Credere nella vita, tra le pietre rovesciate
I giovani sono arrivati il 2 aprile a Iskenderun e sono ripartiti dopo Pasqua, accompagnati da padre Francesco Cavallini SJ. Di seguito il diario della settimana santa scritto per GesuitiNews. Qui la prima parte
Giovedì Santo
Celebriamo la messa crismale la mattina nel piccolo salone del Vicariato convertito in cappella, visto che la cattedrale è crollata. Per l’occasione sono arrivati anche altri preti della diocesi. Tra diocesani, focolarini, suore, i consacrati sono una decina di persone, con l’energia e la solarità di mille, grazie anche all’essenziale apporto dei volontari della Caritas che si dedicano anima e corpo a far vivere la Chiesa di Anatolia.
La giornata prosegue con lo spacchettamento delle derrate alimentari donate dall’esercito spagnolo, suddivise per tipologia di alimento per renderle più facilmente riutilizzabili nei pacchi che la Caritas predispone.
Ed è subito sera… La prima liturgia del Triduo, per grazia, può essere celebrata nella chiesetta di San Giorgio, una delle pochissime – forse l’unica, per quanto ferita – chiesa cristiana rimasta in piedi in città. Con profonda gioia del vescovo Paolo Bizzeti SJ, le autorità l’hanno dichiarata agibile ed utilizzabile per le celebrazioni.
Tra italiano e turco, unendo le lingue della comunità locale e delle persone presenti in questi giorni in Vicariato, viviamo con pathos questa profonda antica liturgia, che ha uno dei suoi segni più forti nella lavanda dei piedi. Padre Paolo è un uomo alto, dallo sguardo profondo, di grande carisma, forza, sapienza, con una lunga esperienza e intensa passione per le comunità che gli sono affidate. Per questo colpisce ancora di più il vederlo chinato a lavare e baciare i piedi delle dodici persone scelte.
Venerdì Santo
Dopo le lodi, ci chiedono di sistemare un po’ i magazzini e di caricare una tenda della protezione civile su un furgone: la porteranno ad una famiglia sordomuta che ne ha fatto richiesta. Fa parte del villaggio di profughi afgani e uzbeki, che si trova nelle montagne di Antiochia, a circa 45 minuti da Iskenderun. Ci colpiscono le distanze che Caritas qui copre quotidianamente e ci incuriosisce questa esperienza. Così chiediamo di poterli accompagnare nella consegna e lì trascorriamo tre ore nel distribuire la tenda, ma anche cibo e beni di prima necessità a varie famiglie, imparando che in questi villaggi ci sono tantissimi bambini che ci corrono volentieri incontro e con i quali scambiamo sorrisi, giochiamo un po’ e a cui diamo un piccolo segno di vicinanza. Il loro già affaticato villaggio, con il terremoto, è decisamente imploso su se stesso: ci vorranno tante energie per rimetterlo in piedi, ma queste persone hanno gli occhi sereni e, inspiegabilmente per noi, trasmettono pace.
Vivono nella più totale povertà, eppure…
È Venerdì di digiuno…e visti i tempi stretti, lo facciamo davvero! Una pagnotta calda e profumata, comprata nel villaggio, è stata il nostro pranzo condiviso: un gusto molto particolare…sa di buono.
Al nostro ritorno in Vicariato ci attende la Via Crucis che alcuni di noi hanno preparato. Un momento intenso e partecipato, grazie all’apporto dei sacerdoti, delle suore di clausura che abitano qui, delle persone della Caritas e dei volontari italiani. Ancora una volta è la comunità che emerge, e la comunione intorno al Signore, il desiderio di vivere insieme con intensità questi giorni pasquali. Si svolge all’interno delle mura del Vicariato, ma in qualche modo raccoglie il mondo: le stazioni si snodano tra la cattedrale crollata, la statua alla Vergine Salus Popoli voluta da monsignor Bizzeti quando due anni fa è sopravvissuto a un difficile Covid-19, le tende della protezione civile che accolgono gli sfollati e i luoghi di Caritas Anatolia, per arrivare nel salone cappella.
