Forum di Etica a Palermo: un patto, dal basso, per cambiare
Impegnarsi concretamente per sognare un cambiamento culturale dal basso, una società generativa e un orizzonte mediterraneo. Sono i tre punti fondamentali del patto civile emerso dal IV Forum di Etica Civile, svoltosi al Gonzaga Campus dei gesuiti. Il documento è nato dalla partecipazione di 250 persone e 16 associazioni riunite in quattro tavoli tematici su: Ripensare la politica, Mediterraneo luogo di incontro tra culture, Dialogo tra generazioni e Pace in terra e pace fra gli uomini.
Rideclinare la democrazia
Nel patto l’impegno di tutti è quello di rideclinare i fondamenti della democrazia nel contesto odierno superando i rischi dell’autocrazia; ripensare quindi l’idea di politica affinché sia autenticamente orientata alla cura dell’altro, del più fragile, del diverso; rafforzarla con processi partecipativi per affrontare le sfide delle società complesse e tecnologicamente avanzate in cui viviamo; scommettere su una politica fatta da persone credibili, aperte al confronto e all’ascolto, preparate e coraggiose nelle scelte, in modo da favorire il coinvolgimento e la partecipazione di cittadini e cittadine; promuovere un’educazione alla cittadinanza attiva, in una concreta collaborazione tra scuola, famiglia e territorio, anche valorizzando l’insegnamento di educazione civica ed ogni strumento a disposizione, per aiutare docenti e studenti a riflettere e confrontarsi insieme; integrando, cioè, lo sviluppo di competenze, con la formazione di un sapere e di una coscienza civica di respiro europeo. Occorrerà pure rileggere la storia dalla prospettiva degli altri popoli, favorendo le occasioni di conoscenza reciproca ed elaborazione culturale comune fra i giovani che abitano il Mediterraneo. Sostenere le iniziative della società civile che sensibilizzano alle problematiche ambientali e alla crisi climatica, nella consapevolezza che esistono valori costituzionali (lavoro e salute in primo luogo) che vanno contemperati, e che in riferimento a tali temi specifici si costruisce credibilità sul campo, mediante azioni concrete e coraggiose. Promuovere processi di educazione etica alla cura della persona; richiamare l’impegno per un’Europa unita anche in orizzonte mediterraneo; approfondire il tema della digitalizzazione dei processi democratici senza svuotare il senso della partecipazione e della responsabilità; creare spazi etici come luogo di incontro e confronto tra culture diverse uscendo dalle proprie realtà autoreferenziali; riattualizzare gli istituti di partecipazione popolare; formarci ad una leadership diffusa, che riconosca i talenti di ciascuno e faciliti processi generativi di bene per tutti nelle comunità; sensibilizzare a politiche di disarmo.
Morandini: nelle città, pienamente umani
«Sono trascorsi dieci anni dal primo Forum del 2013 e, adesso, siamo ben lieti di essere arrivati a Palermo», ha affermato Simone Morandini, coordinatore del Forum di Etica Civile. «Dentro le città dobbiamo diventare pienamente umani. Questa è una sfida non banale ma da portare avanti per pensare ai diritti di tutti. Il Forum vuole essere una mobilitazione di contenuti etici che è fondamentale per illuminare i nostri ambiti di vita e per camminare, sempre di più, verso orizzonti di senso. La sfida è oggi quella di pensare la città in una prospettiva di autentica abitabilità ed accoglienza. Le nostre città portano tante ambivalenze e forti contraddizioni, declinate tra bene e male, tra conflitti e bellezza. È possibile, allora, continuare a sognare? Dobbiamo provarci se ci impegniamo per una etica civile. Proviamo a fare crescere un noi che ci allontani dall’io e dal tu. Due sono oggi gli ingredienti per proiettarci in avanti. Il primo è il coraggio di essere controcorrente, sentendosi parte e prendendo parte piena nella società. Il secondo è il pensiero di speranza che è legato alla capacità di dare inizio al nuovo».
