Per un anno di avventura, visione, immaginazione e azione
Un incontro per scambiarsi gli auguri, «di nuovo, di persona, in tempi ancora difficili». Il 20 dicembre scorso il Padre Generale, insieme allo staff che si occupa di comunicazione, hanno incontrato alcuni giornalisti nella sala Arrupe, in Curia generalizia. Nel suo discorso padre Sosa ha inquadrato le celebrazioni dell’Anno Ignaziano, “In cammino con Ignazio”, nel contesto generale dei cambiamenti che la pandemia ha portato, a livello di società ma anche personali; ha ricordato gli oltre 200 gesuiti morti per il COVID; ha auspicato che il Sinodo della Chiesa «sia la spinta a un processo che durerà oltre il 2023», che sia soltanto il punto di partenza per essere «Chiesa popolo di Dio»; ha ricordato, tra gli appuntamenti che verranno celebrati in tutto il mondo, il 12 marzo 2022, quando ci sarà una Messa solenne al Gesù di Roma in occasione del 400° anniversario della canonizzazione di Sant’Ignazio, San Francesco Saverio, Santa Teresa di Gesù, San Isidoro Lavoratore e San Filippo Neri.
Il discorso di padre Sosa
Il Corona Virus è venuto e se n’è andato… ed è venuto più volte con varianti minacciose…Sembra che ogni giorno ci sia un nuovo aggiustamento da fare, una nuova flessibilità ci sia richiesta, una nuova conversione, un nuovo ‘lasciar andare’. Sta diventando non solo un viaggio fisico o medico, ma un viaggio del cuore, che ci chiede di rivalutare ciò che è veramente importante nella nostra vita e di vivere in modo diverso». Siamo davanti alla sfida di accettare internamente i cambiamenti come grazia e opportunità di vita rinnovata, invece di sentirci costretti a rassegnarci a imposizioni non desiderate.
La lettura dei segni dei tempi
Papa Francesco, salendo, da solo, le scale del sagrato della Basilica di San Pietro (27 marzo 2020) diventa un simbolo della difficoltà e insieme della possibilità di aprirsi alla grazia di trovare spazio per la speranza e la solidarietà in mezzo alle paura di tanti e la confusione politica. Durante tutto questo tempo Papa Francesco non si è fermato nel suo impegno d’aiutarci a leggere i segni dei tempi con parole stimolanti, evitando le false consolazioni, invitando insistentemente a cogliere l’occasione di aprirsi a nuove forme di vita personale, familiare, sociale, a trasformare le strutture che producono povertà ingiusta. Il processo sinodale avviato in questo periodo è il modo audace di far presente la Buona Notizia di Gesù in mezzo alla tormenta del cambiamento epocale. Una comunità ecclesiale capace di dialogare con la storia e all’interno di se stessa è, senz’altro, un segno di Speranza.
Gli shock globali
Anche noi come Compagnia di Gesù, così come tutte le religiose e i religiosi, cerchiamo di aprirci alla novità a partire dello sguardo nuovo sulle esperienze vissute. Nel recente confronto avuto qui nella nostra Curia Generalizia con i Professori Mauro Magatti e Chiara Giaccardi dell’Università Cattolica di Milano, abbiamo allargato la riflessione sui grossi cambiamenti della nostra epoca a partire dagli “shock globali” degli ultimi 20 anni, vale dire: la caduta delle Torri Gemelle, con l’inizio d’una nuova fase di terrorismo, che ha anche minacciato il progresso del dialogo interreligioso e interculturale. Poi la crisi finanziaria del 2008, segnale forte della fragilità del sistema capitalista globale e della debolezza delle democrazie minacciate dalle derive populiste. E, adesso, la scossa della pandemia del COVID-19 alla coesione sociale in ogni nazione e agli equilibri del sistema internazionale.
Vincere le resistenze
La pandemia ci ha costretti ad affrontare il fatto che siamo mortali. Non possiamo più fingere che la morte non sia parte della vita personale, familiare o sociale. Non è più possibile rifugiarci in false speranze di salvezza. Vediamo che le nostre vite sono preziose… eppure così fragili. Ci rendiamo conto che le nostre relazioni hanno bisogno di nutrimento e cura. Riconosciamo le nostre ferite umane e il bisogno di una guarigione dolce e paziente. Senza dubbio ci troviamo in un momento complesso in cui dobbiamo vincere le nostre normali resistenze e imparare tante cose.