Nel frattempo alla porta suonano e vengono accolti con calore e cura varie persone, che arrivano da vari luoghi d’Europa. Bussano per chiedere se serve una mano o fanno qualche giorno di sosta qui prima di proseguire per Antiochia. Alcune attese, altre no, ma l’accoglienza è la medesima per tutti: un sorriso, un benvenuto, un luogo in cui dormire e pasti preparati con amore da condividere con gli altri che si trovano in questo luogo di Vita.
Tra splendidi momenti di convivialità e condivisione, favoriti dalla preghiera comune e dal lavoro insieme, arriviamo alla liturgia del venerdì sera. Anche oggi si svolge nella chiesa di San Giorgio. Piano piano la comunità arriva, i tre sacerdoti entrano e si prostrano a lungo davanti all’altare. La comunità fa sentire la sua presenza cantando con forza, anche se non sempre è intonatissima…ma il desiderio di partecipare, di donare il proprio apporto alla liturgia va ben oltre la timidezza per la propria voce. Sono pochi i cattolici latini qui, ma la loro fede si sente forte.
Sabato Santo
La giornata si apre con le lodi. Durante la liturgia il Vescovo sottolinea quanto sia un giorno importante in sé e non solo un giorno di preparativi per la Pasqua, così ci invita a prendere del tempo e a vivere comunque un momento di servizio, “che dà concretezza alla preghiera”.
Così ci tuffiamo tra le macerie della cattedrale e ne riemergiamo con i mobili che possono essere salvati, diamo loro una bella pulita. Avremmo bisogno di una intensa doccia. Li riponiamo in alcuni locali agibili della struttura. Nel pomeriggio iniziamo a pensare alla Veglia di tutte le veglie e a come renderla più bella per una comunità che ha sofferto tanto e ha più bisogno del solito di sentirsi accompagnata e amata. Così, tra volontari e suore, puliamo il giardinetto di San Giorgio, procuriamo e preparariamo dei bei fiori, recuperiamo un piedistallo stabile per il cero pasquale, recuperiamo l’occorrente per il braciere del nuovo fuoco e scegliamo i canti per la liturgia, definiamo chi legge… Un po’ italiani e un po’ turchi, con una suora argentina che ha fatto da collante tra questi due mondi! Davvero una grazia speciale poter sentire sulla propria pelle e respirare a pieni polmoni una Chiesa così!
Cena e poi via alle prove canti… La messa deve essere bella, queste persone hanno vissuto la morte e tremano ancora di paura. Ma stasera la celebrazione parla della Risurrezione e deve trasmettere festa!
Noi siamo quasi pronti, la gente inizia piano piano ad arrivare…siamo di più delle sere precedenti, le persone hanno il sorriso sul volto e un po’ di tristezza negli occhi, ma sembrano felici di esserci.
Mons. Bizzeti, con il preziosissimo aiuto di p. Antuan SJ che traduce in turco, nell’omelia parte dal terremoto, di cui si parla nel Vangelo di Matteo, ricollegandolo al sisma che le persone hanno vissuto qui otto settimane fa e di cui hanno ancora tanta paura. Invita ad avere fede e speranza in Colui che il Padre ha risorto, a guardare avanti, a credere alla vita, che anche qui pian piano sta rinascendo.
È Pasqua!
Pasqua
Si decide di celebrare, per grazia di Dio e concessione delle autorità civili, nel luogo più simbolico del terremoto che c’è stato, ad Antiochia, in quello che è il luogo di più antica tradizione cristiana in zona, la chiesa di San Pietro, quella che si ritiene essere stata la prima Cattedra di Pietro. Per questo mons. Bizzeti ha aperto la celebrazione ricordando ancora le parole del Vangelo: “L’Angelo del Signore, cioè il Signore, è sopra il terremoto ed è molto significativo per noi essere qui oggi a celebrare la Pasqua di Risurrezione, a celebrare per i vivi e per i morti”. Un’occasione resa ancora più significativa dalla presenza di un sacerdote armeno, che ha concelebrato l’eucarestia.
Una grande grazia per ciascuno di noi aver potuto condividere una Settimana Santa così speciale, con l’auspicio di portare con noi la gioia di Cristo, che qui abbiamo incontrato ed esserne testimoni con chi ci incontra.
Ai nostri fratelli turchi, cristiani, musulmani, non credenti, l’augurio di tornare a vivere presto in pienezza, come già stanno facendo.