Lecce. Povertà: conoscerla per cambiarla
Su “Notizie Emmanuel” un approfondimento interamente dedicato al tema della povertà
“…Parliamone. Conoscerne le dinamiche è essere in grado di rispondervi ed essere capaci di generare cambiamento”
Con questo invito si apre l’approfondimento interamente dedicato al tema della povertà contenuto nell’ultimo numero del 2014 di Notizie Emmanuel. Quattro punti di vista (Daniele Ferrocino, Anna Staropoli, Donatella Parisi e Daniele Frigeri) che raccontano la povertà e propongono vie di uscita, percorsi virtuosi e innovativi.
La povertà non è soltanto uno stato connotato da mancanza di risorse o da un livello insufficiente di consumi, scrive Daniele Ferrocino – Comunità Emmanuel, ma è un coacervo di eventi, condizioni e processi che coinvolgono individui, famiglie, fasce sociali, territori. Le analisi sulle dinamiche della povertà basate unicamente sulla valutazione di parametri economici divengono allora poco significative, così come alcune politiche di contrasto alla povertà basate esclusivamente sulle dotazioni di risorse economiche risultano poco efficaci.
È la possibilità di scelta, l’elemento fondamentale per determinare se ci si trova davanti a un processo di impoverimento la cui traiettoria diviene quasi inevitabile: l’isolamento, la marginalità, la deprivazione, l’esclusione, l’impoverimento e quindi la condanna finale: la povertà.
Una proposta, avanzata da un “cartello” di enti del terzo settore può indicare una strada, se troverà attuazione, il “Reddito di inclusione sociale”. Un concetto, quello di inclusione sociale che comprende l’accesso da parte di tutti i cittadini alle risorse di base, ai servizi sociali, al mercato del lavoro e ai diritti necessari per “partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale nella società in cui vivono, verso un pieno sviluppo della persona umana (così come sancito dall’art. 3 della Costituzione Italiana). Una proposta che accompagna le misure di integrazione del reddito (minimo) con interventi e prestazione nell’ambito dell’orientamento al lavoro, la cura e l’assistenza socio sanitaria, l’istruzione e la formazione.
Anna Staropoli, Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe, delle tre povertà che pervadono la realtà sociale del Sud Italia: una povertà individuale, una povertà pubblica, dello Stato e degli Enti Locali, e una povertà culturale, diffusa e trasversale alle prime due, una perdita di senso nello stare insieme. Una società all’interno della quale ci si sente senza vie di uscita.
Serve uno sguardo nuovo, aperto all’inatteso, occhi nuovi per cogliere le molteplici agorà sociali che si intravedono nel nostro paese. Realtà associative e aggregative protagoniste di esperienze creative e vitali, “luoghi di resistenza” che non si rassegnano allo stato delle cose. Serve uno sguardo nuovo, cambiare i paradigmi interpretativi che non ci consentono di vedere l’inatteso, ciò che non si vede ancora. La sfida di oggi, che l’Istituto Arrupe ha scelto di cogliere, è quella di diventare agorà sociale, piazza simbolica e fisica dove le buone idee si generano e si confrontano.
La mensa del Centro Astalli a Roma, è un lungo corridoio in cui passa la geopolitica dei quattro continenti. Cammina ordinata, scorre lungo via degli Astalli, in ordine sparso. Ci hanno mandato i migliori, i più sani, i più forti, ci hanno mandato il meglio che avevano da offrirci: i loro giovani, quelli da mettere in salvo perché il futuro è lungo. Accanto a chi è in Italia da poco, nella fila, ritornano anche antiche conoscenze, storie tristi che non riescono a trovare un epilogo, una dignità perduta ormai da troppo tempo. E proprio dalla mensa si comincia a chiedere giustizia, perché avere da mangiare è un diritto, il primo, senza cui il resto è impossibile. I rifugiati rappresentano una ricchezza per le nostre società. Sono gli eroi del nostro tempo, persone che rischiano la vita per un ideale, vittime di ingiuste dittature e di gravi violazioni dei diritti umani. Se inseriti e integrati nelle nostre comunità possono essere portatori di valori, strumenti di crescita umana. La loro presenza può rappresentare realmente un’occasione di crescita reciproca, a condizione che siamo in grado di garantire un’accoglienza e un percorso di integrazione che consenta loro di riscattarsi da un passato di privazioni e persecuzioni.
Fare rete costituisce una sfida e un’opportunità del nostro tempo. Il Jesuit Social Network, rete delle attività sociali legate alla Compagnia di Gesù è allo stesso tempo una risposta ad un contesto in rapido cambiamento e a fenomeni sempre più interconnessi che richiedono soluzioni innovative e una sfida per fare ascoltare la voce di coloro con cui camminiamo. Comunicare significa prima di tutto dire a qualcuno che esistiamo. Chi vive nella marginalità, molto spesso non ha la possibilità di comunicare.
Essere traduttori simultanei delle persone che ogni giorno incontriamo è una delle side principali alle quali il JSN cerca di dare risposta. Parlare a nome di queste persone richiede però, prima di tutto, possedere l’autorevolezza per farlo, autorevolezza che viene solo dallo stare con loro quotidianamente, da un legame privilegiato con il territorio e le persone che solo una rete radicata nei diversi contesti può garantire. Un secondo aspetto che caratterizza il JSN è la centralità della persona, che anche nell’intervento sociale, deve essere vista come un “sacco da svuotare”, piuttosto che da riempire. “Cosa vuoi che ti faccia” è la domanda che Gesù stesso rivolge alle persone che chiedono il suo aiuto. Una domanda che presuppone una presa di coscienza di sé di fronte all’evidenza di un bisogno. Allora l’azione sociale trova senso in una progettualità condivisa e assunta dalle persone e non solo “subita”.