria terza probazione in Provincia, affidati ad un istruttore che li aveva seguiti con un percorso progettato appositamente per loro, ho pensato di verificare la fattibilità di una esperienza analoga anche per lui. Dopo aver ricevuto dalla curia generale le indicazioni, secondo le quali sarebbe stato possibile procedere nella concretizzazione dell’ipotesi, abbiamo individuato in P. Carlo Chiappini l’istruttore e presentato il programma da lui stilato, ricevendo l’approvazione del P. Generale per l’uno e per l’altro».
Perché a San Luigi?
«La scelta di San Luigi a Posillipo come luogo, è stata determinata soprattutto per consentire a P. Carlo di poter accettare l’incarico di istruttore, essendo per lui impossibile allontanarsi a causa dei suoi impegni. Inoltre, a San Luigi avrebbe potuto sia ricevere un aiuto da alcuni dei confratelli della comunità del Collegium professorum per svolgere parti del programma, sia approfittare di opportunità apostoliche offerte dalla città di Napoli per inviare negli esperimenti P. Francesco, nonostante le restrizioni a motivo della pandemia».
P. Germano non è però solo in questa esperienza…
«Quando si è sparsa la voce che nella nostra Provincia si sarebbe svolto questo momento formativo, un gesuita tedesco ed uno lituano, che non erano potuti partire a gennaio per la loro terza probazione, programmata in America Latina, hanno chiesto di poter partecipare al programma da noi organizzato a San Luigi. Noi non potevamo essere che contenti di offrire anche a loro e alle loro Province una simile opportunità. Così li abbiamo accolti e ora fanno parte di questa piccola comunità».
Chiappini: per me fu il passaggio a un’età adulta
Padre Carlo Chiappini è stato chiamato a curare questa nuova esperienza.
Terzo anno e pandemia. Cosa cambia nella forma e nella sostanza?
«Simile per molti aspetti al Noviziato, il Terz’Anno si svolge in un contesto piuttosto ritirato, e perciò la pandemia influisce relativamente sul suo svolgimento, meno rispetto alla vita normale di un gesuita impegnato in una missione apostolica. Pensiamo, per esempio, ai tempi di lettura e di rilettura della propria vita e vocazione, ed anche al Mese di Esercizi, in fondo l’esperienza centrale. Non mancano comunque alcune limitazioni, che riguardano la possibilità di muoversi per vivere esperimenti apostolici, che normalmente dovrebbero riempire circa un terzo del programma di formazione».
Come si svolge?
«Il Terz’Anno dura circa un semestre. Può subire delle varianti, ma normalmente si divide in tre parti, di una lunghezza abbastanza omogenea. Una prima parte più incentrata sull’io: la rilettura della propria storia, nel confronto con l’Autobiografia di Sant’Ignazio, e l’esperienza del Mese di Esercizi. Una seconda parte porta l’attenzione piuttosto sul corpo della Compagnia, con un’attenzione ai testi e all’evoluzione nella storia, fino ai nostri giorni. Infine la terza parte è dedicata all’inserimento in alcune attività apostoliche della Provincia, scelte con l’intento di completare la formazione ricevuta negli anni precedenti».
Che responsabilità sente?
«Personalmente sono grato alla Compagnia di avermi proposto, in maniera un poco improvvisa, di assumere tale responsabilità. Su questa richiesta inattesa ha influito la pandemia: il Terz’anno a Napoli nasce per venire incontro all’esigenza di alcuni giovani confratelli che, a causa del virus, non hanno potuto viaggiare e vivere questa tappa di formazione in altri paesi. Un piccolo aneddoto personale: quando ho terminato il servizio come maestro dei novizi, ho promesso che non avrei in seguito mai rifiutato eventuali richieste che mi fossero giunte per la formazione nella Compagnia, e perciò…
Ho colto inoltre come una provvidenziale coincidenza il fatto che l’ipotesi del Terz’Anno sia apparsa proprio nel momento in cui la conclusione della ristrutturazione del primo piano di San Luigi a Napoli, che abbiamo chiamato “piano Cardoner”, apre uno spazio di accoglienza per formazione ed Esercizi Spirituali. Qui sono alloggiati i tre gesuiti. Non nascondo però una punta di preoccupazione, perché il nuovo impegno si aggiunge agli altri compiti che già svolgo… di sicuro il Signore saprà intervenire dove io manco, e pure dove sono presente!»
Come è stato il suo Terz’Anno?
«Ero a Salamanca, Spagna, nel 1997/1998. Spero che i tre giovani gesuiti presenti ora a Napoli possano in futuro avere un ricordo simile al mio: un tempo impresso nella memoria, un periodo di consolazione e di gratitudine, per tutto quello che negli anni di formazione precedenti mi era stato donato. Non tanto una conferma alla chiamata alla Compagnia, che già in altre tappe si era definitivamente chiarita; piuttosto il passaggio ad un’età adulta, nella quale passare ad essere pure io, in maniera più piena, responsabile del corpo della Compagnia stessa. Nel ricordo ha uno spazio speciale il momento in cui, quasi verso la fine, il Provinciale di allora, P. Vittorio Liberti, mi ha telefonato e comunicato la successiva destinazione, che avrei iniziato ad assumere appena rientrato in Italia…»
Germano: un gradito ritorno
New York, Salamanca, Cuba, Brasile…a lei è toccato Napoli. Come vive questa scelta?
«La destinazione di Napoli è stata per me del tutto inaspettata, ma alla fine accolta con molta gioia. Qui nella comunità di “san Luigi” diversi anni fa ho vissuto i miei tre anni di studio della teologia base, per cui è stato un “ritorno” gradito in una comunità e in una città a me molto cara. La mia prima destinazione per questa esperienza finale della formazione da gesuita era stata tuttavia la comunità di Salamanca, in Spagna. Per vicende personali, dettate anche dalla situazione generale a causa del Covid, con un certo rammarico sono alla fine partito nel mese di settembre scorso».
Cosa si aspetta dal Terz’Anno?
«Mi aspetto di vivere questa tappa importante nel modo più sereno possibile, in pienezza e poter in qualche modo dopo tanti anni dalla mia entrata in noviziato “concludere” questo itinerario di vita religiosa nella Compagnia di Gesù attraverso tutto quanto vivremo, a partire soprattutto dal prossimo e imminente “mese ignaziano” per una integrazione definitiva della mia vocazione religiosa al corpo apostolico dell’ordine».
In che periodo del suo cammino arriva?
«Arriva “tardi” rispetto ai canoni classici, infatti mi appresto a viverla dopo ben quasi 25 anni dalla mia entrata; esattamente 14 anni dal sacerdozio. Eppure questo aspetto non credo di viverlo male, anzi con tanta esperienza alle spalle, tante comunità in cui ho vissuto le diverse dimensioni apostoliche nello spazio di questo quarto di secolo. Dallo studio, alla parrocchia, dall’apostolato sociale al servizio nei collegi, fino alla docenza negli ultimi anni in seminario e in facoltà teologica. Dunque sono grato a Dio e alla Provincia di avermi concesso questo momento, seppur dopo tanti anni…»
Che eco ha dai suoi confratelli di questa esperienza?
«Sempre molto positivi e arricchenti nelle loro diversità e specificità. Un tempo speciale, potrei dire di…”grazia”, proprio nello spirito originale di Ignazio e della vocazione alla Compagnia. Un Terzo Anno nello spirito gesuitico che oggi vive un ennesima sfida al servizio della Chiesa universale perché sia inserita sempre più e sempre meglio nell’umanità del nostro tempo».