In Ciad, scoprirsi poveri per ritrovarsi insieme
“L’esperienza di missione in Ciad, che definirei straordinaria, è accompagnata da un vissuto ordinario, semplice, personale e profondamente trasformante.
Un cammino di vita che sto percorrendo giorno per giorno. Ogni volta che parto, ogni giorno che vivo in Ciad mi confronto con la prima povera in assoluto che sono io. Il luogo e le relazioni fanno emergere tutte le mie fragilità, le mie paure, i miei limiti. In questo sentirmi piccola e fragile emerge tutta la grazia dei tanti compagni di viaggio insieme ai quali avanzare nel cammino passo dopo passo, un cammino rispettoso e sostenibile costellato di tanti “poveri” come me incontrati sulla strada.
Il Covid-19 in questo ha aiutato molto, mi ha permesso di sentirmi parte di un tutto in cui soltanto insieme ci si può salvare, dove occorre aprire finestre e porte, abbattere muri e spezzare catene, liberare confini e vivere fino in fondo la filosofia africana dell’“ubuntu” cioè io sono in quanto siamo, realizzo il mio essere più profondo solo attraverso l’umanità degli altri!”.
È la testimonianza di Sabrina Atturo, Capo progetto del MAGIS in Ciad, dove l’ong dei gesuiti EUM insieme ai missionari italiani presenti in loco (p. Angelo Gherardi, p. Corrado Corti, p. Franco Martellozzo), ai gesuiti della Provincia dell’Africa Occidentale (PAO), e alla rete di volontari e sostenitori italiani ha realizzato progetti di riforestazione e pozzi per fronteggiare l’avanzata del deserto, formazione agricola e orti comunitari, formazione sociopolitica, scuole ed educazione. Sabrina oggi vive e lavora presso la comunità del complesso ospedaliero Le Bon Samaritain, fondato da p. Gherardi SJ, che offre assistenza sanitaria a persone fragili e vulnerabili. Per l’emergenza Covid-19 ha attivato un progetto di formazione medico diagnostica per medici e tecnici di laboratorio.