MEG, viaggio in Albania
Dopo la partecipazione di due ragazzi albanesi e di una responsabile al Convegno nazionale MEG di novembre 2018, il gruppo del MEG italiano è andato in Albania per condividere esperienze e fare amicizia.
L’Albania, un Paese tanto ricco quanto sottovalutato: quella ricchezza che non può essere contenuta in alcuna banca, ma si trova solo nei cuori e negli animi delle persone che la abitano.
Questa terra trent’anni fa è stata succube di una terribile dittatura che ha tentato di logorarla nel profondo, sottovalutando però la forza dei suoi abitanti che, con il coraggio e la fede che li caratterizza, sono riusciti a mantenere intatta la loro identità. Nonostante siano passati da allora diversi anni e si siano succedute diverse generazioni, la ferita che è stata aperta in quel terribile periodo è ancora bruciante.
In questo contesto vive la comunità MEG (“LER” in albanese). Il cammino non è semplice, soprattutto perché si avverte un certo isolamento rispetto ad una realtà più grande e organizzata com’è, ad esempio, quella del MEG in Italia. È per questa ragione che i Responsabili del gruppo LER albanese e padre Andrea Picciau, dopo avere portato due ragazzi albanesi con una responsabile al Convegno nazionale di novembre 2018, hanno voluto organizzare un incontro con il gruppo del MEG italiano, affinché potessero conoscersi, confrontarsi, condividere esperienze e fare amicizia.
E così, dal 2 al 6 Gennaio sono partiti in 12, tra ragazzi e ragazze, di età comprese tra i 13 ed i 19 anni, provenienti da diverse comunità distribuite in tutta Italia: Filippo da Roma San Saba; Chiara e Matteo da Cagliari; Stella, Francesco, Olga e Giulia, da Palermo, accompagnati dal loro Responsabile Emio; Greta di Montesilvano (PE) e Marina di Altamura (BA), insieme alle loro rispettive Responsabili, Carla e Carla.
“In pochi giorni abbiamo vissuto una moltitudine di momenti particolari: ogni giorno abbiamo sperimentato emozioni profonde ed alcune fra queste ci sono davvero rimaste nel cuore”, raccontano i partecipanti.
Ad esempio, nelle visite, ciascuno è stato molto colpito dall’accoglienza riservata fin dal primo giorno, con un’attenzione particolare. La prima volta lo si è sperimentato nel tragitto dall’aeroporto di Tirana al seminario interdiocesano albanese, durante il quale si è fatta una breve sosta nel convento delle suore, le quali, per far sentire i giovani a casa, hanno preparato una merenda a base di thè, biscotti, frutta e dolci. Allo stesso modo, in ogni luogo visitato è stato sempre offerto qualcosa di buono.
Dal secondo giorno è iniziato il momento di conoscenza di Scutari e dei ragazzi albanesi. Dopo una prima presentazione i giovani sono stati accompagnati a conoscere la scuola (Atë Pietër Mëshkalla), diretta dai gesuiti. Quindi la visita al convento delle suore clarisse, ex carcere del regime comunista, dove i giovani hanno potuto ascoltare la toccante testimonianza di Suor Lula. Con il sorriso ha raccontato dell’Albania nel periodo della dittatura e di quanto fosse rischioso professare la propria fede in quel periodo. Ma questo non è bastato ad estinguere la fede degli albanesi ma, anzi, l’ha in un certo senso rafforzata e l’ha resa parte integrante ed elemento fondante della loro vita.
Il terzo ed il quarto giorno c’è stato il confronto più diretto con il gruppo LER attraverso diversi momenti di condivisione e la visita alle famiglie che si sono aperte con grande semplicità, raccontando le loro situazioni familiari, religiose e personali. Di questi incontri, due sono stati particolarmente toccanti.
Il primo è avvenuto durante la visita a casa della famiglia di una ragazza del LER, Kristina. La sua sorellina di circa 10 anni ha preso la parola durante la preghiera e ha ringraziato Dio per tutto ciò che aveva. Poi ha ricordato le persone meno fortunate di lei, rivelando il suo piccolo grande cuore, più maturo di quanto si potesse immaginare.
Il secondo incontro particolarmente significativo è stato l’ultimo giorno, con la visita ai genitori di padre Zef Bisha, gesuita albanese. Con grande semplicità questa famiglia ha aperto la sua casa, mettendo a disposizione, con generosità, tutta la saggezza del papà, un divano, delle sedie, dei cioccolatini e delle bibite per condividere in fraternità. “Siamo usciti da quell’incontro con il cuore pieno di gioia”, dicono i giovani. “Tante altre sono le emozioni, i pensieri, le riflessioni che ci portiamo dentro da questa esperienza, ma probabilmente i due insegnamenti più importanti che potranno essere fonte di ispirazione per la nostra vita sono il riuscire a dare un nuovo valore alle cose che prima davamo per scontate e il desiderio di vedere Dio in tutte le cose ed in tutte le persone”.
“Anche se in pochi giorni, si è creato un forte legame di amicizia con tutte le persone che abbiamo incontrato e siamo certi che neppure la distanza che ci separa riuscirà a spezzarlo. Le porteremo per sempre nel nostro cuore, perché ormai, con il Signore della vita, abitano in noi”.