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Leadership ignaziana: testimonianze da Asia, Usa e Sud America

Cardinal Luis Antonio Tagle, Adolfo Nicolás SJ e altri gesuiti

Le giornate di studio alla Gregoriana su teoria della leadership e fondamenti delle scienze dell’organizzazione istituzionale, per accompagnare coloro che operano su scala locale e globale, in ruoli di responsabilità e di servizio.

Sono tre docenti della Gregoriana, tutti hanno rivestito incarichi di responsabilità e di governo all’interno della Compagnia di Gesù, sono voce e testimonianza di una leadership che si radica nella storia e nella cultura delle Americhe (ed in particolare Brasile e Stati Uniti) e dell’Asia Pacifico.

I sessanta partecipanti alla edizione annuale del Diploma in Leadership e Management, organizzato dalla Facoltà di Scienze Sociali e dal Centro Fede e Cultura Alberto Hurtado della Gregoriana, hanno potuto ascoltarli, grazie alle possibilità della didattica integrata, nel collegamento online dello scorso 12 dicembre, moderati da p. Stefano Del Bove sj, direttore del programma, e dal prof. Marco Accorinti.

Gli interventi si inserivano nella terza delle giornate di studio mensili, che da ottobre a giugno articolano la formazione integrata di teoria della leadership e fondamenti delle scienze dell’organizzazione istituzionale, per accompagnare coloro che operano su scala locale e globale, nel perfezionamento di conoscenze e competenze opportune ai ruoli di responsabilità e di servizio cui sono destinati nei loro Paesi di origine e chiese di appartenza. Fra di loro si contano quest’anno circa quaranta partecipanti provenienti dal mondo istituzionale, imprenditoriale, associativo italiano.

P. Daniel Huang SJ: la leadership come missione

Conoscitore dell’ambiente asiatico p. Daniel ha studiato a Manila e New York. A livello pastorale è nelle Filippine prima come parroco, poi consultore del Provinciale, rettore del seminario di Manila, Superiore per la Compagnia nelle Filippine. Ha svolto anche un ruolo di riferimento per la Curia generalizia per l’assistenza Asia Pacifico servendo i due ultimi Padri Generali. Porta tutta questa esperienza nel suo insegnamento neIla facoltà di missiologia in Gregoriana ed è membro del Board of Directors dell’Università di Georgetown a Washington DC.

“La leadership riguarda innanzitutto la persona. È una missione non una promozione. Nella Compagnia, non si procede con i titoli di emerito. Quando un servizio è finito, termina. Questo aiuta a non prendere impegni come personali”. Otto i punti evidenziati: “conoscere la propria debolezza per essere capaci di misericordia, compassione con la vita degli altri”. La cura personalis come pilastro della leadership ignaziana, “che è sempre un discorso spirituale. Ogni Provinciale” racconta “deve ricevere un rendimento di coscienza da parte dei gesuiti. Obiettivo è dare una conoscenza spirituale e personale al Superiore, affinché entrambi possano insieme discernere la missione. Un aspetto che rientra nell’amore. Nella mia esperienza i gesuiti sono come le vetrate di una cattedrale: da fuori sembrano grigie ma dentro ne vedi la bellezza e i colori”. Avere una conoscenza profonda delle persone, saperle ascoltare. Porre alla base la fiducia, “senza non esiste leadership”. Il leader più vulnerabile è quello che dipende dall’opinione degli altri. “Imparare ad accettare che non tutti condivideranno le decisioni”.

Quattro i profili del leader indicati: il carismatico che guida con la forza della personalità; il visionario, indicando il futuro; l’esecutivo nell’attuazione, il premuroso che si prende cura dei suoi. “La leadership ignaziana è tutto insieme, anche se raramente si trovano tutti questi elementi in una persona. É bene individuare i propri punti di forza e le persone che possano completare le proprie debolezze”. Riconoscere il peso simbolico del leader. “Parole, gesti assumono un peso che prima non avevano”. Preparare i leader successivi.

P. James Grummer SJ: “conoscere sé e gli altri”

Appassionato lettore di Roberto Bellarmino durante i suoi anni di formazione negli USA, p. James Grummer vive a contatto con ambienti non sempre cattolici, si occupa di studi storici e rimane in università per gli studi umanistici: tra i suoi approfondimenti anche le storie di immigrati cattolici di lingua tedesca.  Negli USA è stato Superiore di comunità, cappellano, Socio del Provinciale e Provinciale di un’area molto importante del Paese con 2 università, 3 collegi, missioni, parrocchie e case per Esercizi. Ha curato i rapporti internazionali con Corea del Sud, vari paesi dell’Africa, Ecuador. Poi a Roma in Curia si è occupato dell’intera assistenza nord-americana. Da qualche anno Superiore dei gesuiti alla Gregoriana, dirige un centro di spiritualità ignaziana.

Nella sua testimonianza l’invito ad “entrare nelle esperienze degli altri, come Gesù. Abbandonare la preoccupazione dei pensieri altrui, perché tutto dipende dal Padre e impegnarsi a generare percorsi di cooperazione. Essere il leader che si è, utilizzare i propri talenti invece di provare invidia per i talenti altrui. Riconoscere la bellezza degli altri e del mondo, da riconoscere come dono di cui siamo responsabili”.

P. Adelson Dos Santos SJ: uno stile di conversione permanente

Studi in giurisprudenza, teologia e spiritualità. Direttore di una casa di Esercizi e formazione a Manaus, direttore spirituale del Filosofato a Belo Horizonte, per ricoprire quindi incarichi di responsabilità in Amazzonia (è stato recentemente anche chiamato al Sinodo sull’Amazzonia) e delegato alla formazione della Provincia Brasiliana. Dirige alla Gregoriana il Centro Favre per i formatori alla vita consacrata ed al sacerdozio.

“Nella vita interiore si forma il vero leader, nella conoscenza di sé, nella chiara visione del mondo. Questo porta alla comprensione maggiore anche degli altri”. “Come Ignazio” aggiunge bisogna “cercare i mezzi che aiutano nel discernimento, nell’autoconoscenza, nell’approfondimento della realtà che ci circonda. Come testimoniano i primi missionari gesuiti, siamo chiamati ad evangelizzare nel dialogo, senza aggredire, cancellare tradizioni, culture anche dal punto di vista religioso”. La sfida resta la stessa. “Sono cresciuto a Manaus, una chiesa missionaria. Pochissimi quelli nati lì divenuti poi religiosi, sacerdoti. La chiesa è sempre missionaria tra le popolazioni indigene. Una frontiera attuale ricordata sempre nel pontificato di Papa Francesco. A Rio nel 2013 durante la GMG ricordo il suo saluto ad un gruppo di gesuiti. L’Amazzonia è nel mio cuore mi disse. Sei anni dopo il sinodo”. L’invito a “lasciarsi arricchire dalle esperienze degli altri anche se sono io il leader”. Come nel film Mission (1986) i gesuiti sono andati fino in fondo nella loro missione, dobbiamo fare il nostro processo di conversione, parola centrale nel discorso di Papa Francesco. Il mondo è la nostra casa comune, tutto è connesso. il cambiamento parte dal cuore, partendo dalle motivazioni, dalla volontà e dai desideri profondi che abitano ciascuno”.

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