“Grazie per avermi insegnato ad Amare”
Preparando l’altare della reposizione, la memoria corre alla testimonianza di un gesuita che ha saputo “perdere tempo” con un gruppo di giovani… Ad un anno dal suo passaggio, il ricordo commosso di p. Rolando Palazzeschi SJ.
Grazie padre Rolando,
per avermi insegnato ad Amare, grazie per avermi insegnato a pregare.
Mi spiace un po’ dirtelo oggi e dirtelo così, perché sarebbe stato bello rincontrarci e potertelo dire occhi negli occhi quanto sei stato importante nella mia vita … però tu lo hai sempre saputo perché era bello stare insieme. E quindi sono qui, nel silenzio della mia stanza, col volto rigato dalla commozione mentre sento ancora la tua voce calda che chiama il mio nome.
I miei ricordi partono da lontano perché sei entrato nella nostra famiglia che io non ero ancora nata, quindi per me tu ci sei sempre stato… anche se ti vedevo solo pochi giorni l’anno, ho sempre saputo che quello era un tempo prezioso.
La mia famiglia racconta che tornasti a Roma negli anni 60 avendo lasciato Bologna, dove avevi i tuoi studenti liceali, per una scelta missionaria di radicale dissenso, probabilmente quel “dissenso cattolico” post conciliare che anticipò l’onda studentesca del ’68. Erano gli anni 70. La tua vocazione al servizio di poveri ed emarginati occupava le tue giornate di allora: prima nel degrado della vita nelle baraccopoli legate alla borgata romana di Tiburtino III, dove ti eri trasferito dopo il periodo bolognese, e poi nell’ inesauribile impegno politico e sociale a fianco degli operai di Pomigliano d’Arco.
Zia Clara ti aveva conosciuto anni prima sentendoti celebrare nella Chiesa del Gesù di Frascati, dove risiedevi nel Collegio dei Gesuiti a Mondragone, prima di essere trasferito a Bologna. Arrivavi all’epoca all’altare col giornale sotto il braccio, spiegando il Vangelo a partire da riflessioni di vita concreta, con un impressionante parallelismo ai fatti politici riportati nei quotidiani, parlavi senza remore di lotte di potere e ingiustizie. Nacque da quel momento un’amicizia tra voi che sarebbe durata una vita intera, e che la portò a chiederti di essere la guida spirituale nella colonia marina che lei organizzava ogni estate per i giovani dell’Azione Cattolica Frascatana.
Io ricordo quindi che, già bimbetta, aspettavo con trepidazione l’arrivo di Agosto, quando giungevi a Tor San Lorenzo per dedicare a noi, i ragazzi e le ragazze della colonia Molinari, un po’ del tuo tempo, portando sacchetti di caramelle per la gioia di tutti noi, perché hai sempre amato lo stupore negli occhi dei bambini.
E quello stupore lo hai alimentato sempre, senza ingannare per via della tenera età la ricerca del vero. I bisogni degli oppressi e delle classi lavoratrici non li scordavi mai, era infatti la vita dura dei metalmeccanici dell’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco, tuoi studenti serali delle 150 ore e compagni di grandi battaglie sindacali, che raccontavi a noi ragazzini fortunati, ingenui e ignari: ti chiamavamo il prete combattente!
Di giorno, dopo aver meditato al chiuso della tua stanza sui più svariati quotidiani e sulla Bibbia, scendevi con noi al mare a fare il bagno e ci insegnavi a nuotare e soprattutto a fare il “morto a galla”. Quando eravamo pronti, misuravamo la nostra resistenza fino alla grande boa per poi riposare tutti mano nella mano, prima di rientrare. Era l’attesa di una giornata intera, quella gara in alto mare… e una metafora, lo capii molto dopo: imparare a nuotare “tra le onde della vita senza affondare”.
Di notte, prima del ritiro per il sonno, davanti ad un mare e un cielo simbolicamente neri, ci raccontavi storie di illegalità, insegnandoci a distinguere i segnali luminosi dei pescatori da quelle dei contrabbandieri.
La domenica si allestivano le panche tutte intorno al grande tavolo. Si celebrava la messa sotto la grande pergola vista mare, una messa diversa da tutte le altre, una parola meditata e condivisa insieme, grandi e piccoli, non facevi distinzioni, poi preparavi i quadratini di pane fresco, benedicevi e passavi con semplicità il piatto a cui servirsi da soli, e in quel momento ci sentivamo in comunione col mondo intero, dopo averti sentito parlare con passione di un Dio che ci ama di un Amore tanto Grande da dare le Vertigini, e ci spiegavi che è l’Amore dei “nonostante che” e quello avremmo dovuto imitare… il vi AMO NONOSTANTE mi tradite, mi umiliate, mi ignorate perchè è il solo Amore vero … e alle tue parole si affacciavano alle finestre dai palazzi circostanti!
