Tra vuoto e pienezza, camminando insieme lì dove la vita accade

La rete CIS alla XXI edizione di Torino Spiritualità: anche quest’anno “è accaduta” la possibilità di incontro e di scambio tra diverse voci e sensibilità su un tema coinvolgente come quello del vuoto. Così infatti recitava il titolo della rassegna promossa dal Circolo dei lettori, e curata da Armando Buonaiuto: “Questo vuoto d’intorno”, ripresa di un folgorante verso del poeta Camillo Sbarbaro: «Questo vuoto d’intorno m’impaura».
È forse la paura la cifra più immediata che segna – fin dall’alba della civiltà – l’esperienza del vuoto. Il nostro contributo come CIS (Centro Ignaziano di Spiritualità) ha voluto però raccogliere la sfida di rintracciare, nelle trame dell’esperienza quotidiana, una possibile lettura del vuoto come punto di partenza di un cammino verso la pienezza, verso un compimento reso possibile da Colui che è sceso nel vuoto più profondo e irrimediabile per farne spazio di una vita per sempre.

Una nuova occasione di crescita e di condivisione come équipe CIS Piemonte, stimolati dalla preziosa presenza di chi è venuto da “lontano” per sostenerci e per condividere l’esperienza, in particolare da ben due direttori della rete CIS: p. Paolo Monaco in conclusione del suo servizio e p. Angelo Stella, sulla soglia del suo inizio.
Con il primo incontro, grazie ai contributi di Donatella Puliga e p. Guido Bertagna, siamo partiti da un viaggio tra le parole che già nel mondo antico indicavano il vuoto. Parole che permangono quantomeno come suffissi in termini della nostra lingua (da cenofobia a cenotafio) per passare alle concezioni che del vuoto avevano i filosofi antichi, i quali hanno ora negato, ora invece affermato, l’esistenza del vuoto come presupposto del movimento. Siamo poi approdati ad una meditazione sul “cambio di segno”, decisamente rivoluzionario, rappresentato dalle beatitudini evangeliche. Lì il vuoto, la mancanza, il bisogno diventano elementi non “nonostante i quali”, ma “grazie ai” quali si può manifestare la condizione di pienezza (cf. Fil 2,6). Salvezza non dai problemi ma attraversando il mistero di ogni croce, nello stile della condivisione e dell’affidamento del maestro di Nazareth. Una pienezza che non è necessariamente sinonimo di felicità secondo la comune accezione di benessere, ma l’invito paradossale a “rialzarsi insieme”, a riprendere la corretta postura interiore che libera dalla condizione degli ‘anawîm (i poveri o letteralmente «i curvati»).
La riflessione è proseguita attraverso gli interventi di p. Matteo Suffritti e Stefania Verde, che hanno guidato l’uditorio in un’appassionante “corsa” a partire da quella di Gesù e dei suoi testimoni. È stata infatti la metafora atletica della corsa il punto di partenza di una meditazione sul senso del movimento che “si realizza insieme”, nella staffetta in cui il testimone si passa con leggerezza di mano in mano. Un accogliere la condizione di passeurs (cf. Christoph Theobald) che non è mai approdo definitivo, ma delicata, paziente, avventura di generazione (engendrement). La corsa ha un passaggio cruciale nel vuoto di un Getsemani abitato dal buio, dalla paura, dall’abbandono degli amici, dall’abbassamento e dalla prostrazione. Impossibile saltare questo momento. Ma il luogo della desolazione può diventare spazio di rinascita, perché «nella penombra di un bosco da attraversare / c’è una mano che apre e prende la mia / e mi conduce a me» (Pierluigi Cappello).
La riflessione è sfociata in un esercizio di meditazione, secondo il metodo ignaziano, che ha coinvolto un pubblico ben disposto a lasciarsi accompagnare nel vuoto (di pensieri e rumori) fino ad ascoltare la voce del silenzio e connettersi con la parte più profonda di se stessi, lì dove il divino respira al battito del cuore umano, lì dove il risorto chiama per nome la Maddalena. E la accompagna a osare nuovi sentieri.
