Francesco e Giacomo, due gesuiti alla Settimana Sociale
Padre Francesco Occhetta e padre Giacomo Costa hanno partecipato alle 48ma settimana sociale dei cattolici italiani a Cagliari, dal 26 al 29 ottobre. Chiediamo un loro contributo per capire come sta andando avanti il cammino della Chiesa italiana a partire dalla rinnovata attenzione al lavoro
Padre Francesco Occhetta
Assistente dell’Ucsi, scrittore de La Civiltà cattolica, attento alla formazione dei giovani alla politica e membro del Comitato scientifico delle Settimane Sociali, padre Francesco dal tuo osservatorio quali sono le analisi e le proposte più interessanti dell’incontro di Cagliari?
“Un nuovo metodo. Antico per la nostra tradizione, ma dimenticato. Una Chiesa che ha ritrovato la sua “fede laica” con le sue risorse e competenze al servizio di tutta la società italiana. Il cattolicesimo democratico potrebbe ritornare a dare frutti! Non credevo si potesse fare insieme, in comunione, una esperienza così bella di popolo”.
Cosa speri in prospettiva possa uscire da questo appuntamento?
“Far germogliare i semi che abbiamo selezionato. Questi vanno piantati e irrigati nei territori per farli diventare cultura nel Paese per creare lavoro. Con un però: come Chiesa in Italia occorre rimanere uniti per essere “lievito sociale” in dialogo con la politica e le aziende. Si è aperta una nuova stagione dal basso in cui ciascuno può portare il proprio mattone per la costruzione di una grande casa del lavoro comune. Perché al centro della preoccupazione della Chiesa c’è il lavoro degno per tutti”.
Rinnovate nella narrativa e nel metodo le Settimane sociali sono anche un segno della Chiesa italiana che cambia?
“ Ma certo! È già cambiata. I delegati sono ripartiti pronti per lavorare. Le foreste che crescono non fanno rumore ma con le buone pratiche di lavoro abbiamo narrato che è possibile ripartire. Alla politica dobbiamo rivolgerci con molta competenza. L’overdose dei principi deve trovare coerenza con proposte concrete. Infine dobbiamo continuare a costruire un lavoro che parta dai territori e avere come scopo la costruzione dell’Europa. Il ministro Poletti ce lo ha ricordato con una battuta: “come vi ho ascoltato io, andate anche voi da tutti i vostri sindaci per fare partire nuovi processi. Vedrete che le cose cambieranno”.
Come la Compagnia della Provincia Euromediterranea è coinvolta da questo appuntamento? o in che misura i temi trattati risuonano nelle riflessioni e nelle esperienze che la Compagnia sta portando avanti?
“È coinvolta a vari livelli. La facoltà di Cagliari ha pubblicato un ottimo volume sul tema. Io sono nel Comitato scientifico, la rivista Aggiornamenti ha seguito il tema ecc.
Il contributo della Compagnia è anzitutto spirituale e poi culturale. Per continuare a insegnare l’arte del discernimento nel complesso mondo del lavoro. Ma anche nell’elaborazione culturale attraverso le nostre riviste, centri studio e facoltà. Il tema del lavoro ci aiuta a coniugare fede e giustizia”.
Padre Giacomo Costa
“Il lavoro che vogliamo: ‘Libero, creativo, partecipativo e solidale’”: lo slogan della 48ma settimana sociale dei cattolici italiani è stato il filo rosso che ha accompagnato la riflessione di Aggiornamenti Sociali durante questo anno. Padre Giacomo Costa, direttore della rivista, ha partecipato alle giornate di Cagliari.
“È da un anno che dedichiamo un’attenzione particolare alle questioni del lavoro su Aggiornamenti Sociali proprio per ampliare la riflessione e collegarla all’esperienza. Ci è sembrato importante partecipare fin dall’inizio e contribuire a un movimento che sta crescendo. E una delle cose belle di questi giorni è stata proprio vedere i volti e gli stili diversi della Chiesa di mettersi insieme e dialogare, in uno stile sinodale. Certo, abbiamo ancora tutti tanto da imparare, ma gli organizzatori sono riusciti a uscire da una modalità di convegno formale, utilizzando registri e linguaggi diversi, e soprattutto un metodo che ha cercato di valorizzare, per quanto possibile, il contributo dei quasi mille partecipanti presenti, in modo da delineare insieme i passi da fare. Stiamo capendo che è importante non tanto mettere la nostra bandierina come chiesa su un tema per spiegare al resto della società “che cosa si dovrebbe fare”, ma che abbiamo la responsabilità di suscitare un movimento a livello di forze belle dell’Italia per poter costruire una modalità adatta ai nostri giorni di sviluppare il sistema lavorativo, pensando soprattutto per i giovani”.