La parola ai giovani
Significativa è stata la sessione dedicata alle esperienze dei giovani. Alessandro Galassi (documentarista e filmmaker) ha intervistato Allegra Tonnarini della FUCI, Marzio Chirico di Fridays For Future, Veronica Atitsogbe (consigliera comunale di Verona e fondatrice dell’associazione Afroveronesii) e Alessandro Chines di Politeia Palermo. «La pluralità di persone e di realtà, impegnate a vario livello, deve convivere pienamente con il nostro tempo», ha detto Veronica Atitsogbe consigliera comunale afroveronese. «Oltre a quello politico, credo che sia veramente importante creare e valorizzare altri spazi sociali perchè non basta più solo lo spazio istituzionale. Pertanto, nuovi spazi sono necessari per attivare nuove forme di partecipazione sociale. C’è ancora, però, la difficoltà di fare emergere queste voci nuove perché il sistema è ancora chiuso. La sfida è quella di aprirsi se si vuole portare un novo modo di fare politica. Bisogna costruire la politica dal basso, avendo il coraggio di uscire dalla bolla, fatta sempre dalle solite facce. Io sono nata dalle piazze e proprio per questo credo nell’attivismo sociale che dà degli input per affrontare alcune tematiche. Dopo questa prima fase, bisogna creare altre modalità di interlocuzione con la politica. La mia è stata una esperienza che è nata come una sfida per parlare alle nuove generazioni. Sono partita dalla cultura; nelle scuole è bello trovare tra i più giovani consapevolezza e responsabilità. Quando sono diventata consigliera, ricordo che non c’era neanche un ufficio delle politiche giovanili. Siamo dovuti partire da zero. Si può fare ancora tanto perché la partecipazione dei giovani non è banale e scontata. Il primo anno mi sono messa in ascolto dei quartieri per capire come rispondere ai bisogni. Attualmente, stiamo mappando gli spazi sociali».
Nell’Università
«In tutto quello che facciamo, l’attenzione deve essere posta sulla prospettiva che caratterizza il nostro impegno sia nell’attivismo sociale che nella politica», ha continuato Allegra Tonnarini. «Nella storia della Fuci, per esempio, la scelta è stata quella di non isolarsi ma di stare dentro l’università pubblica rivolgendosi a tutta la società. La sfida è oggi quella di recuperare la generosità del pensiero politico. Per fare questo si deve proporre una visione che riesca ad includere più realtà possibili. Ci deve essere un impegno comune che diventi sforzo di pensare al di fuori di sé, in un’ottica sociale per gli altri. Bisogna riflettere molto sulla portata della qualità politica e culturale».
Nel territorio
«Il nostro è nato come un movimento globale che poi si radicato anche nel territorio», ha affermato Marzio Chirico. «L’impegno di fondo è quello di attraversare gli spazi per lasciarsi contaminare e capire come agire. Da sempre, cerchiamo di dare una visione diversa e di fare pressione alla politica. Sappiamo che non possiamo più aspettare se vogliamo contribuire a migliorare il mondo a partire dall’ambiente. Uno strumento importante sono le assemblee cittadine di quartiere e la formazione nelle scuole. Il tema della transazione ecologica deve diventare una lotta sul territorio che deve impattare sul modello economico. Per raggiungere gli obiettivi occorre, sui grandi temi, superare le divisioni e fare proposte concrete».
Nel carcere
«Ascoltare e comunicare è alla base del nostro impegno nelle scuole che stiamo iniziando anche dentro il carcere Pagliarelli. Cerchiamo di parlare di politica e di diritto di voto, valorizzando l’opinione della persona», ha detto Alessandro Chines. «L’impegno forte è quello di creare e fare crescere una maggiore coscienza critica. Oggi, purtroppo, il problema reale è anche quello di votare con le liste bloccate. La conseguenza, poco democratica, è che il candidato politico cercherà sempre meno il popolo ma molto di più l’interno del partito per la captatio benevolenzae. L’unica strada possibile è, comunque, quella di impegnarsi affinchè i giovani possano avere la consapevolezza di cambiare il sistema che oggi è basato principalmente sugli interessi economici e non delle persone».
In politica
Lo spazio sulla riflessione politica è stato affidato a Debora Spini, docente di filosofia politica e sociale della New York University in Florence. «La politica è l’arte di vivere insieme tra diversi. La politica è un tipo di azione che non può prescindere dalla responsabilità. Oggi ci troviamo con quello che è un revival dello Stato nazione. Sulla scena della politica internazionale, stiamo assistendo a conflitti che sembrano un chiaro ritorno al passato. Dobbiamo, purtroppo, fare i conti con una internazionale conservatrice i cui tentacoli si estendono al di là dei singoli confini politici. L’Internazionale conservatrice unisce tanti elementi diversi. A questo si collega il coraggio di tirare fuori quella brutta parola che è il capitalismo che ha scardinato dal fondo le geografie sociali. La forma di governo a cui assistiamo è la democratura una realtà ibrida tra democrazia e dittatura. Le sfide, allora, sono tante e devono essere tutte profondamente interconnesse: c’è la questione della sostenibilità, della giustizia e delle trasformazioni del capitalismo. Le distinzioni politiche destra e sinistra appaiono meno in grado di rendere conto delle tensioni emergenti. Nonostante tutto, c’è una grande fioritura ed effervescenza di impegno e di partecipazione sociale che, però, non riuscendo a ritrovare più il canale per farsi progetto politico, viene vissuta come forma di antipolitica. Che fare? Certamente, non dobbiamo perdere il pensiero critico che ci spinge a lavorare insieme. Per questo occorre rimettere al centro il lavoro politico come vocazione ridandogli anche tutta la sua valenza spirituale. La scommessa è pure quella di trasformare la comune vulnerabilità in un terreno su cui costruire una solidarietà dettata dall’impegno di persone capaci di avere empatia».
