Livio Passalacqua
Eccomi
“Ecco l’ancella del Signore, avvenga in me secondo la Tua Parola”.
Nell’Annunciata di Antonello da Messina, Maria è a tu per tu con una pagina della Scrittura. (Quale può esser stata?). Soltanto il capo e gli occhi rivelano l’incontro, da destra, con qualcosa di reale, avvolto nel Mistero. Così pure le dita della mano destra esprimono la ricevuta e la risposta ad un messaggio. Diventa la Plenipotenziaria dell’Umanità. Accetta ed assume tutta la responsabilità che ne consegue. Come la profetessa Debora: l’Ape. Tutta la sorte di Israele “è nelle mani di una donna”. Mani risolute e coraggiose più di quelle dei guerrieri che, come Barac, pongono la condizione al rischiare: “Se tu vieni con me”. Piuttosto come Ester: che può dire al re suo sposo “La tua serva non ha gioito di nulla se non di te”. Come Giuditta “Signore Dio di ogni potenza guarda benigno in quest’ora all’opera delle mie mani”. Come Rut, la moabita, alla suocera Noemi, del popolo di Israele, “Dove andrai tu andrò anch’io e dove ti fermerai tu mi fermerò anch’io. Il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu morirò anch’io”. “Non so come siate apparsi nel mio seno. Non io vi ho dato lo spirito e la vita”: è lo stupore della madre dei sette fratelli martiri maccabei. Nell’istante dell’Annunciazione, Maria,in traduzione buddista, diventa un boddisattva, cioè il saggio illuminato e compassionevole, che rinuncia alla propria illuminazione, già raggiunta, per aiutare gli uomini alla loro propria salvezza. La più grande boddisattva immaginabile.
È questo piccolo “Ecce”, eccomi, come un seme che permette i mille momenti di dedizione di Maria a Dio per noi. Da questo seme, capace di morire, nascono, e nascono fruttuosi, i momenti di dubbio straziante: la spada agitata da Simeone, la fuga dalla strage, il Tempio che ruba il Figlio, i parenti che tentano di sequestrarlo, le masse e i potenti che, in modi opposti, vogliono impadronirsene, la croce che la fa diventare “di smalto”. E i momenti vittoriosi del sussulto del Battista nel ventre di Elisabetta, del vino agli sposi di Cana, della beatitudine per l’ascolto della Parola, dell’incontro con il Figlio risorto, della presidenza alla Pentecoste, della sua dormizione che diventa Assunzione. Siamo come invitati al passaggio dal quieto saluto “Ave Maria” al vivo, stimolante “Rallegrati Maria” eco dell’“Esulta il mio animo in Dio mio salvatore”. Dalla staticità ed isolamento del “piena di grazia” al dinamico e relazionale “ricolmata di grazia”. Orgogliosi, potenti e ricchi capitolano di fronte all’incisività delle “grandi cose” che Dio opera in Maria, pienamente libera, e per mezzo di lei, con la grandezza dei sassolini della fionda di Davide. Non tanto un nostro imitare monotono di sue piccole qualità casarecce quanto creatività ispirata alla sua determinazione. È la madre la prima relazione, ed inizialmente esclusiva, della creatura umana. Ed è lei che dà la prima impronta al figlio. Così, ad esempio, Goethe, supremo fonema della lingua tedesca, ritrova in sé il gusto gioioso di inventare racconti che caratterizzava sua madre. Forse Gesù può rinvenire nel vagliare e confrontare interiore di Maria la propria inclinazione a proporre parabole. Ognuno riceva.
Pubblichiamo gli articoli di Livio Passalacqua SJ per gentile concessione del settimanale diocesano Vita Trentina