Quanta Sapienza passa da quella stola viola

Una riflessione sul servizio delle confessioni.
“Padre, vengo sempre qui da voi gesuiti a confessarmi. E sa perché? Perché so che nella vostra chiesa troverò un confessore e che sarà misericordioso con me!”.
Così mi ha detto una volta una signora, che arrivava con il sincero desiderio di presentare a Dio i propri peccati.
È un’antica tradizione quella della presenza dei padri confessori nelle chiese della Compagnia, un uso antico che appartiene al carisma di chi per vocazione è chiamato a “la consolazione spirituale dei credenti, con l’ascoltarne le confessioni” (Formula d’Istituto).
Le chiese della Compagnia sono di solito nel centro di varie città, nelle quali i gesuiti hanno sempre cercato di garantire la presenza di qualcuno di loro, saggio e misericordioso, disponibile ad offrire il perdono di Dio.
E così a Reggio Calabria, nella chiesa degli Ottimati, soprattutto i pp. Francesco Lupo e Tonino Taliano sono presenti per il sacramento della riconciliazione e così condividono alcune loro riflessioni:
“Il servizio di confessore, oltre ad essere stato una palestra di umiltà e generosità, ha insegnato ai nostri padri a saper attendere, nella consapevolezza che ognuno di noi ha i suoi tempi. Se da un lato, questo restare ancorati al confessionale sembra essere in conflitto con l’urgenza della Chiesa in uscita, urgenza così sottolineata dal Papa, d’altro canto l’attendere il penitente è parte della medesima missione. E consola vedere la persona che se ne va felice: vuol dire che vale la pena aspettarla anche due ore!”.
A volte non è facile assolvere, dare consigli, suggerire qualcosa di significativo. Come pensi di essertela cavata fino ad ora?
Pare che non ci siano state difficoltà di grosso calibro. Per di più si è trattato di un servizio di consolazione, davanti ai problemi raccontati, che sono di ordine familiare, di rapporti fra genitori e figli e fra fratelli, e professionale, di chi si sente o è davvero sfruttato. Il lavoro di consolazione ed incoraggiamento suona come un aiuto alle anime e diventa un vero e proprio accompagnamento spirituale per tutti coloro che tornano spesso al confessionale.
Al penitente spesso domando: “se un amico ti chiedesse il consiglio che tu stai chiedendo adesso a me, cosa gli diresti?”.
Ad un giovane gesuita da poco sacerdote consiglieresti di confessare? Perché?
“Senz’altro. Infatti confessare permette di vedere l’iniziativa di Dio all’opera, serve per prendere coscienza che la grazia di Dio sta lavorando. Oltre a questo, tale servizio presbiterale serve a maturare importanti atteggiamenti di accoglienza, che permettono di sintonizzarsi con chi per primo ha accolto noi con le braccia crocifisse. L’invito, inoltre, è a non scandalizzarsi mai di quello che viene ascoltato”.
Quanta sapienza, dunque, passa per i confessionali, per quella stola viola, e quanta grazia e speranza per quelle parole: “ti conceda mediante il ministero della chiesa il perdono e la pace…”.
Piero Lamazza SJ