Milano. Gomorra, tra Bibbia e fiction: sulla rivista dei gesuiti un confronto critico
Nel nuovo numero di Aggiornamenti Sociali un parallelo tra la narrazione biblica e la serie televisiva: «La prima conduce a una presa di coscienza, nella seconda, che gioca solo sul livello emotivo ed estetico, l’unico interlocutore è il criminale»
Giocando sull’assonanza fra “camorra” e “Gomorra”, Roberto Saviano ha fatto conoscere al grande pubblico l’efferatezza dei delitti compiuti dalla malavita organizzata, assimilando i luoghi in cui opera alla città biblica distrutta da Dio insieme a Sodoma per la sua malvagità. In questa linea alcuni film e fiction televisive – come l’omonima serie Gomorra, in onda in queste settimane – hanno rappresentato il fenomeno criminale con estrema crudezza.
Ma il testo biblico, chiamato in causa per evocare uno scenario di male assoluto, giustifica una tale operazione? La narrazione nella Bibbia e nella fiction risponde agli stessi criteri? Sono le domande da cui prende spunto un articolo di Giuseppe Trotta, nel nuovo numero di Aggiornamenti Sociali, rivista dei gesuiti italiani.
Dopo avere rievocato i contenuti essenziali del racconto di Sodoma e Gomorra riportato nel Libro della Genesi, Trotta fa notare che «la Bibbia spinge la rappresentazione del bene e del male al punto di eliminare le zone grigie perché appaiano solo il bianco e il nero». Tuttavia, «alcune delle recenti fiction televisive e cinematografiche vanno ancora più in là: sono monocolore, compiono un processo al limite. I personaggi messi in scena, infatti, sono tutti malvagi e l’unica differenza è fra il più forte e il più debole. Ma tale operazione raggiunge l’obiettivo di suscitare indignazione e desiderio di legalità e giustizia?».
Il punto discriminante, spiega l’Autore – biblista gesuita che per un periodo ha vissuto anche a Scampia, nella periferia nord di Napoli -, è la differenza fra il finale delle due narrazioni: «Nella Bibbia Dio distrugge il male irredimibile ma lascia in vita un piccolo resto per edificare un mondo nuovo; nelle sceneggiature più recenti, invece, non c’è limite alla malvagità, l’eroe è chi sopravvive affermandosi nella sua capacità di perpetuare i crimini e questo è funzionale alla prosecuzione della serie e di quel modo di rappresentare il mondo».
Così, mentre le città bibliche fungono da termine di paragone per quelle reali, in cui si presume ci siano ancora dei giusti a tenerle in vita, nella fiction scompare il riferimento alla realtà, nonostante l’intenzione di restituirla in tutta la sua crudezza. «L’operazione si risolve nell’ipertrofia del livello estetico, che fagocita quello etico. Se l’episodio di Sodoma e Gomorra prospetta una forma sofisticata di giustizia che scaturisce dal dialogo fra Dio e l’uomo giusto, Abramo, la fiction contemporanea riduce la complessità del reale quando presenta la violenza come unica via di soluzione dei conflitti, resa accettabile agli occhi dello spettatore perché i malavitosi si uccidono fra loro. Così finisce per rafforzare l’idea che non ci sia niente da fare e la denuncia si traduce nella militarizzazione del territorio, una pioggia di fuoco e zolfo che fa solo spostare le attività criminali in altri luoghi meno controllati».
«Alla fine – conclude l’articolo di Aggiornamenti Sociali – i più danneggiati sono gli abitanti dei quartieri e delle città segnate dalla malavita organizzata: quelli di “Gomorra” diventano “i camorristi”, come quelli di Sodoma sono diventati “i sodomiti” per una lettura parziale dei testi biblici. (…) E anche lo stesso spettatore rischia di rimanere irretito dalla rappresentazione. Nella Bibbia, infatti, la narrazione spinge alla riflessione e alla presa di coscienza etica: Abramo interroga Dio e discute con lui i criteri di giustizia. Nella fiction odierna con chi dialoga lo spettatore? L’unico interlocutore è il criminale e il registro della comunicazione è estetico, quindi chi guarda è sollecitato sul piano emotivo: può sentirsi buono perché odia il malvagio e gode nel vederne la fine, ritenendosi per questo al sicuro; oppure può ammirare quegli uomini spietati e non si accorgerà di avere i loro stessi sentimenti violenti»