In missione all’università. Sì, ma come?

In un’epoca secolarizzata, dopo la pandemia, un cappellano di un’università statale, da solo e fuori da contesti legati alla Compagnia di Gesù ed alla Chiesa, come può vivere una simile missione? Da Reggio Calabria, la riflessione di p. Piero Lamazza.
Quanti ragazzi fra i tavoli dei corridoi, spesso col capo chinato sul libro a studiare, ma altre volte persi un po’ nel loro smart-phone…Come avvicinarsi ad essi, a 45 anni suonati, con tutta la differenza di età, di momento di vita, di prospettive? Ad un certo punto, un’idea….
“Ciao! Scusami, sono un prete, mi è stato chiesto di lavorare con gli studenti all’università. In particolare vogliono che io scriva un articolo dal titolo «Universitari e vita spirituale». Il problema è che non so quali contenuti mettervi, perché i giovani li conosco poco. Ma ho preparato un questionario. Le vostre risposte mi potrebbero aiutare a scrivere l’articolo. Hai 5 minuti?
Le domande spaziano: “Come definiresti il tuo attuale momento di vita: a. sto bene con me stesso; b. in cerca di senso; c. confuso; d. altro”;
“Credi in Dio?”;
“Oppure, in cosa credi?”;
“pensi che sia facile o difficile costruire legami profondi all’università?”;
“Gesù di Nazareth è stato: a. un idealista; b. un illuso; c. uno che amava; d. non saprei”;
“se tu avessi un minuto di tempo per parlare da solo con il Papa, cosa gli diresti?”;
“a tuo avviso un universitario di cosa ha bisogno in profondità?”.
E così via…
Alle volte da queste domande sono nati dei bei colloqui ed altri interrogativi interessanti. Diversi gli studenti che hanno apprezzato lo stimolo. Qualcuno mi ha detto: “occorrerebbe farsi queste domande almeno una volta al mese!”.
Mi ha colpito che quasi nessuno abbia detto: “Io non credo in Dio”. Gli studenti sono propensi ad ammettere l’esistenza di Dio, però davanti alla domanda “Cos’è per te la vita spirituale?”, molto spesso la risposta emersa è stata “Non saprei…”. Allo stesso tempo la maggior parte degli intervistati è lontana dalla prassi sacramentale.
Il questionario si è rivelato un semplice strumento per avviare un contatto, informare dell’esistenza della cappella universitaria. Mi ha dato la possibilità di ascoltare inquietudini e speranze dei giovani. E so che è stata avvertita come espressione di quella chiesa in uscita tanto cara a Papa Francesco…