Tra le nazioni e le culture
Per la sessione internazionale su “Un dialogo mediterraneo” per “La città e la terra” è intervenuto Grammenos Mastrojeni (vice segretario generale Unione per il Mediterraneo) e su “Pace, tra fedi e culture” Sihem Djebbi (docente di Scienze politiche all’Università di Parigi XIII-Sorbonne). «L’agire etico è quello di chi sceglie oggi una qualità della vita migliore che sia proiettata verso il bene degli altri. C’è un legame profondo tra ambiente e giustizia. Se si ricostruisce la giustizia si possono gettare le basi per avere la pace nel Mediterraneo. Le acque del Mediterraneo si stanno riscaldando in maniera preoccupante. 250 milioni di persone saranno in scarsità idrica entro 10 anni. Lo stato dei fatti ci fa rischiare di perdere il controllo. Come possiamo affrontare tutto ciò? Non c’è soltanto il problema del Mediterraneo dove non abbiamo i migranti climatici ma una mobilità umana che si muove per la sopravvivenza. Dobbiamo cercare, però, di ampliare il paniere delle soluzioni. Il ruolo della tecnologia non è solo ultimo pc ma è soprattutto un saper fare insieme. Stiamo scoprendo che abbiamo bisogno di mettere insieme quello che abbiamo. Per fare questo abbiamo bisogno di superare tutte le asimmetrie. Se ci si impegna per creare un mare di giustizia si eliminano un mare di conflitti. Sostenibilità è calcolare quello che si fa oltre il proprio settore; il pensiero di fondo è non fare agli altri quello che non vuoi venga fatto a te stesso. Abbiamo una finestra strettissima che è l’opportunità di adottare un piano di rinnovamento dell’Italia che ci viene offerto con il Pnrr. Dobbiamo partire da quest0 se vogliamo puntare ad una vera conversione sostenibile».
Nel Mediterraneo
«Dobbiamo imparare a pensare meglio il nostro passato storico condiviso», ha detto Sihem Djebbi. «Oggi, abbiamo un clima molto ansiogeno che si è sviluppato facendo crescere solo la paura, in questi ultimi trent’anni. Tutto questo non consente di pensare in senso critico. Proviamo a pensare il mondo all’interno di una riflessione ampia sul Mediterraneo. Spesso le narrazioni e i discorsi politici non rispecchiano la realtà dei fatti. Bisogna capire che siamo davanti ad identità multiple ed evolutive di popoli e culture. Il problema è che ognuno costruisce i suoi muri mentali. Esiste una estrema destra sovranista che toglie oggi il dibattito e la capacità di capire i problemi in maniera critica ed empirica. Nessuno parla del multiculturalismo concreto di alcuni paesi e delle diverse trasformazioni. La tendenza è quella di fare leggere solo le problematiche. La chiave di lettura non è quella spesso reale ma solo frutto di politiche che strumentalizzano la realtà. Le rivolte vanno spiegate per essere comprese in profondità. Lo sforzo deve essere quello di guardare all’armonia e alla pace che sono dimensioni olistiche. I media non sono interessati a fare emergere il dialogo – penso alla Carovana della pace – ma solo la parte dei conflitti, della guerra e dello scontro di civiltà. Ricordiamoci che Gesù per i cristiani è amore e Dio per i musulmani è misericordia. Dobbiamo cercare di vivere nell’armonia come un unico popolo unito».
Serena Termini
Il Coordinamento del Forum di Etica Civile è composto da: Azione Cattolica Italiana, Aggiornamenti Sociali, Centro Bruno Longo, Centro Internazionale studenti Giorgio La Pira, Cercasi un fine, FOCSIV, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Lanza, FUCI, Incontri, Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe, Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, Movimento Eucaristico Giovanile, Opera per la Gioventù Giorgio La Pira, Sapereambiente. Gonzaga Campus.