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Padre Del Riccio assistente dell’Agesci

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Il Consiglio episcopale permanente, che si è tenuto dal 14 al 16 gennaio, ha nominato padre Roberto Del Riccio sj assistente ecclesiastico generale dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani. Padre Roberto – originario di Bologna, classe 1960, entrato in Compagnia nel 1989, ordinato sacerdote nel 1998 – è stato scout, capo e quadro associativo in Agesci prima del suo ingresso in Compagnia. “Nelle radici della spiritualità propria dello scoutismo cattolico c’è un tipico elemento ignaziano: cercare e trovare Dio in tutte le cose”.

Padre Roberto è stato appena chiamato al servizio di assistente ecclesiastico dell’Agesci. Da dove nasce questa nomina?

«La nomina nasce dalla collaborazione che lo scorso anno ho offerto all’associazione nella sua formazione agli adulti, che nei propri gruppi svolgono il servizio di educatori, i cosiddetti capi. Nel 2017-2018, infatti, l’Agesci ha deciso di proporre un itinerario di formazione al discernimento evangelico. A questo scopo è stato creato un gruppo di “esperti” che potessero essere invitati come supporto negli incontri di formazione organizzati a livello locale. Essendo stato scout, capo e quadro associativo in Agesci prima del mio ingresso in Compagnia, quando ho concluso il mio servizio di Rettore del Seminario di Posillipo nel 2013, ho ripreso a collaborare con un gruppo scout di Napoli e nei campi di formazione per i capi. Così i responsabili della formazione nazionale dell’Agesci mi hanno invitato a far parte del gruppo degli “esperti e sono entrato in contatto con molti capi e assistenti ecclesiastici nel percorso di sensibilizzazione all’arte del discernimento. Poiché il percorso ha generato in tantissimi capi il desiderio di crescere nell’autenticità della propria scelta cristiana, mettendo al centro il discernimento come stile di appartenenza ecclesiale, l’Agesci ha deciso di continuare in questo cammino di formazione. Per la scadenza del mandato dell’Assistente Ecclesiastico Generale, la CEI doveva nominarne uno nuovo. In questo frangente i responsabili nazionali dell’Agesci hanno ritenuto una opportunità che l’AE Generale potesse essere un gesuita. Valutazione condivisa anche dal nostro Provinciale, che ha dato il suo consenso alla richiesta dei responsabili associativi, di poter inserire il mio nome come primo della terna da sottoporre alla CEI».

 

Il suo rapporto con lo scoutismo quindi affonda le radici lontano nel tempo…

«Sono diventato scout a quattordici anni nel 1974, lo stesso anno in cui dall’unificazione delle associazioni scout maschile (ASCI) e femminile (AGI) nasceva l’Agesci. Dopo aver concluso il mio percorso formativo, ho continuato la mia vita associativa, scegliendo di svolgere nel mio gruppo di origine a Bologna il servizio educativo come capo. Concluso l’iter di formazione previsto dall’associazione per i capi educatori, ho cominciato a collaborare alla vita associativa, in particolare nella formazione degli educatori come responsabile degli eventi di formazione per questi ultimi. È all’interno di questo lungo percorso che prima ho incontrato il Signore e poi ho scoperto la mia vocazione alla vita presbiterale. Grazie al fatto che gli assistenti ecclesiastici del mio gruppo scout sono stati dei gesuiti ho potuto scoprire la spiritualità ignaziana, proposta e testimoniata dalla vita e dalla missione di quelli che sarebbero diventati miei confratelli: Giuseppe Cascino, Jean Darù, Filiberto Talamonti, Paolo Bizzeti, Fabrizio Valletti, Stefano Salviucci, Ignazio Buffa, Cesare Geroldi. All’epoca a Bologna c’erano due comunità e noi giovani del mio gruppo scout eravamo di casa da loro, incontrandoci nelle loro residenze. La vita comunitaria e lo slancio missionario di questi preti li rendeva attraenti ai miei occhi. C’era però anche altro. Da un lato, mi verrebbe da dire “esternamente”, erano diversissimi tra loro per temperamento, attività, persino nel modo di vestire. Dall’altro lato erano però profondamente uniti da qualcosa, che mi sembrava avesse a che fare con il loro modo di parlare di Dio, della Chiesa e della religione. Solo dopo aver fatto gli esercizi spirituali di otto giorni con p. Giuseppe Cascino, ho compreso che ciò che li accomunava era quel particolare modo di essere che nasceva dall’aver vissuto l’esperienza degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio».

 

Qual è il legame tra la spiritualità ignaziana e  lo scoutismo?

«Nel mio discernimento vocazionale questa scoperta è stata determinante, anche se allora credevo che dipendesse anche da una particolare consonanza tra il metodo degli esercizi e quello scout. Oggi so che non è lo scoutismo in generale ad avere una profonda sintonia con la spiritualità ignaziana, ma lo scoutismo cattolico italiano. Quest’ultimo, infatti, deve la sua maniere di vivere e proporre la fede cristiana allo scoutismo francese, che all’origine del movimento riuscì a creare una sintesi vitale tra il metodo scout e la proposta cattolica. Tra i protagonisti di questo successo ci sono alcuni preti che in Francia si dedicavano all’educazione dei giovani attraverso questo nuovo metodo educativo. Uno di questi è un gesuita: p. Jacques Sevin. Egli nel 1920 fa nascere insieme ad altri l’associazione scout cattolica francese (Scouts de France) e successivamente con il fondatore di quella italiana creerà la Conferenza Internazionale Cattolica dello Scautismo. Ecco allora svelato il “trucco”, già nelle radici della spiritualità propria dello scoutismo cattolico c’è un tipico elemento ignaziano: cercare e trovare Dio in tutte le cose. Una caratteristica della spiritualità scout è rileggere e verificare il vissuto di un’esperienza fatta per scoprirvi la presenza di Dio che si comunica. Da gesuita confesso che mi suona molto familiare».

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