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Ripamonti a Credere: “I rifugiati mi hanno aperto il mondo”

Padre Camillo racconta il suo cammino personale in un’intervista al settimanale della San Paolo, pubblicata il occasione della Giornata del rifugiato. La riproponiamo per gentile concessione dell’editore.

A rileggerla a posteriori la vita è sempre un intreccio apparentemente casuale e sorprendente di incontri e spinte contrastanti. E così è anche per il cammino che ha portato a Roma, in via degli Astalli 14, padre Camillo Ripamonti, classe ’70, originario di Usmate Velate, in Brianza. La gratuità assoluta delle suore del Cottolengo conosciute in parrocchia. L’educazione in una famiglia cattolica, con Piero ferroviere, Renza casalinga, e il fratello Davide. Il fascino della scienza, di una ricerca libera e rigorosa di padre Manuel Cujas, ascoltato durante una lezione di bioetica al San Raffaele. La partecipazione alla vita della comunità parrocchiale, a santa Maria Assunta, l’oratorio e i campi scuola, l’amicizia con i giovani della Fuci. La domanda per il servizio civile respinta e l’obbligo imprevisto di fare un anno di leva militare. E poi la scuola della Parola del cardinale Martini, nel duomo di Milano, l’apprendimento di un metodo – discernimento, esercizi spirituali – per individuare un cammino. E quindi, proprio su suggerimento del cardinale a don Giuseppe, il parroco di Camillo, un tempo condiviso a Villapizzone, dove un gruppo di famiglie e gesuiti vive con persone con disagio. Il tutto passando per una laurea in medicina, un periodo in Albania, un anno in Messico, e, prima, del 2012, quattro anni a Milano, nella redazione di Aggiornamenti Sociali, a scrivere di etica sanitaria. «In tutto questo c’è un filo rosso, l’azione dello Spirito che valorizza i tuoi desideri». La scelta della Compagnia è arrivata a Villapizzone, anche grazie ai colloqui con padre Filippo Clerici: «Ho capito che questa spiritualità, l’inquietudine nel cercare Dio, anche nelle domande che la medicina mi poneva, corrisponde al mio modo di essere».
L’ufficio di padre Camillo è domicilio per migliaia di persone che in questi anni sono passati in questa strada, nel cuore di Roma, tra il Campidoglio e i palazzi della politica, in cerca di una nuova vita.

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