Qual è stata la novità più interessante di questo metodo?
Abbiamo cominciato ascoltando effettivamente il grido di tanti lavoratori, tra cui quella profondamente commovente del marito di una vittima del capolarato, ma anche la bellezza dell’impegno di tante persone che silenziosamente cercano di costruire ambienti di lavoro degno e sensato. È quello che si è fatto in questi mesi di preparazione con i Cercatori di lavOro, che hanno raccolto esperienze dentro e fuori i perimetri della Chiesa, andando a scoprire imprese, cooperative, associazioni, amministrazioni locali che valorizzano le persone per quello che sono. Abbiamo visto progetti che hanno capito che l’attenzione alla sensibilità ambientale e sociale è imprescindibile; costruite su relazioni di fiducia, in cui i lavoratori partecipano alla vita dell’azienda; in grado di lavorare in rete con altre componenti della società; che valorizzano chi di solito viene messo ai margini. Ascoltando queste esperienze si riescono a immaginare concreti passi avanti dal punto di vista della legislazione e dei nostri stili di vita. Voglio anche ricordare come tutto questo richieda soprattutto solidarietà tra generazioni e quindi mettere a disposizione i nostri beni perché molti, e in particolare i giovani, possano mettere a frutto le loro capacità innovative. Lo ha ricordato con molta chiarezza il professore Mauro Magatti
Questo aiuta a creare un paese diverso, in cui la solidarietà permette di raggiungere ancora meglio quel benessere che si vorrebbe ottenere chiudendosi nelle proprie sicurezze: fare spazio ai migranti, dare sostegno ai giovani, con modalità di lavoro sempre più umano, mettendo insieme tempo libero e lavoro soprattutto nella cura. Quante donne si prendono cura dei genitori anziani e in contemporanea dei figli e questo lavoro non viene riconosciuto dalla società?
Siamo poi di fronte a cambiamenti tecnologici molto forti che vengono sintetizzati con il termine “industria 4.0”. Come Chiesa siamo ancora lontano dall’aver intuito come in pochissimo tempo cambierà il mondo del lavoro. Non sono cambiamenti da subire o demonizzare, ma da umanizzare. Il che vuol dire capire come nelle nuove modalità di lavoro ci sia uno spazio per riconoscere le dimensioni umane, come la cura, che in ogni caso non sarà sostituibile attraverso cambiamenti tecnologici”.
Quanto ha influito Francesco su questa svolta?
“Lo stile è quello che ha lanciato al congresso di Firenze, quando ha detto alla Chiesa italiana che non dava compiti, che non voleva dirci lui “che cosa fare”, ma chiedeva a noi di affrontare la realtà del nostro Paese nel solco dell’Evangelii Gaudium. “Spetta a voi decidere, popolo e pastori insieme” ci aveva detto. Il cammino è ancora in salita, ma sento importante che anche noi gesuiti possiamo contribuire. Abbiamo molto da offrire, in particolare modo nel modo in cui portare avanti un discernimento che articoli competenze e ascolto dello Spirito. E abbiamo anche noi tanto da imparare nel cammino della collaborazione!”
Per la Chiesa in Italia qual è il ponte tra questo appuntamento e il prossimo sinodo dei giovani?
“La domanda centrale del Sinodo è come accompagniamo i giovani ad affrontare le scelte cruciali della loro vita e a scoprire che è veramente una bellezza da cogliere, un dono, e non annegare nella difficoltà del mondo di oggi. Il Sinodo così mette in discussione prima di tutto la Chiesa nella sua capacità di accompagnare i più giovani, nessuno escluso. Senza dubbi, la scelta del lavoro e dell’orientamento — o, nei nostri termini, il discernimento — del proprio percorso professionale sono punti essenziali attraverso i quali la Chiesa può essere d’aiuto. Da Cagliari sono arrivate proposte interessanti anche nel modo di ripensare l’azione della pastorale giovanile, la vita di oratori e di comunità ecclesiali, mettendo a tema l’accompagnamento a entrare nel mondo del lavoro e la trasmissione di esperienze, di competenze, di fiducia tra generazioni. Tutto questo richiede il coraggio di investire seriamente sui giovani”.