Giovani e legalità, sentinelle di memoria e di impegno
Un’occasione per fare memoria dei martiri, per riflettere sui motivi di un impegno per la legalità. Accade in Sicilia, dove l’Agesci promuove, in occasione dell’anniversario della strage di Via D’Amelio a Palermo del 19 luglio del 1992, fin dal primo anno, una veglia di preghiera e una S. Messa, che veicolino la notte del 18 luglio verso l’alba del 19. Fu la mamma di Paolo Borsellino a chiedere agli scout di organizzare un momento più spirituale e di preghiera prima delle celebrazioni ufficiali ed istituzionali.
Inoltre la settimana precedente l’Agesci organizza un “Cantiere della Legalità” per circa 30 ragazzi della Branca Rover/Scolta (17-20 anni) provenienti per la maggior parte da varie parti della Sicilia, dal titolo significativo “Sentinelle di memoria operante”. Le giornate sono scandite da momenti di meditazione, testimonianze riguardanti la lotta alla mafia, l’impegno per la legalità. La preparazione della veglia ha la caratteristica di essere una performance teatrale evocativa che faccia riflettere e motivi all’impegno.
Da tre anni è coinvolto p. Francesco Cavallini sj, che porta nella settimana di “campo” la spiritualità ignaziana ai ragazzi che partecipano. Specificatamente attraverso tre momenti quotidiani:
- annuncio della buona notizia e un’ora di meditazione alla mattina
- strumenti di vita spirituale adulta e “regole del discernimento degli spiriti” alla sera prima di cena
- rilettura della giornata (Examen) e condivisione, prima di andare a dormire
Nella rilettura dell’esperienza queste tappe quotidiane risultano essere molto apprezzate e formative per i ragazzi. Quest’anno padre Cavallini ha presieduto la S. Messa, con tanti giovani quasi tutti provenienti dal mondo dell’associazionismo, scegliendo il colore liturgico rosso dei martiri e scegliendo le letture frutto anche del cammino condiviso con i ragazzi. L’episodio della Vigna di Nabot (1 Re 21,1-17) e l’agonia di Gesù al Getsemani. La prima lettura è stata lo spunto per riflettere su un “omicidio di stato”, l’abuso di potere e soprattutto la colpevole complicità (per paura o opportunismo) di funzionari e notabili del villaggio. Non avrebbe potuto avvenire questo omicidio di stato senza la collaborazione dei funzionari “rispettabili”. Richiama molto la vicenda la morte di Paolo Borsellino e dei ragazzi della scorta. «Tutti possiamo essere condizionati dalla paura o dall’arrivismo. Solo una vita spirituale di qualità e la relazione con il Dio della Vita vera possono purificare le scelte», ha detto padre Francesco che ha ripreso in più punti il famoso discorso di Paolo Borsellino nell’occasione della fiaccolata del 20 giugno 1992 in ricordo di Giovanni Falcone.
Citando l’agonia di Gesù al Getsemani ha spiegato da dove viene la forza per rimanere lì anche quando rimanere fedeli alla propria missione, al proprio dovere, all’amore, vuol dire morire. È ciò che hanno sperimentato Paolo Borsellino, e don Pino Puglisi l’anno seguente, e tanti altri nella storia. I canti finali hanno coinvolto tutta l’assemblea in un clima di entusiasmo, gratitudine e rinnovato impegno.