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Morte di Papa Francesco, la lettera del Generale a tutta la Compagnia

Carissimi fratelli,

la Compagnia di Gesù partecipa al dolore di tutto il popolo di Dio, riunito nella Chiesa, insieme a tante altre persone di buona volontà, per la conclusione della vita terrena di Papa Francesco. Lo fa profondamente commossa e con la serenità che nasce dalla ferma speranza nella Resurrezione per mezzo della quale il Signore Gesù ci ha aperto la porta alla piena partecipazione alla Vita di Dio.

Siamo addolorati per la scomparsa di colui che è stato posto al servizio della Chiesa Universale nell’esercizio del ministero petrino per più di 12 anni. Allo stesso tempo, proviamo dolore per la dipartita del nostro amato confratello in questa minima Compagnia di Gesù, Jorge Mario Bergoglio. In essa abbiamo condiviso il medesimo carisma spirituale e il medesimo stile di sequela di Nostro Signore Gesù Cristo.

Pur nello sconcerto causato dalla sua dipartita, sgorga spontaneamente dai nostri cuori un profondo sentimento di gratitudine a Dio Padre, ricco di misericordia, per il tanto bene ricevuto attraverso il servizio di tutta una vita e per il modo in cui Papa Francesco ha saputo guidare la Chiesa durante il suo pontificato, in comunione e in continuità con i suoi predecessori nello sforzo di mettere in pratica lo spirito e gli orientamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Papa Francesco ha mantenuto uno sguardo attento a quanto accadeva nel mondo per offrire una parola di speranza a tutti. Le sue straordinarie Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti non solo rivelano una lucida analisi della situazione dell’umanità, ma, alla luce del Vangelo, offrono anche valide vie per il superamento delle cause delle tante ingiustizie presenti nel mondo e per la promozione della riconciliazione. Per Papa Francesco il dialogo tra le persone, tra rivali politici o fra religioni e culture, è la strada da seguire, proponendo la pace e la stabilità sociale, al fine di creare ambienti di mutua comprensione, di cura dell’altro e di sostegno solidale. In molti momenti abbiamo ascoltato la sua parola, la sua riflessone pastorale ed abbiamo ammirato la sua instancabile attività nel proporre iniziative o accettando di partecipare a quelle organizzate da altri, sempre convinto del valore della parola e dell’incontro. Come non ricordare lo straordinario momento di preghiera convocato da lui stesso durante l’emergenza del Coronavirus nel marzo del 2020, in una Piazza San Pietro completamente deserta? Oppure la costante preoccupazione per la pace davanti all’intolleranza e alle guerre che minacciano la convivenza internazionale e generano indicibili sofferenze nei più indifesi? O la sintonia del suo cuore con l’immenso flusso di migranti forzati in tutto il mondo, specialmente coloro che sono costretti a rischiare la vita attraversando il Mediterraneo?

Sin dalle prime parole pronunciate la sera del 13 marzo 2013 nel salutare i fedeli radunatisi in Piazza San Pietro per festeggiare il Papa appena eletto, troviamo due dimensioni chiave del suo ministero: l’importanza del camminare insieme, Vescovo e popolo, in un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia, di speranza; e la centralità della preghiera, soprattutto di quella di intercessione.

Il ‘camminare insieme’ si è concretizzato in maniera particolare nella rilevanza data allo sviluppo del Sinodo dei Vescovi e nell’attenzione data alla sinodalità come dimensione costitutiva dell’essere Chiesa, che non sminuisce in nessun modo il Primato di Pietro o la responsabilità episcopale; ma, al contrario, consente di esercitarli in una maniera maggiormente partecipativa da parte di tutti i battezzati, da parte del popolo di Dio in cammino, riconoscendo la presenza e l’azione del Signore nella comunità ecclesiale attraverso lo Spirito Santo.

Nella nostra memoria è rimasto scolpito l’invito alla preghiera che quella stessa sera Papa Francesco ha rivolto a tutti i fedeli: “Preghiamo insieme, Vescovo e popolo. Vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica”. Durante tutto il suo pontificato concludeva ogni suo intervento, compreso l’Angelus domenicale, con lo stesso invito: “Per favore, non dimenticate di pregare per me”. Non si è mai stancato di ricordarci che la preghiera nasce dalla fiducia e dalla familiarità con Dio e che in essa possiamo scoprire il segreto della vita dei Santi (cf. Udienza Generale, 28 settembre 2022).

