Aggiornamenti Sociali: Lombardia e Veneto, perché un referendum?
Nell’editoriale del nuovo numero l’auspicio che la consultazione del 22 ottobre rilanci il dibattito sul ruolo delle Regioni nel nostro Paese ma anche molti interrogativi legati all’indeterminatezza dei quesiti e allo scarso coinvolgimento della società civile
L’indubbia semplicità comunicativa di questo messaggio rischia però di andare a detrimento della chiarezza sul significato effettivo del voto: quale progetto di autonomia si vuole realizzare e quali sono i modi per arrivarci?»: è uno degli interrogativi che emergono nell’editoriale della rivista dei gesuiti Aggiornamenti Sociali sul referendum consultivo previsto in Lombardia e Veneto il 22 ottobre.
L’articolo, firmato dal caporedattore Giuseppe Riggio SJ, ricorda anzitutto ciò che è previsto dalla Costituzione a proposito del federalismo differenziato e, più in generale, sugli iter attraverso cui una Regione può chiedere maggiore autonomia. Iter che, di per sé, non richiede lo svolgimento di un referendum, come sta avvenendo per esempio in Emilia-Romagna. «I referendum sull’autonomia in Lombardia e Veneto non sono, quindi, richiesti ai fini dell’iter fissato dall’art. 116 Cost., ma – scrive Riggio – nella valutazione delle Giunte alla guida delle due Regioni sono stati ritenuti necessari per avere, in caso di vittoria del sì, maggior forza in sede di negoziato con lo Stato, rischiando così di far leva su una certa retorica propagandistica».
Chiarito questo aspetto, l’editoriale sottolinea la vaghezza dei quesiti e l’indeterminatezza degli esiti. «Quali risultati possiamo attenderci dai referendum consultivi? – si chiede Riggio – Quale autonomia ne risulterebbe per la Lombardia e il Veneto? Purtroppo la lettura dei quesiti referendari non fornisce molte indicazioni. (…) Allo stato attuale è difficile capire quale sia il progetto di autonomia perseguito dalle Giunte regionali. Per questo l’alternativa posta dai referendum è difficile da misurare nella sua portata concreta. Ai cittadini lombardi e veneti è chiesto, in effetti, di esprimersi se desiderano una maggiore autonomia per le loro Regioni, senza sapere su quali materie, con quale estensione di competenze e con quali risorse finanziarie verrà realizzata».
Pur riconoscendo che «i due referendum possono comunque rilanciare il dibattito sul ruolo delle Regioni nel nostro Paese in modo positivo, se si superano le chiusure ideologiche o i calcoli di convenienza politica», l’editoriale si conclude con ulteriori interrogativi sull’utilità del ricorso ai referendum consultivi, soprattutto con riferimento al mancato coinvolgimento della società civile: «Quale forza politica possono trarre le Giunte regionali da un mandato popolare così generico? Per avviare in modo autorevole le trattative con il Governo nazionale non era sufficiente il risultato delle elezioni regionali che hanno portato alla costituzione delle giunte guidate da Roberto Maroni e Luca Zaia, entrambi esponenti della Lega Nord, paladina da sempre di una maggiore autonomia?».
Sarebbe invece più opportuno – conclude l’editoriale di Aggiornamenti Sociali – un coinvolgimento dei cittadini attraverso «forme di consultazione ispirate alla democrazia deliberativa, che permettono un ascolto più attento dei bisogni dei territori coinvolti e una maggiore adesione al processo di cambiamento che si intende avviare. Altrimenti non si fa altro che accrescere la frustrazione e la disillusione dei cittadini per le aspettative riposte nel voto referendario, che rischiano di andare disattese».
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