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Archivio Gregoriana: quando i gesuiti facevano teatro

L’Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana ha inaugurato una serie di eventi che mirano a far conoscere a una più ampia cerchia di studiosi il proprio patrimonio documentale. Dopo la prima Officina con Carlo Ginzburg, si prosegue il prossimo 18 marzo con la presentazione dei risultati del processo di valorizzazione del proprio fondo teatrale, composto di oltre 100 manoscritti realizzati tra la fine del XVI e il XIX secolo.

Nonostante un certo stigma ecclesiale sul mondo dello spettacolo, il teatro dei Gesuiti raccolse l’eredità delle rappresentazioni sacre, ma anche del dramma classico, inserendosi nelle dinamiche del teatro barocco. I secoli del massimo splendore furono il XVI e il XVII, ma si mantenne vivo fino al XIX secolo. Autori, e curatori della messinscena, erano quasi sempre i docenti di retorica; a recitare erano gli allievi. Per i soggetti si attinse dall’Antico Testamento, dal martirologio, più tardi dalla storiografia greca e romana. Nucleo ideologico, con scopo edificante, era lo scontro tra il bene e il male, tanto nell’animo dell’uomo come nel mondo. 

Il 18 marzo si confrontano sui risultati della ricognizione P. Martín M. Morales S.J., Direttore dell’Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana; la Prof.ssa Mirella Saulini, Studiosa del teatro dei Gesuiti; la Dott.ssa Irene Pedretti, Responsabile del catalogo dell’Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana, che presenterà il progetto “Jesuit Drama”; Dott.ssa Serena Dominijanni, Restauratrice.

L’Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana testimonia l’attività intellettuale dei gesuiti del Collegio Romano, dalla sua fondazione nel 1551 alla soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773. Più di 5.000 codici attestano le lezioni di retorica, grammatica, filosofia e teologia, impartite nel corso di due secoli, oltre allo studio dei classici greci e latini, di astronomia, di matematica e di fisica, e delle lingue latina, ebraica, greca e araba. Insieme a questo materiale altri importanti documenti testimoniano la febbrile attività di ricerca e studio che aveva luogo nel Collegio Romano, per citare i più noti: l’imponente carteggio dell’eclettico Athanasius Kircher, la corrispondenza del matematico Cristoforo Clavio, gli oltre 150 codici utilizzati dal cardinale Sforza Pallavicino per scrivere la Istoria del Concilio di Trento, diverse opere manoscritte di san Roberto Bellarmino, il Fondo relativo ad Angelo Secchi considerato padre dell’astrofisica moderna.

Le Officine dell’Archivio Storico non si occuperanno solo di codici antichi, ma anche di fondi documentali più moderni. Tra di essi il Fondo Leiber, che raccoglie oltre tremila lettere e 10 faldoni di documenti del gesuita Robert Leiber, segretario personale di Eugenio Pacelli – futuro papa Pio XII – mentre era nunzio a Monaco e Berlino. Non meno sorprendente è il Fondo Wetter, dal nome del gesuita austriaco Gustave Wetter, studioso di filosofia marxista assurto alla fama internazionale, fondatore di un Centro studi marxisti e fondatore di una collezione tematica di 42.000 volumi.

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