Con il terzo appuntamento è stata la volta di un approfondimento dell’esperienza di Sant’Ignazio di Loyola, guidati da p. Paolo Monaco e da Maria Grazia Prandino. Attraverso il canto, la musica e un percorso nelle creazioni artistiche di Andrea Pozzo (fratello gesuita e pittore geniale) e di Lucio Fontana, abbiamo attraversato i momenti di “vuoto” che S. Ignazio ha attraversato a partire dal famoso evento della ferita di Pamplona. Ferita che diventa feritoia, spazio di “infiltrazione” di una luce che lo avrebbe portato alla contemplazione del Dio dei viventi, nella sua più autentica incarnazione e sequela. Il messaggio della presenza di Dio nel vuoto della fragilità, nel “taglio” (visualizzato anche con stimolanti riferimenti alle opere di Lucio Fontana) che, lungi dal rappresentare elemento d’imperfezione, apre invece un affaccio sull’infinito.
Il quarto incontro, condotto da don Ferruccio Ceragioli e da Gualtiero Graglia aveva come titolo “La voce del silenzio” ed è stato dedicato al brano di 1Re 19,1-18, che descrive la crisi del profeta Elia e il suo incontro con Dio al monte Oreb. Al profeta Elia accade quello che può accadere anche a noi nel corso della nostra vita: nel cuore, in vari modi e per varie circostanze, si apre un vuoto, come un abisso spaventoso che sembra volerci inghiottire fino al punto di portarci a desiderare la morte e a rifiutare la vita. Ma anche in questi momenti Dio si prende cura di noi e ci rimette in cammino verso un nuovo incontro con Lui. Un incontro diverso dai precedenti che ci mette di fronte a una strana assenza/presenza di Dio che si manifesta in una inesplicabile e quasi impossibile voce del silenzio che ci consente di riprendere a vivere nella consapevolezza che Dio c’è ed è all’opera per il bene nostro e di tutti.
Anche in questo incontro si è proposto ai partecipanti un tempo di silenzio e poi di risonanza in cui esprimere quanto il testo biblico aveva mosso nella mente e nel cuore.
E ancora l’arte, nell’intreccio di poesia e musica, è stata la protagonista dell’incontro serale, l’ultimo della nostra rassegna, dal titolo “Passaggi a vuoto”. Umberto Bovani alla voce e Giorgio Signorile alla chitarra ci hanno accompagnati in un ascolto meditativo tra musica e parole. Così è stato possibile rileggere il vuoto, esperienza così comune al cuore umano, non come un contenitore di assenze, ma come lo schiudersi di un nuovo inizio. Sono proprio alcuni “passaggi a vuoto” che nutrono e orientano i nostri cammini, che alleggeriscono, aprendo a un continuo ricominciamento. Liberandoci dalle false certezze, il vuoto ci alleggerisce dall’illusione di soluzioni facili. Nella letteratura, nella poesia, nella musica abbiamo incontrato molte rappresentazioni del vuoto: una pausa, un tempo sospeso, una pagina bianca. Parole che cadono nel silenzio. Tutto questo ci riguarda: perché la vita ci richiama incessantemente a colmare assenze. Invece, ecco l’invito non a riempire il vuoto, ma ad attraversarlo: i passaggi a vuoto configurano una Presenza.
Qualche pennellata di una cronaca dei tre giorni della nostra partecipazione come CIS, accolti per i cinque incontri di quest’anno nella prestigiosa cornice del Circolo dei lettori a Palazzo Graneri della Roccia, nel cuore di Torino. I numerosi partecipanti hanno contribuito con i loro interventi, con le loro domande e nel “quaderno delle risonanze” – che ci accompagna fin dall’anno scorso – hanno potuto lasciare la loro tessera di mosaico: una parola, una riflessione, un ringraziamento. Desideri di vincere il vuoto dell’indifferenza e della superficialità, per farsi più “vuoti di sé” e più liberi di accogliere prospettive di vita diverse e feconde. Come chi ci ha consegnato questo messaggio: «nel vuoto ritroviamo il senso e scopriamo una presenza. Non siamo soli». Da qui riprendiamo il cammino, insieme!






