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Cina. Martino Martini, il mandarino di Dio

A quattrocento anni dalla nascita (20 settembre 1614), Martino Martini, gesuita e uomo di scienze nella Cina dei Ming al tramonto, resta un riferimento per il suo stile missionario e per l’apertura culturale che fecero scoprire l’Impero di mezzo agli europei. Trento è una città che ha legato la sua storia a quella della Chiesa non solo per il Concilio del 1545-1564, ma anche per diverse figure religiose alle quali ha dato i natali. Una di esse è il gesuita Martino Martini. Per noi occidentali sarebbe impossibile pensare alla Cina senza il suo contributo. Se Matteo Ricci, infatti, fu il primo a far conoscere la cultura e le tradizioni occidentali ai cinesi, Martino Martini è unanimemente considerato colui che per primo fece conoscere la Cina agli europei. Giuseppe O. Longo, nella sua biografia su Martino Martini (Il gesuita che disegnò la Cina, Springer 2010), fa notare come quest’uomo di forte carattere e vasta dottrina, «sebbene abbia vissuto solo 47 anni, ci ha lasciato una produzione in campo storico, geografico, linguistico, filosofico e religioso davvero eccezionale, soprattutto se si tiene conto che 24 anni li spese tra l’infanzia e gli studi e 12 li passò sui mari, al confino, sequestrato dai pirati e in vari viaggi. Ne restano dunque solo una decina che passò in terra cinese”. La sua fama di scienziato e cartografo è legata alla pubblicazione del Novus Atlas Sinensis, avvenuta ad Amsterdam nel 1655. L’Atlante di Martini è un’opera eccezionale e supera tutte le precedenti illustrazioni del Celeste Impero, rimanendo ineguagliato per quasi due secoli.

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