Magis. Una tre giorni per prepararsi al campo in Benin
Provenienze diverse, accenti diversi e diverse aspettative: sono i volontari del prossimo campo in Benin, organizzato dal Magis, che si terrà dal 5 al 29 agosto. Il 9 maggio, a San Saba, il gruppo di dodici persone, che verrà accompagnato da padre Renato Colizzi, si è incontrato per la prima volta e ha imparato a conoscersi.
Ciò che ha colpito fin da subito è stato l’approccio al tema del viaggio, sul significato dell’essere missionari. Più che un semplice elenco di precauzioni e informazioni da tener presente per il Benin, i tre giorni di formazione precampo a Roma sono stati un’occasione di ricerca personale e confronto sulle spinte interiori che hanno portato ciascuno ad intraprendere una tale percorso. “Preparatevi al non preparabile” è stato il motto ricorrente.
Quindi le giornate sono per lo più trascorse tra momenti di spiritualità, condivisione (anche in gruppi di studio) e l’ascolto testimoniale di altri missionari. Quello che ha colpito è stata l’eterogeneità delle esperienze emerse, sintomo di una grande sensibilità al tema della scoperta inter-culturale, e la disponibilità all’ascolto reciproco (oltre che una sana dose di allegria). Un buon punto di partenza per chi dovrà passare ventiquattro giorni a stretto contatto. Nella giornata del sabato, ai dodici partecipanti si sono aggiunti altre persone, anche semplicemente interessate alla tematica della missione.
I principali nuclei argomentativi emersi hanno riguardato lo schiavismo, il colonialismo, e le conseguenze in Africa che ne seguirono, in particolare nel Benin. Calzante è stata la lettura dell’intervento all’università “La Sapienza” che fece lo storico Joseph Ki-Zerbo nel 2002. Un discorso ricco di spunti filosofici e antropologici, che ha ripercorso con umanità secoli di storia africana.
Parallelamente, una chiave più spirituale, favorita dalla lettura della babele biblica e del viaggio di Abramo, ha rivelato la dimensione trascendente della “missione”, necessaria affinché ogni esperienza possa risuonare con genuinità nella dimensione missionaria della vita; di come sia importante un silenzio interiore costante accompagnato da momenti di condivisione, per rendere dodici persone appena conosciute, una comunità aperta al nuovo. Appunto “l’altro” è stato un concetto ricorrente nelle esposizioni dei vari gruppi di studio: la difficoltà di saper conciliare le proprie strutture sociali con quelle di altri, il delicato equilibrio tra la propria storia personale e la differente realtà a cui ci si accosterà.
Infine qualche parola è stata spesa su aspetti più concreti, in particolare sul Centre de Récherche et Creativitè (CREC), centro culturale del PP Gesuiti situato nella periferia di Cotonou. Si è parlato delle attività che i partecipanti andranno a compiere, formando dei gruppi tra corsi di informatica e laboratori di moda, oltre che attività con bambini disabili ed ospizi. Sarà il CREC ad ospitare i partecipanti in appositi edifici, con la possibilità, per chi vuole, di essere accolti in famiglie locali.
Alberto Patella
Volontario Campo Benin