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Rifugiati, lottatori di speranza, seminatori di pace

«Affermare i diritti significa non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti»: così nel suo discorso di fine anno il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La Giornata Mondiale del Rifugiato 2024, che si celebra il 20 giugno, vuole essere un’opportunità per riflettere sulla tutela dei diritti umani per tutti e sulle vie da percorrere insieme per costruire una società davvero libera e aperta alle differenze, capace di riconoscere e rispettare la diversità.

Il tema è stato al centro del colloquio sulle migrazioni, organizzato dal Centro  Astalli di Roma, giovedì 13 giugno, in collaborazione con la Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana. Dopo il saluto di padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sono intervenuti mons. Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione della Santa Sede e l’economista  Tito Boeri, moderati dal giornalista de Il Sole 24 Ore Carlo Marroni.
Ad aprire l’incontro la testimonianze di Fardusa, rifugiata della Somalia.

(Città del Vaticano – Vatican News). Un’opportunità per riflettere sulla tutela dei diritti umani per tutti e sulle vie da percorrere per costruire una società davvero libera e aperta alle differenze, capace di riconoscere e rispettare la diversità. È stato questo l’obiettivo dell’incontro “Rifugiati: lottatori di speranza, seminatori di pace”, che si è svolto nel pomeriggio il 13 giugno, presso l’Aula Magna della Pontificia Università Gregoriana e ha visto in dialogo l’arcivescovo Rino Fisichella,pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, e l’economista Tito Boeri.

“Sono ormai moltissimi anni che il Centro Astalli si occupa di questi argomenti”, spiega monsignor Fisichella. “Il tema scelto per questo incontro, fa da preludio a quello che sarà il prossimo Giubileo ormai imminente, in cui non dimentichiamo che ci sarà proprio una giornata dedicata ai rifugiati e migranti Questo è uno di quei ulteriori segnali che siamo chiamati a cogliere per capire il senso della speranza cristiana”

Papa Francesco spesso ricorda l’importanza dell’accoglienza a chi è costretto a scappare da Paesi che vivono situazioni difficilissime come le guerre, o cambiamenti climatici così violenti che non consentono più di rimanere nella propria patria. “L’insegnamento del Pontefice trova una risposta naturale in una città come Roma – sottolinea Fisichella – perché la nostra capitale è definita Patria comunis cioè una patria che accoglie tutti. Qui nessuno si sente straniero o ospite, quindi è naturale accogliere queste persone che spesso arrivano da situazioni molto complicate e che hanno anche una fragilità molto grande che richiede un attenzione particolare”.

Come emerge dall’ultimo rapporto Global Trends 2024 dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, il numero delle persone costrette a lasciare la loro casa è in drammatico aumento, a maggio è arrivato a 120 milioni. “La situazione internazionale fa sempre più paura – evidenzia l’arcivescovo – la Chiesa che è portatrice di speranza non può rimanere indifferente davanti a tanto dolore, ricordiamo le parole di Gesù ‘ero straniero e mi avete accolto’, perciò per noi questa è una questione centrale non marginale. La Chiesa certamente può diventare la voce di chi non ha più la forza di parlare, come i rifugiati e i migranti che non vengono ascoltati da nessuno. Ma poi anche le istituzioni internazionali devono intervenire anche loro per aiutare concretamente queste persone a non essere più costrette a vivere scelte e situazioni molto drammatiche”.

Situazioni come quella di Fardusa, costretta a scappare dalla Somalia a causa della guerra che imperversava nel suo Paese da molti anni. “Il mio nome vuol dire Paradiso – ha raccontato commossa durante l’incontro – anche se, in realtà, da piccola ho conosciuto solo la guerra, che piano piano mi ha portato via tutto. Quando uscivo di casa per andare a scuola non sapevo se sarei tornata. Così ho deciso di partire. Il giorno che ho salutato i miei genitori è stato straziante, perché non sapevo se li avrei più rivisti”. Per la ragazza è iniziato quindi il viaggio che presto si è trasformato in un incubo: “Ci picchiavano – ha spiegato con la voce rotta dal pianto – non avevamo né cibo né acqua. Al momento della traversata ci hanno ammucchiato in una piccola barca e io avevo tanta paura. Dopo poche ore il motore si è rotto e siamo rimasti in mezzo al mare per cinque giorni. Volevo tornare indietro dalla mia famiglia, per non morire da sola. Poi è arrivata la Guardia Costiera Italiana: per me è stato un miracolo. Ci hanno portato in salvo e dopo sono arrivata a Roma dove ho incontrato il Centro Astalli”. Adesso Fardusa si occupa delle persone che hanno bisogno di aiuto: “Per me è iniziata una nuova vita, ma non dimentico chi è ancora in grande difficoltà”.

All’incontro è intervenuto anche l’economista Tito Boeri, il quale ha sottolineato come i Paesi che oggi hanno un debito molto elevato sono quelli che subiscono più di tutti gli effetti dei gas serra sull’ambiente, emessi dai Paesi più ricchi. “Sul piano ambientale – ha spiegato l’economista – i veri creditori sono i Paesi poveri rispetto a quelli avanzati. La questione del debito ambientale spesso viene dimenticata e non se ne parla, ma in realtà è la causa principale delle terribili condizioni di vita in cui queste persone sono costrette a vivere, e che le porta poi a cercare una nuova speranza di vita attraverso l’emigrazione. Diventa difficile che queste nazioni riusciranno un giorno a pagare il debito, perché si indebiterebbero solo ulteriormente, perciò la remissione potrebbe essere l’unica soluzioni plausibile per aiutarle davvero. Solo così tornerebbero a crescere e a respirare. Mentre con questa politica si impoveriranno sempre di più trascinandosi dietro anche i Paesi creditori”.

Marina Tomarro

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