Francesco: “I pettegolezzi mi addolorano, ma non mi tolgono la pace”
La Civiltà Cattolica pubblica le risposte di papa Francesco alle domande dei suoi confratelli gesuiti, nei due colloqui avvenuti nell’ultimo viaggio apostolico in Cile e Perù
(Sir) “Questo del pontificato è un periodo piuttosto tranquillo…le cose che non mi tolgono la pace, ma sì mi addolorano, sono i pettegolezzi”. Papa Francesco ha risposto così alle domande dei suoi confratelli gesuiti, nei due colloqui avvenuti nell’ultimo viaggio apostolico in Cile e Perù, che il direttore de “La Civiltà Cattolica”, p. Antonio Spadaro, è stato autorizzato a ripubblicare integralmente nel quaderno 4024 della rivista.
“Davanti alla difficoltà” il Papa non parla mai di “resistenza”, perché “significherebbe rinunciare a discernere”. La prima “resistenza” che egli nota è quella al Concilio Vaticano II. Il Papa però “per salute mentale” non legge “i siti internet di questa cosiddetta resistenza”. E conclude: “È un dispiacere, ma bisogna andare avanti. Gli storici dicono che ci vuole un secolo prima che un Concilio metta radici. Siamo a metà strada”.
In ogni caso, Francesco cerca “di dialogare, quando il dialogo è possibile; ma alcune resistenze vengono da persone che credono di possedere la vera dottrina”. D’altra parte, “il fatto che nascano resistenze è un buon segno. Altrimenti il demonio non si affannerebbe”. A proposito del Concilio – che il Pontefice invita a “riprendere in mano”, in particolare Lumen gentium – Papa Francesco è tornato a parlare del clericalismo, “cioè il non rendersi conto che la Chiesa è tutto il santo popolo fedele di Dio, che è infallibile in credendo, tutti insieme” e che “porta avanti la Chiesa”.
In America latina, in particolare, il Papa ha invitato a osservare che “il popolo è stato creativo nella pietà popolare”, quando “ai chierici non interessava, e allora lasciavano fare. E il popolo andava avanti”. Il Papa invita dunque a “deprincipare”, ad abbandonare “quell’atteggiamento principesco” che resiste in alcuni, e a stare vicini alla gente. Rispondendo a una domanda sulle riforme necessarie alla Chiesa, Papa Francesco ha ribadito che la cosa di cui la Chiesa oggi ha più bisogno “è il discernimento”, mentre “qualcuno riduce tutto il risultato di due Sinodi” ancora al “si può o non si può”. Per il Papa si tratta di “una forma mentis” che è “basata sul limite”, e di cui tutta la Chiesa ancora porta le conseguenze. Di qui il rinnovato appello alla Compagnia di Gesù a “insegnare con umiltà a discernere”, perché “a noi il Signore ha dato questa grazia di famiglia”.
Facendo riferimento ad alcuni processi di pacificazione in corso in America Latina, il Papa ha affermato che in talune circostanze la parola riconciliazione è stata manipolata, diventando “una parola di cartone”, usata per trattare sottobanco anche per interessi personali. Il Papa invita in questi casi a non usare quella parola ma anche a “continuare a lavorare”, cercando di riconciliare nel concreto le persone.
Altro tema al centro dei colloqui gli abusi sessuali: “sono la “desolazione più grande che la Chiesa sta subendo”, che “ci spinge alla vergogna”, una vergogna che è anche “una grazia”. Francesco invita a non indulgere ai “premi di consolazione” che vengono dalle statistiche: “È terribile anche se fosse uno soltanto di questi nostri fratelli!”.
Il Papa ha poi ricordato che di venerdì incontra abitualmente alcune persone abusate: “Restano annientati!”; e ha sottolineato anche il fatto che vi siano “varie congregazioni, relativamente nuove, i cui fondatori sono caduti in questi abusi”, che l’abuso “è sempre frutto di una mentalità legata al potere”, e che “ci sono tre livelli di abuso che vanno insieme: abuso di autorità, abuso sessuale, e pasticci economici”. E – ha affermato – “il diavolo entra dal portafoglio”.