Anche nel rivolgersi a noi, suoi confratelli gesuiti, ha sempre insistito sulla priorità di riservare nella nostra vita-missione lo spazio adeguato per la preghiera e per la cura dell’esperienza spirituale. Basta ricordare ciò che ha scritto nella Lettera del 6 febbraio 2019 con la quale mi comunicava la sua approvazione e la sua conferma delle Preferenze Apostoliche Universali: “La prima preferenza (‘Indicare il cammino verso Dio attraverso gli Esercizi Spirituali e il discernimento’) è fondamentale perché presuppone come condizione di base il rapporto del gesuita con il Signore, la vita personale e comunitaria di orazione e di discernimento. Ti raccomando che, nel tuo servizio di Superiore Generale, tu insista su questo punto. Senza questo atteggiamento orante il resto non funziona”. Riaffermava in questo modo l’esortazione che rivolse nel suo incontro con i membri della Congregazione Generale 36ª il 24 ottobre 2016, durante il quale insistette con forza sulla raccomandazione di chiedere costantemente la consolazione, lasciandoci commuovere dal Signore inchiodato sulla croce, che ci muove al servizio in favore dei tanti crocifissi nel mondo attuale.

In questa occasione ci ha indicato quello che possiamo considerare come un elemento essenziale della nostra identità. Quasi come se rispondesse a una domanda implicita su chi è un gesuita, Papa Francesco si è rivolto ai Congregati affermando che “il gesuita è un servitore della gioia del Vangelo”, qualsiasi sia la missione nella quale è impegnato. Da questa gioia scaturisce la nostra obbedienza alla volontà di Dio, l’invio al servizio della missione della Chiesa ed anche i nostri apostolati, insieme alla nostra disponibilità al servizio dei poveri. È questa gioia a dover caratterizzare il nostro modo di procedere, affinché sia “ecclesiale, inculturato, povero, servizievole, libero da ogni ambizione mondana”.

L’appello alla gioia che proviene dal Crocifisso-Risorto e dal suo Vangelo, attraverso il quale viene annunciata questa consolante notizia, è stato una costante del pontificato di Papa Francesco. Non a caso molti dei Suoi documenti magisteriali, a cominciare dall’Esortazione Apostolica programmatica del suo pontificato, l’Evangelii Gaudium, contengono già nel titolo stesso questo riferimento alla gioia profonda, per lui imprescindibile.

Sarà precisamente a partire da una relazione viva e vivificante con il Signore, fondata nella consolazione e nella gioia, che potremo essere, “con l’azione pastorale, ma soprattutto con la testimonianza di una vita interamente consacrata al servizio della Chiesa, Sposa di Cristo, lievito evangelico nel mondo, alla ricerca incessante della gloria di Dio e del bene delle anime” (Risposta di Papa Francesco agli auguri di Padre Adolfo Nicolas per la sua elezione, 16 marzo 2013).

Ricordiamo con cuore riconoscente la discreta e costante attenzione di Papa Francesco alla Compagnia di Gesù, alla nostra vita e al nostro apostolato. Molti di voi hanno potuto incontrarsi con lui in vari Paesi del mondo, perché sempre riservava un tempo per una condivisione franca e fraterna con i gesuiti che vivevano e lavoravano nei luoghi che egli visitava.

Accompagniamo con il nostro cuore e con la nostra preghiera Papa Francesco al suo incontro definitivo con Dio, amore incondizionato e misericordia infinita, il cui volto ci ha mostrato con la sua vita ed il suo magistero. Fiduciosi che il Signore accoglie nel banchetto del Cielo il Suo servo fedele e mossi dal suo esempio, rinnoviamo il nostro desiderio ed il nostro impegno a seguire Cristo povero ed umiliato e a servire la Sua Chiesa.

Arturo Sosa, SJ

Superiore Generale

Roma, 21 aprile 2025

Lunedì di Pasqua

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