Padre Federico Lombardi ricorda papa Francesco

Io sono naturalmente portato a vedere più le continuità che le rotture, più gli sviluppi che i cambiamenti di direzione. Questo naturalmente non impedisce di affermare che ci siano delle novità, ma significa viverle come interne al cammino di un soggetto che è più ampio delle singole persone, anche degli stessi papi, che è il cammino della comunità della Chiesa del Signore.
Penso che un vero grande contributo del pontificato di Francesco sia il suo impegno per la “sinodalità” della Chiesa. Anche se lui è il primo papa recente a non aver vissuto direttamente l’esperienza del Concilio, egli ne ha evidentemente assimilato lo spirito e si è impegnato in ogni modo, fin dall’inizio, perché tutti ci sentissimo insieme Chiesa in cammino, chiamati a partecipare alla missione, “in uscita”, con la “gioia del Vangelo”, in ascolto dello Spirito, in “discernimento”, senza paura di guardare avanti… Credo che questo sia un passo duraturo, che viene dalla sua lettura della Lumen Gentiumconciliare, maturata probabilmente con sensibilità ecclesiale caratteristica dell’America Latina. Forse si può dire che è giusto vedere questa novità del suo apporto alla storia della Chiesa come collegato al fatto di essere il primo papa latinoamericano e di vivere nella spiritualità ignaziana: Chiesa in cammino, cercare e trovare la volontà di Dio in tutte le cose, nella chiamata alla missione per l’annuncio del Vangelo fino ai confini del mondo.
Forse segnalerei alcuni aspetti della sua vita “spirituale” personale. Quando gli chiesi come si spiegava la nuova e straordinaria energia – per me inaspettata – nell’affrontare il servizio come papa, affrontando viaggi lunghi e faticosi pur non avendo un fisico robusto e sano, vivendo senza risparmio di forze un ritmo di impegni quotidiani travolgente, rispondendo con originale creatività alle molte nuove richieste del suo ministero…mi rispose immediatamente che era “la grazia di stato”, cioè la grazia data da Dio a chi ha ricevuto da lui una missione, un nuovo stato di vita. Non ho alcun dubbio che lo pensasse veramente. Soprattutto nei primi tempi del pontificato, chi lo vedeva a Santa Marta era colpito dal lungo tempo di preghiera personale silenziosa nella cappella. Inoltre, ha avuto il dono non comune di dormire sempre bene e intensamente; andava a letto presto e così poteva pregare al mattino presto senza essere disturbato. Alcuni sono stati quasi stupiti della sua meravigliosa lettera Gaudete et exultate sulla chiamata di tutti alla santità, anche nella vita ordinaria, o della sua ultima enciclica Dilexit nosda cui traspare la sua profonda devozione al Cuore di Gesù. Ma sono state alcuni dei frutti della sua grande preghiera, del suo rapporto personale con Dio, che del resto – come ha testimoniato il Padre Generale – è stata la sua prima raccomandazione per i gesuiti. Personalmente sono stato colpito anche dal suo impegno singolare di non guardare mai la televisione, probabilmente per una custodia radicale dello sguardo, della mente e del cuore…
Lo stile di governo di ogni papa è diverso, dipende e manifesta la sua personalità, la sua storia e la sua esperienza. Ed è giusto ed è bene che sia così: la varietà può sempre essere via per un arricchimento della vita ecclesiale, del rapporto con le persone e con il popolo, delle modalità di annuncio del Vangelo e della missionarietà. Lo stile di Papa Francesco è stato molto personale, cioè molto libero rispetto a consuetudini o usi abituali precedenti, sia nel suo modo di comunicare sia in quello di governare. Del resto, l’impegno per “riformare” gli era stato anche esplicitamente affidato dai cardinali che lo avevano eletto papa. Francesco è stato un papa coraggioso, che non si è arrestato per la sola paura di sbagliare. Come ha detto più volte, ha messo in moto molti “processi”, senza saperne prevedere con precisione l’esito dettagliato, ma la direzione sì, e confidando nell’accompagnamento dello Spirito. Ciò ha dato ovviamente non pochi problemi a diversi suoi collaboratori e non è sempre stato apprezzato da tutti. Tuttavia in una considerazione complessiva ha avuto certamente molti aspetti positivi, soprattutto presentando un volto nuovo della Chiesa e del papato, libero da pesi di vincoli o tradizioni che erano da superare.
Nel rapporto pastorale, il “carisma” di Francesco è stato quello della “prossimità”. La gente lo ha sentito vicino, senza distanze e barriere, per il suo linguaggio concreto, semplice e diretto, senza la pretesa di discorsi sempre precisi ed esaurienti, ma desideroso di dialogare con tutti, di raggiungere tutti, perfino partecipando a programmi televisivi popolari. In certi aspetti direi che c’è stato quasi un “crescendo”. All’inizio del pontificato le interviste erano una vera rarità, alla fine erano quasi un’inondazione. Personalmente ho potuto seguire da vicino diversi suoi incontri anche con personalità politiche o ecclesiali importanti. Francesco aveva un dono straordinario di approccio personale semplice, sincero, diretto e cordiale, che mi ha fatto capire che cosa egli intendeva con l’espressione che amava, la “cultura dell’incontro”. Questo gli ha permesso di aprire porte talvolta inaspettate e importantissime, come nel rapporto con il mondo musulmano, in cui ha fatto passi avanti indiscutibili. Quando ci si incontra si può poi camminare nella stessa direzione e cercare di costruire una società più fraterna, accogliente e giusta, una casa comune degna, una speranza di vita eterna.
Federico Lombardi, SJ
La riflessione di padre Lombardi è stata pubblicata dal sito della Compagnia di Gesù, insieme ad altre storie, testimonianze e immagini selezionate della vita, del ministero e del ricordo di Papa Francesco.