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Selva, dove gli adolescenti ritrovano profondità emotiva

Arrivano da tutta Italia e non vorrebbero più andar via. Questa estate sono stati 180 i ragazzi dai 16 ai 18 anni passati nei tre minicorsi offerti a Selva di Val Gardena. 43 gli animatori. Un luogo privilegiato per osservare e ascoltare i ragazzi, le loro storie, le ferite, ravvivarne sogni, rinvigorirne la speranza. A condividere alcune riflessioni in merito è Vittorio Bachelet, 38 anni, ricercatore universitario, al Capriolo come animatore, con moglie e i due bambini.

Costruire un’identità adulta

“Negli adolescenti che frequentano i minicorsi vediamo soprattutto il bisogno di costruire una loro identità adulta in una libera dialettica con quanto vivono in famiglia. In questi ultimi anni in particolare, osserviamo adolescenti più fragili, che anziché provocare e sfidare il mondo adulto, tendono piuttosto a domandarsi se di quel mondo possono fidarsi, avendo un gran bisogno di farlo per poter crescere.

Il metodo

Si parte da stimoli emersi dal gruppo dei ragazzi che si forma il primo giorno. Non c’è un tema preconfezionato dagli animatori, ma sono i minicorsisti stessi a consegnarci le questioni esistenziali che stanno loro più a cuore. Ad esempio: qual è il mondo adulto che mi trovo davanti e come posso entrarne a far parte? Da questo tipo di sollecitazioni, si lavora poi in sottogruppi sui singoli: usando come tecniche il disegno e il teatro spontaneo, ciascun adolescente può dare libero sfogo ai conflitti che lo animano e sperimentare simbolicamente una “integrazione” insieme ai componenti del sottogruppo.

Un percorso individuale e collettivo

L’esperienza funziona, ed è unica nel suo genere, proprio perché offre agli adolescenti un luogo dove esprimere i loro bisogni e conflitti più profondi, che è necessario mettere a fuoco e superare, per crescere in piena libertà. E consente di fare questo insieme ad altri adolescenti che, in una certa misura, condividono quegli stessi bisogni e conflitti, nonostante le diverse “provenienze”. Non è, insomma, un percorso individuale, ma collettivo, seppur incentrato sulla unicità di quanto ciascuno sperimenta nel proprio vissuto. Il gruppo esprime una grande forza di sostegno e trasformazione, tanto che i ragazzi tornano a casa più felici, sollevati e pieni di energia, come anche le famiglie stesse sempre testimoniano e portano fratelli, amici, segno della ricchezza di questa esperienza educativa”.

Le testimonianze

“Non immaginavo che in dieci giorni fosse possibile creare legami tanto stretti con persone che neanche conoscevo, condividendo aspetti intimi della mia vita, così profondamente da lasciarne un segno per sempre” scrive Elisa 16 anni, ripensando ai 10 giorni trascorsi a giugno al Capriolo.

“Nei sottogruppi si ha la possibilità di fare i conti con tutto ciò che di solito lasciamo dentro” conferma Alice, coetanea “ciò che sentiamo, ma non riusciamo mai a guardare e chiamare per nome. Si ha così la possibilità di prendere maggiore consapevolezza di sé, delle proprie fragilità e dei punti di forza. Ho ascoltato a lungo i racconti degli altri rimanendone sempre molto colpita ma allo stesso tempo stupita nel rendermi conto di essermi fermata solo alla parte più superficiale, nel realizzare che dietro ogni comportamento, dietro ogni sorriso, dietro ogni battuta c’è una storia, un’esperienza che mai avrei potuto immaginare. Ascoltare gli altri ci permette di capire che non siamo soli, che quello che pensavamo potesse toccare solo noi ha toccato anche qualcun’altro, magari in modo differente”.

Dalla scoperta alla restituzione

“Sono stato minicorsista anche io” racconta Vittorio “perciò ricordo distintamente lo stupore della scoperta dei minicorsi di Selva. Un incontro così importante, che ha fatto sì che tornassi anche come animatore, spinto dalla voglia di tenere viva questa dimensione di profondità emotiva, che a Selva si riesce a vivere, e di farlo sperimentare ai ragazzi più giovani. È, peraltro, proprio in un corso per animatori che ho conosciuto la mia futura moglie. Oggi torniamo, con i nostri due bambini, al Capriolo per mantenere vivo questo tizzone ardente, che continua a nutrire la nostra vita adulta, di famiglia e di coppia”.

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