Senza pretenderlo la pandemia coincide con il 500º anniversario della ferita d’Ignazio di Loyola nella Battaglia di Pamplona. Consapevoli della importanza del lungo e profondo processo di trasformazione umana e spirituale d’Ignazio di Loyola, la Compagnia di Gesù ha iniziato un “Anno Ignaziano” per motivare tutto il corpo apostolico universale a intraprendere le trasformazioni necessarie per essere capaci di adempiere la nostra missione di riconciliazione e giustizia in modo efficace. È un appello forte alla conversione, a “Vedere tutte le cose nuove in Cristo”. Mai una chiamata alla conversione è stata così urgente. Abbiamo bisogno di fare le cose in modo diverso, d’immaginare un mondo diverso… e di mettere in atto misure in modo tale da contribuire a rendere possibile un mondo nuovo. In queste settimane di Avvento ascoltiamo dal profeta Isaia la promessa di abbassare le montagne e sollevare le valli per aprire un cammino a un mondo migliore. Vogliamo rinnovare la nostra fiducia nel Dio che fa sgorgare l’acqua nel deserto.
Le promesse di Isaia
Queste promesse di Isaia mi hanno parlato quando ho pensato a tutte le persone che sono morte l’anno scorso a Bergamo e fino a oggi, in tutto il mondo, e al dolore delle loro famiglie. Le parole di Isaia mi hanno fatto ricordare le statistiche quotidiane del telegiornale delle otto della sera. Mi sono venute in mente le lotte per la salute mentale e le valli di depressione che le persone hanno subito. I fatti delle nostre vite oggi mi ricordano che la chiamata ai cristiani è di vivere e condividere la speranza. Non una falsa o superficiale rassicurazione che le cose andranno bene e dobbiamo solo tenere duro. Ma una rassicurazione che la trasformazione verrà: trasformazione interna ed esterna e che il nostro Dio sta al lavoro volendo fare nuove tutte le cose e vuole il nostro contributo. Se apriamo le porte dei nostri cuori e accettiamo il rischio di cambiare le nostre relazioni, non avremo un futuro uguale al passato. Avremo invece un nuovo futuro, un futuro “pieno di speranza” progettato da Dio che vuole stupirci.
Un impegno di liberazione
Siete pronti per lo stupore natalizio che porterà, ancora una volta, questo Dio fatto uomo in un luogo umile, impotente tranne che per il potere dell’amore infinito? Questo è il potere che può cambiare e liberare. Il Verbo si fa carne, diventa vulnerabile… sì, anche al Covid. Ognuno di noi è chiamato a diventare piccole “parole” che parlano del messaggio di liberazione di questo Dio sempre nuovo. Anche voi come giornalisti, aldilà delle vostre credenze avete come mestiere e vocazione di ampliare gli spazi di libertà nella vita degli esseri umani. Il vostro è un impegno di liberazione.
Siamo in cammino. Abbiamo bisogno di camminare non solo con i nostri amici, ma anche con coloro che sono ai margini, coloro che sono messi da parte. Vogliamo camminare con i giovani che possono insegnarci, con i vecchi che possono consigliarci. Come dice il profeta Michea: “[questo] e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio”. Questo è il vero viaggio sinodale che implica l’ascolto dei nostri sogni, speranze e desideri più profondi mentre viviamo in questo comune, fragile pianeta.
Fragilità
Fragilità è, infatti, la parola che sceglierei per concludere. In questi ultimi due anni, abbiamo sperimentato la nostra fragilità e quella di tutte le persone con cui viviamo su questo fragile pianeta. Abbiamo sperimentato la fragilità delle nostre case e delle nostre istituzioni. Abbiamo sperimentato la fragilità delle nostre relazioni. Infine, sappiamo come il più profondo desiderio di ogni essere umano è ricevere e dare amore. Questa fragilità, inaspettatamente sperimentata, ci faccia più capaci di amore.
Grazie per essere venuti questa sera. Auguro a ciascuno di voi un Natale felice e sano. Prego che il 2022 possa essere un anno di avventura, di visione, di immaginazione e di azioni concrete per realizzare il nuovo mondo che Papa Francesco ci chiama a immaginare. Buon Natale!
Arturo Sosa SJ