Il virus, il primato della natura e un’umanità più corresponsabile
La riflessione di padre Ennio Brovedani SJ, presidente della Fondazione Stensen, apparsa su Stamp toscana.
Dopo decenni di sorprendenti progressi della ricerca e sperimentazione tecno-scientifica e biomedica, che hanno quasi raddoppiato le aspettative medie di vita rispetto al secolo scorso (47 anni nel 1900 e 83 oggi — secondo le più recenti proiezioni statistiche) la pandemia da “Coronavirus” che, a partire dal gennaio scorso, si è improvvisamente e rapidamente diffusa in tutto il Mondo, ha letteralmente sconvolto le “certezze” personali, sociali e globali di moltissime persone e prestigiose istituzioni nazionali e internazionali, sempre più orgogliose del crescente potere acquisito nel dominio sulla natura e del loro tentativo di acconsentire un futuro rassicurante.
Un “sapere”, in altre parole, che ha conferito un crescente “potere” e ha indotto anche una riflessione etica (bioetica) sui conseguenti “doveri”, ossia, sull’ammissibilità morale o meno del ricorso a determinate ricerche, sperimentazioni e applicazioni. Tale riflessione ha trovato poi una sua enunciazione e definizione formale nel principio bioetico — universalmente acquisito — che “non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche moralmente ammissibile”.
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