Scuole. Kairòs Messina-Napoli, esercizi per adolescenti
Cos’è questo Kairos? Cosa ci aspetta? Come saranno i nostri compagni di viaggio?
Queste sono solo alcune delle domande che – giustamente – si ponevano alcuni studenti del Collegio S. Ignazio di Messina mentre il 13 febbraio 2013 viaggiavano verso Napoli dove, insieme con alcuni loro coetanei dell’Istituto Pontano, avrebbero vissuto per quattro giorni l’esperienza spirituale del Kairòs.
“Ci rassicurava, comunque – raccontano Chiara e Roberta, due partecipanti da Messina – sapere che i nostri leader sarebbero stati ragazzi come noi che avevano già fatto quest’esperienza“.
Il Kairòs, infatti, è una formula di ritiro spirituale articolato su quattro giorni e destinato a giovani del quarto anno di scuola secondaria di secondo grado (17 anni). Esso segue l’itinerario degli Esercizi Spirituali Ignaziani, adattandolo alla particolare età e situazione degli adolescenti. Il ritmo delle giornate è scandito da 13 testimonianze che fanno da traccia ideale di tutto il cammino. 9 di esse sono offerte da 9 ragazzi-leader, ciascuno dei quali offre una testimonianza della propria vita focalizzata su di un tema specifico, secondo il percorso del ritiro. I ragazzi-leader guidano anche i tempi di condivisione in piccolo gruppo delle risonanze alla testimonianza ascoltata. Questi nove ragazzi sono di fatto coloro che conducono tutto il ritiro.
Il Kairòs costituisce un “tempo propizio” per fare il punto sulla propria situazione personale e comunitaria, attraverso il silenzio, la riflessione, la meditazione, il confronto e la condivisione con i compagni su ciò che è davvero cruciale nella propria vita personale, sociale e spirituale.
“Una volta arrivati – proseguono Chiara e Roberta – il primo impatto è stato un po’ “traumatico” in quanto ci siamo ritrovati immediatamente privati di ciò che caratterizza la nostra quotidianità, come il cellulare, l’orologio e qualsiasi dispositivo elettronico. In più, come se non bastasse, ci è stato chiesto anche il silenzio e tutto ciò inizialmente ha provocato anche un po’ di fastidio e frustrazione. Ma poi sono iniziate le attività…..e benché ognuno di noi mantenesse un superficiale distacco, l’ascoltare la primissima testimonianza ha aperto in noi, senza che ce ne rendessimo conto, quella fessura che nei giorni successivi si sarebbe trasformata in una porta spalancata. Paradossalmente, proprio il silenzio condiviso, le attività di gruppo tanto vincolanti, le imposizioni del “processo” ci hanno avvicinato con un piacevole, inaspettato e mai provato senso di cameratismo a quei ragazzi che fino a poche ore prima non avevamo mai visto e di colpo quello strato di indifferenza da cui eravamo coperti tutti si è improvvisamente sciolto. Abbiamo inconsciamente realizzato quanto quelle imposizioni, quelle restrizioni, quel silenzio, quel cameratismo, adesso erano importanti per noi. Ma abbiamo soprattutto scoperto, oltre il valore del silenzio, necessario per ritrovare se stessi, anche il valore dell’ascolto, necessario per comprendere gli altri. E da allora non sentiamo più ma ascoltiamo….”