Roma. Assemblea Magis: “Il dialogo è lo stile della nostra azione”
Uno strumento che fa la differenza e che permette di intervenire in modo efficiente ed efficace sui problemi locali e, in senso più ampio, di lavorare per la soluzione di problematiche globali, si è detto durante l’assemblea tenuta nei giorni scorsi a Roma
Il dialogo con i contesti locali è l’«arma» in più con la quale il Magis, l’Ong dei gesuiti italiani, lavora nei e con i Paesi del Sud del mondo. «Di fronte a tematiche globali come i flussi migratori, il rapporto tra aree rurali e urbane, la relazione tra tecnologie e culture d’origine ci sentiamo spesso impotenti», ha spiegato Renato Colizzi, gesuita, membro del consiglio di amministrazione del Magis durante l’assemblea della Ong che si è tenuta sabato 28 e domenica 29 a Roma, «problemi così grandi sembrano irrisolvibili, soprattutto se osservati dal punto di vista di una piccola organizzazione come la nostra senza molte risorse a disposizione. Eppure non è così. Anche microprogetti possono dare un contributo importante alla soluzione dei grandi problemi globali. A patto che…». A patto che si ascoltino e si comprendano le esigenze delle popolazioni con le quali si entra in contatto. Perché solo risolvendo questi bisogni fondamentali è possibile intervenire ed evitare che i problemi crescano e ne creino altri più grandi.
Padre Colizzi cita l’esempio del progetto in corso nello Stato di Ranchi, in India. Qui i gesuiti gestiscono un collegio che offre una formazione di qualità a molti ragazzi del luogo. «Parlando con la gente i nostri confratelli hanno capito che da questa formazione rimanevano esclusi i ragazzi tribali dei villaggi. Senza un’educazione adeguata il rischio è che questi giovani abbandonino i loro villaggi per andare nei grandi centri urbani dove vengono maltrattati, sfruttati e dove perdono le loro radici culturali», spiega Colizzi. È così che sono nati team di formatori che hanno iniziato a organizzare per i giovani corsi di formazione nel settore agricolo, meccanico, ecc. «È un progetto piccolo, ma l’impatto è grande. I giovani, grazie a questa formazione, possono rimanere sul territorio, senza perdere la loro cultura, anzi, radicandosi in essa e salvandola».
Un progetto simile è quello che il Magis sta portando avanti in Sud Sudan insieme al Jesuit Refugee Service. Nel campo profughi di Maban sono stati avviati corsi di formazione per i più piccoli. «I campi profughi», ha detto Colizzi, «sono zone artificiose nelle quali le persone tendono ad alienarsi perché tolte dal loro contesto e dalle loro attività vivono in una dimensione di estraniazione. Il Magis e il Jrs non hanno i mezzi per sobbarcarsi i costi dell’alimentazione, dell’assistenza medica, della costruzione delle infrastrutture, però proprio dal confronto con le persone abbiamo compreso che c’era l’esigenza di offrire una formazione ai giovani affinché fosse loro garantita la possibilità di avere un’educazione di base». Sono nati corsi di inglese, informatica, ecc, ma anche lezioni su come affrontare i conflitti e risolverli senza violenza. Un modo per depotenziare l’aggressività che i conflitti portano sempre con loro.
Questa impostazione caratterizza tutta l’attività del Magis: dall’emergenza Ebola, nel corso del quale si è lavorato con programmi di prevenzione, a quella dell’Aids, con iniziative per evitare la marginalizzazione dei malati; dalla formazione socio-politica nei centri culturali dei gesuiti all’educazione informale nelle periferie delle grandi metropoli. Un’attività che, come ha sottolineato il presidente della ong, padre Nicola Gay, sta riprendendo vigore dopo un periodo di riorganizzazione.
Questi progetti lavorano in una prospettiva di lungo periodo. Ciò fa sì che i risultati non siano immediatamente verificabili. Su questo punto però padre Colizzi: «Uno dei nostri obiettivi è creare indicatori che ci permettano di verificare le reali ricadute sulle società dei nostri progetti. Scavare un pozzo, creare piccoli barrage, costruire un ponte sono tutte iniziative lodevoli e facilmente quantificabili. Più difficile quantificare un intervento in campo educativo. Detto ciò non possiamo non percorrere questa strada e penso che, ancora una volta, per verificare l’efficacia del nostra agire dovremmo confrontarci anche con le popolazione». Ancora una volta è il dialogo lo stile d’azione del Magis.