Un ritratto di Gaston Fessard, profeta e pensatore
Riportiamo l’articolo dell’Osservatore Romano del 17 giugno dedicato al gesuita Gaston Fessard a quarant’anni dalla morte
(Osservatore Romano) di Frédéric Louzeau
Nel mese di ottobre 2017 è apparso uno studio molto importante che ripercorre la formazione intellettuale di papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale (Milano, Jaca Book, pagine 300, euro 20). La prima e più significativa scoperta del suo autore, il filosofo Massimo Borghesi, proviene da una inattesa confidenza del papa stesso, il quale rivelava che all’origine del suo pensiero c’era la reiterata lettura di una grande opera di padre Gaston Fessard (1897-1978): lo scrittore «che ha avuto un grande influsso su di me è stato Gaston Fessard. Io ho letto parecchie volte La Dialectique des Exercices spirituels de Saint Ignace de Loyola e altre cose di lui. Lì ha dato a me tanti elementi che si sono poi mischiati» dice il papa a Borghesi.
Quarant’anni dopo la sua morte, il 18 giugno 1978, il nome di Fessard resta sconosciuto e il suo pensiero troppo poco compreso e studiato. Eppure è stato uno dei più grandi filosofi e teologi del XX secolo, lasciando un’opera oceanica, il cui valore e la cui vastità ancora oggi sono appena immaginabili, e uno degli intellettuali più coraggiosi nel rendere testimonianza a Cristo nella drammatica attualità del Novecento.
Chi era quest’uomo e perché il suo pensiero è così importante? Tre parole potrebbero caratterizzarlo: fu un profeta, un pensatore di primissimo piano, un santo.
Un profeta innanzitutto, nel senso biblico del termine, secondo il quale un uomo di Dio è costituito guardiano per designare la lotta spirituale di una generazione. Fu una delle rarissime menti a percepire, fin dagli anni trenta, una vera “guerra degli dei” tra il liberalismo, il comunismo e il nazismo, e a identificare l’esatto parallelismo e la comune disumanità delle due ideologie totalitarie. Come i profeti d’Israele, che gridano nel deserto, un simile discernimento gli valse sofferenze di ogni tipo, persino all’interno della Chiesa, che lui scelse di sopportare con pazienza e abnegazione per il bene del Corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr. Colossesi 1, 24).
Fu anche un pensatore di primissimo piano. La sua lucidità profetica era accompagnata da un metodo di riflessione, di discernimento e di decisione. Gesuita dall’età di sedici anni, trovò la propria ispirazione negli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, il cui fine è di scoprire in ogni circostanza la volontà di Dio per unirvi la propria. Ma Fessard fece presto una scoperta decisiva: all’inizio concepito per scegliere uno stato di vita nella Chiesa, il metodo ignaziano si poteva estendere a ogni decisione che la libertà vuole prendere nella storia. Compie allora uno sforzo speculativo senza eguali, di cui sono testimonianza i tre tomi di La dialectique des Exercices spirituels de saint Ignace de Loyola (1956, 1966, 1984), e Le Mystère de la Societé (1948, 1996) per applicarlo alla risoluzione dei problemi dell’attualità. Per farlo non esita ad adottare la problematica e i metodi dei grandi pensatori moderni, compresi gli avversari del cristianesimo. Sapeva in effetti di doversi confrontare con le loro stesse questioni, le voleva ripensare nella loro verità e apportarvi le soluzioni della fede cristiana. Fece con Hegel, Marx e Kierkegaard quello che san Tommaso operò al suo tempo con Aristotele, Averroè e Avicenna.
La cosa più straordinaria è che in quel gesto, contrariamente alla maggior parte degli intellettuali, inclusi i teologi, non cedette un solo istante al fascino mortale dei pensieri che esplorava.
Chi se non un santo poteva svolgere un simile lavoro? Al termine della sua vita, il suo più vecchio e fedele amico, il cardinale Henri de Lubac (1896-1991), paragonò la sua intelligenza della fede a quella dei santi Agostino, Anselmo, Tommaso d’Aquino e del beato John Henry Newman. Lungi dall’optare per un atteggiamento solamente difensivo, tanto comodo quanto inefficace, padre Fessard si è in qualche modo messo alla scuola dei protagonisti del dramma per discernerne la parte di verità e rinnovare l’intelligenza del mistero di Cristo, in una fedeltà incrollabile alla testimonianza della Scrittura, come pure agli insegnamenti della tradizione e del magistero. Non è certo irrilevante il fatto che pensatori che non condividevano la fede cristiana abbiano percepito meglio non solo il valore del suo pensiero, ma anche la sua santità, come testimoniarono Raymond Aron, Jeanne Hersch o Stanley Rosen.
Il gesuita Michel Sales (1939-2016), suo discepolo e amico, si convinse che un nuovo sant’Ignazio di Loyola era stato donato alla Chiesa e all’umanità, affinché affrontassero insieme e degnamente le sfide del tempo presente. E queste non mancano, a cominciare dal disorientamento generale dei popoli europei, il disfacimento dell’ordine internazionale e la crisi socio-ambientale planetaria.
In un momento in cui l’umanità deve rigenerare la sua dotazione intellettuale e affettiva per affrontare il nuovo stato del mondo, questo pensiero oggi sconosciuto e senza eguali potrebbe essere di grandissimo aiuto. Quanti cercano di discernere la loro situazione storica e vogliono svolgervi un ruolo per la pace, ci guadagnerebbero a farlo.
Nuove opportunità si stanno aprendo. Innanzitutto in questi giorni usciranno due opere dello scomparso Michel Sales sul pensiero del suo maestro e su un punto nevralgico del suo metodo, la dialettica paolina del pagano e dell’ebreo. Inoltre, il 18 giugno si tiene a Parigi il primo convegno internazionale sul tema.
Alla domanda «Che cosa significa per un gesuita essere papa?», Francesco ha risposto che è dal discernimento ignaziano che ha tratto più luce per l’esercizio del governo. Meglio ancora, questo discernimento papa Francesco lo mette in atto non solo all’interno della Chiesa, in particolare per la riforma della Curia romana, ma anche a favore di tutta l’umanità, in un momento della sua storia in cui, dovendo affrontare sfide di portata mondiale, ne ha più bisogno.
Lo sforzo di Fessard per universalizzare il metodo ignaziano aiuterebbe a esplicitare i fondamenti teologici e filosofici non solo dei testi di papa Francesco, ma anche e soprattutto della conversione missionaria e pastorale della Chiesa di cui oggi parlano tutti.