Padre Zef Bisha: “Quella libertà conquistata pietra su pietra”
“La mia vocazione? La devo ai miei genitori. Ogni giorno di nascosto recitavamo una preghiera per chiedere a Gesù il perdono, prima di andare a dormire. Di nascosto” sottolinea. “Non era permesso pregare sotto il regime comunista”. Così p. Zef Bisha SJ, coordinatore dell’Albania, racconta il suo cammino di libertà.
“Dopo il crollo del regime anch’io come tanti altri sono andato ad aiutare a ricostruire pietra su pietra la nostra chiesetta intitolata a San Nicola. Era per me tanto significativo quel ridare forma ad un luogo divenuto una discarica. Lavori in muratura: pietre che hanno segnato la mia vita”.
Poi l’incontro con le suore e il sacerdote venuto per celebrare le funzioni nella cappella appena ricostruita. “Inizio ad aiutarli nel servizio attorno ai villaggi. Nel 1994 entro in seminario, continuo ad aiutare come interprete e per quanto serviva. Sentivo però che mi mancava qualcosa. Non riuscivo ad esprimerlo ma non ero pienamente contenuto. È stato Ray Pace SJ, mio padre spirituale, ad aiutarmi a comprendere cosa stesse succedendo in me. In estate sono stato indirizzato a vivere un’esperienza con un gruppo “progetto Speranza” guidato da p. Massimo Nevola SJ. Sono bastati pochi giorni per percepire qualcosa di diverso, il modo con cui stava e lavorava. Mi sono sentito accolto, ho gustato pienamente lo spirito di servizio e di amicizia che si respirava. Per questo ho chiesto di entrare nella Compagnia di Gesù. Un tempo di discernimento e di conoscenza dei desideri e della Compagnia, di me stesso, per mettere negli mani di Dio tutto. Costruire la Chiesa è oggi una continua conversione. In Albania viviamo anche la presenza di diverse confessioni. Le pietre non sono più quelle di una volta. La realtà liquida che ci ha invaso porta a dimenticare chi siamo. Spesso si ha l’impressione di seminare a vuoto. Non stancarsi mai! Formiamo alla libertà gli uomini di domani”.