Quando finiva Agosto mi sentivo colma di gratitudine per tutta questa pienezza vissuta, ma anche triste perché sapevo che per lunghi mesi ne sarei stata digiuna.
Regalasti un giorno a me e mio fratello il più bel regalo mai ricevuto, per la mia prima Comunione che coincideva con la Cresima di Andrea: una sorta di libro autoprodotto con articoli dell’Unità incollati su pagine bianche, erano le storie di operai morti sul lavoro a causa delle ingiustizie del sistema e del “padrone”… le didascalie di denuncia, parole che gridavano la dignità dei lavoratori, scritte con pennarelli colorati nella tua indimenticabile grafia a mano. Era la tua pedagogia giovanile, perché sapevi bene che l’educazione cambia le persone e le persone cambiano il mondo … mi hai insegnato così a non tacere davanti alle ingiustizie, abbiamo imparato così il valore dei diritti umani e sociali.
La mia infanzia è stata tutta un’attesa di questi 20 giorni estivi, del Capodanno illuminato dai fuochi d’artificio che ci portavi da Napoli per divertirti a vederli “esplodere” nella luce accesa dei nostri occhi, e finalmente della Pasqua trascorsa a Tor San Lorenzo, dove attendevamo il tuo arrivo perché amavi la solitudine invernale di quel rifugio di mare, così adatta ai tuoi ritiri spirituali.
Amavi l’opera e quando siamo cresciuti un po’ ci hai guidato con delicatezza a riconoscere le bellezze autentiche della vita, affinando i nostri gusti. Ricordo le serate estive a studiare i testi sul libretto dell’Aida e di Madama Butterfly per poi godere appieno la rappresentazione nel meraviglioso contesto delle terme di Caracalla a Roma.
Quando sono giunta anch’io all’età della contestazione, hai rispettato le mie critiche razionaliste all’ipocrisia di una Chiesa ufficiale che, ai miei occhi, sembrava lontana dall’autenticità di un Cristianesimo che combatte per la giustizia sociale, la fratellanza e la comunione fra tutti gli uomini, così come ci avevi sempre testimoniato tu con la tua vita… mi hai chiesto però di continuare sempre a cercare la Verità nella fede, perché se la fede è un dono la ricerca della Verità è compito in cui, invece, dobbiamo impegnarci quotidianamente.
Quando ti ho comunicato la mia scelta universitaria ricordo mi chiedesti: “cosa ci farai per gli altri con questa laurea in Architettura?” rimasi perplessa, anche piuttosto offesa. Continuai la mia strada, rispondendo che anche la bellezza rende dignitosa la vita delle persone, fino a che un giorno dovetti ammettere che avevi ragione.
Ho sbattuto da adulta contro il muro di una vuota ricerca della felicità e solo allora ho capito che l’unica Verità che conta era la sola Verità di cui mi hai sempre parlato, quella di Cristo.
Ora insegno a scuola, forse avevo solo bisogno di tempo per capire anche io che il mondo giovanile è immensamente più bello e fervido del nostro pazzo mondo adulto, dove le logiche del potere sono sempre quelle da secoli e si ripetono nella storia, sembra, senza trarne alcuna lezione.
Negli anni ho respirato, purtroppo solo da lontano e grazie alle tue meditazioni settimanali, la trasformazione del prete combattente nel mistico innamorato. Quando le ultime volte ci siamo incontrati, parlavi con lo stesso ardore della vita di alcuni santi, che costantemente studiavi, così come tanti anni prima raccontavi degli eroi quotidiani dentro le fabbriche.
Oggi sono moglie e madre felice. Quando è nata la più grande, mi regalasti tre libri di Maria Montessori. Mi hai insegnato anche allora, con quelle letture, che è il mondo adulto che deve piegarsi alle esigenze del bambino e non viceversa. E’ stata una lezione importantissima e sto cercando di crescerli, giorno dopo giorno, con quella sensibilità e quell’amore che hai seminato in me ma che non sono in grado di eguagliare, perciò ti ringrazio Padre e ti chiedo di continuare a vegliare su tutti noi, come hai sempre fatto.
Arrivederci Rolando, so che sei felicemente immerso in quel VERTIGINOSO DIO che non ti sei mai stancato di raccontare… ti immagino davanti a Lui estasiato, col tuo tipico gesto di delizia delle mani giunte a toccare la punta del naso!
Con profondo affetto Clara