Il film di Olmi dedicato a Martini: “Vedete sono uno di voi”
Intervista a padre Virgilio Fantuzzi, critico de La Civiltà Cattolica, che ha presentato a Roma il documentario del regista Ermanno Olmi “Vedete, sono uno di voi”, dedicato al cardinale Carlo Maria Martini. Il film è nella sale dal 16 marzo, prodotto da Istituto Luce Cinecittà, con rai Cinema, scritto da Ermanno Olmi e dal giornalista Marco Garzonio. A 90 anni dalla nascita del suo grande protagonista, il film tocca momenti cruciali della storia italiana e pone domande profonde per ogni spettatore, credente e non.
Padre Fantuzzi, come è strutturato il documentario?
Ci sono immagini di repertorio, altre che provengono da altri film di Olmi o con Martini. E poi ci sono immagini girate apposta per questo documentario, in particolare quelle relative all’ambiente dove Martini ha passato gli ultimi anni della sua vita, presso l’istituto Aloisianum di Gallarate, e in particolare il letto dove è morto. L’immagine di questo ambiente, da cui si parte, poi ritorna durante il documentario che percorre la vita del cardinale come se lui stesse ripensando ai momenti importanti della sua vita, mentre attende l’appuntamento definitivo con l’ultima ora. Questo è il centro del documentario: la situazione di uomo che giunto al termine della vita attende l’appuntamento con la morte. Da questo nucleo centrale si dipanano le vicende della vita di Martini.
Se fosse vive oggi padre Carlo Maria avrebbe 90 anni, è il lasso di tempo che abbraccia la storia di un secolo….
E infatti nel documentario Martini rivive i momenti importanti della sua vita all’interno della storia di un secolo, e i grandi eventi, a partire dall’ultima guerra, sono visti con lo sguardo di Martini a cui si unisce quello di Olmi. E’ un doppio sguardo su queste vicende da una prospettiva alta.
La mano di Olmi da cosa si riconosce?
Soprattutto dal tono poetico. Olmi è un poeta, sceglie delle immagini che trovano la loro collocazione in un discorso dal tono molto elevato. Oltre che la mano di Olmi nella scelta delle immagini, c’è anche la sua voce: Martini parla in prima persona e si alterna la sua voce dal vivo, nelle registrazioni originali fatte in pubblico, a quella di Olmi che gli presta la sua voce per raccontare le cose che vengono dagli strati profondi della sua anima. In questo alternarsi Olmi riesce a cogliere in maniera piena, direi quasi perfetta, lo spirito religioso di Martini. Olmi si sa che è buon cristiano, lo ha mostrato in tanti altri film che ha fatto, ma è un laico. Martini è totalmente, interamente imbevuto di spirito religioso, perché è uno che ha consacrato tutta la sua vita a Dio. E Olmi coglie questo aspetto con un’attenzione piena, che è piuttosto sorprendente.
Ci sono dei particolari che l’hanno colpita?
Anche nella presentazione a Roma ho fatto notare alcuni aspetti particolari di questo documentario. In primo luogo il fatto che avendo Olmi girato nel 1965 un film su papa Giovanni, che si intitola “…e venne un uomo”, recupera immagini e situazioni da quel film e mette in parallelo il rapporto di papa Giovanni con i propri genitori e quello di Martini con i suoi. Si tratta di persone che provengono da classi sociali diverse, perché i genitori di papa Giovanni erano contadini della bergamasca, mentre quelli di Martini erano della buona borghesia produttiva del Piemonte, il papà era un imprenditore. Si vede che una società sana da strade diverse, da strati sociali diversi, riusciva a produrre delle personalità eccezionali come quelle di questi due santi. Inoltre per parlare dell’attività pastorale di Martini come arcivescovo, l’accento è posto sul fatto che è arrivato a Milano nei cosiddetti anni di piombo e si è imbattuto in quella vera e propria guerra civile che si combatteva per la strade. Il documentario mostra come si sia impegnato con caparbia volontà nel ricondurre alla ragione persone che sembrava non volessero ragionare in nessuna maniera, ottenendo dei risultati sorprendenti, sui quali il film non fa della retorica, ma ne parla in maniera sobria, che colpisce.
Un altro aspetto che infine emerge è l’amore sconfinato di Martini per la Terra Santa e in particolare per Gerusalemme, che è la sua città d’adozione. Ci sono delle bellissime pagine di questo film dedicate all’amore di Martini per questa città e alla situazione complicata del Medio Oriente. Entrambi, Martini e Olmi, osservando questa realtà dolorosa riescono a darne una visione in una dimensione che possiamo chiamare di eternità.