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Trekking spirituale per giovani

In questo periodo in cui molte delle proposte estive per giovani sono state cancellate a motivo delle norme anti-Covid, alcuni gesuiti in collaborazione con l’Associazione Percorsi di Vita (che spesso promuove le proposte dei gesuiti per giovani), hanno organizzato dei trekking spirituali e di formazione in tenda e sacco a pelo.

Il cammino nella natura, il fruire della tenda personale e della propria gavetta è una formula non solo anti-Covid ma soprattutto coinvolgente, affascinante, rigenerante, entusiasmante.

Il primo si è svolto in Val Maira dal 10 al 16 luglio, guidato da p. Francesco Cavallini con Giacomo D’Alessandro.

Gli altri saranno:

Dal 19 al 23 agosto presso Malga Giuggia, una casa alpina in autogestione del Comune di Sella Giudicarie (TN). Cinque giorni di condivisione, escursioni, essenzialità e “stare bene”, immersi nella natura e nel silenzio della Val Breguzzo, ai piedi delle cime del Parco Naturale Adamello Brenta. Tema: “Per cosa sei disposto a vivere”.

100 pinne, Mare e Bibbia a Ragusa, dal 3 al 12 agosto, un percorso di lettura nella Scrittura e una dinamica arricchente di vita comune. La mattina  si leggerà un testo biblico ‒ La storia di Davide ‒ aiutati da Piero Lamazza sj, e il pomeriggio fino al tramonto  in spiaggia esplorando le stupende coste della Sicilia sud orientale e celebrando l’eucarestia all’aperto.

In Val di Fiemme sul cammino del “Cristo Pensante” dal 20 al 26 agosto, guidato da p. Diego Mattei con Zeno Colzani.

In Sardegna, sul cammino “dei minatori” dal 29 agosto al 6 settembre, guidato da p. Fabrizio Fabrizi con Giovanni Aloe.

In Val Maira come traccia di riflessione si è meditata la “Laudato sii”, un capitolo al giorno, con momenti di silenzio, di condivisione, di spunti biblici e anche di confronto sulle buone pratiche di stili di vita.

Sapienza, armonia, conversione

La sapienza dei racconti biblici, l’armonia di tutte le creature, la conversione degli stili di vita, sono tre dimensioni che si possono non soltanto leggere a livello intellettuale, ma anche e soprattutto vivere nel proprio corpo e nella relazione con una comunità e con la natura.

In un tempo complesso per tutti, abbiamo voluto proporre a giovani tra i 20 e i 30 anni, ovvero nell’età delle scelte adulte, un’occasione comunitaria di cammino e crescita personale. Camminare implica una fatica, una disponibilità a mettersi in gioco e in una condizione più vulnerabile, rappresenta fisicamente l’apertura ad un processo di cambiamento interiore. Ed è più importante aprire processi che occupare spazi.

Vivere all’aria aperta e accamparsi in tenda facilita il mantenimento delle precauzioni, al contempo creando da subito un gruppo affiatato, che deve condividere attivamente ogni momento della giornata, dal cucinare al fare campo, al gestire il bagaglio con l’essenziale per sopravvivere. Aiuta nello sperimentare che la realtà è superiore all’idea.

Immergersi in una natura meravigliosa, poco nota, di grande respiro, di silenzi e rumori, di animali selvatici come marmotte, camosci e falchi, di torrenti scroscianti e laghi che riflettono l’universo intero…è la dimensione fondante che ha potuto contenere un’esperienza non solo intellettiva ma primariamente integrale: fisica, mentale, emotiva, interiore, pratica, spirituale, corporea, visiva… Perché il tutto è superiore alla parte.

Vivere questo come individui provenienti da storie e ambienti differenti, catapultati in un contesto del genere, spogliato di tutto (delle connessioni ad esempio) e riempito di profondità e di stimoli, è stata la bellezza sfidante di sperimentare quanto ci fa bene stare soli e quanto abbiamo bisogno degli altri, non solo per sopravvivere ma per realizzare la vita. Il trekking in alta quota costringe alla realizzazione di una micro-comunità temporanea, ma pur sempre un modello ben diverso da quello competitivo e individualista a cui si educa nel mondo Occidentale. Abbiamo vissuto che l’unità prevale sul conflitto.

Con la Laudato si’

Il gruppo si è trovato composto da persone di Genova, Milano, Bologna, Bergamo, Torino, Cuneo. Ogni mattina è stata scandita da un tempo di cammino, dopo aver smontato il campo con la logica del leave no trace (non lasciare tracce); quindi prima di pranzo (a volte di cena) una sosta con il tempo ampio di leggere un capitolo della LaudatoSi’, introdotto a turno da me e padre Francesco Cavallini; ancora cammino ma in silenzio, meditando quanto letto; poi il tempo del pasto preparato insieme, e della condivisione su cosa ci ha colpito, smosso. Tra le parole di Papa Francesco, i brani biblici a cui attinge, la nostra vita e l’impegno quotidiano. Nonostante gli scherzi del meteo, le serate sono state un altro tempo fortificante, con l’allestimento del campo nel posto più adatto, il rifornimento di acqua per cucinare sui fornellini, la condivisione del cibo trasportato un po’ per uno, e poi la serata di canzoni e giochi con un piccolo ukulele e l’inebriante libertà di essere soli ma uniti, in cima al mondo. Non è mai mancato il tempo del movimento, della fatica, dell’espressività, né quello del silenzio, della sosta, della rilettura profonda, personale e poi comunitaria.

“Se teniamo conto della complessità della crisi ecologica e delle sue molteplici cause, – recita LaudatoSi’ al capitolo 2 – dovremmo riconoscere che le soluzioni non possono venire da un unico modo di interpretare e trasformare la realtà. È necessario ricorrere anche alle diverse ricchezze culturali dei popoli, all’arte e alla poesia, alla vita interiore e alla spiritualità. Se si vuole veramente costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto, allora nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio”.

Su questa apertura esistenziale ci siamo formati e confrontati a partire dai sintomi di crisi e di rottura, il grido del pianeta e dei suoi “ultimi”, sforzandoci di entrare nella profondità dell’interconnessione che esiste tra tutte le cose, tra il pianeta e le relazioni, un degrado in vasi comunicanti sul quale non si può essere persone frammentarie, indifferenti o che vivono “a compartimenti stagni”. La stessa comunione universale di cui il nostro cammino è allenamento in miniatura, fa il paio con la destinazione universale dei beni che riguarda il pianeta, le opere dell’uomo, il nostro uso dei beni come strumento di crescita umana.

 

Una realtà da comprendere e rileggere in una forte presa di coscienza dei fondamenti biblici ed evangelici, e contro il modello capitalista, contro l’individualismo e il consumismo in cui cresciamo avvolti, contro una socialità (e talvolta una chiesa) che è omologante o all’opposto escludente, mentre dovremmo valorizzare ogni cosa e ogni sua interconnessione nell’immaginario del “poliedro”.

E’ una ricchezza inestimabile che un gruppo di giovani rifletta per 6 giorni senza mai uno sguardo al telefono, che in montagna non prende e non si ricarica. Presenti “qui e ora”, concentrati, autentici, senza il peso di connessioni invisibili e richiamanti altrove. In questo contesto ci siamo confrontati sulle sfide che pone l’ecologia integrale come la resistenza al paradigma tecnocratico, l’uomo al centro e la tecnologia crescente sempre e solo come strumento positivo di manipolazione della realtà, tale che “è diventato contro-culturale scegliere uno stile di vita con obiettivi che almeno in parte possano essere indipendenti dalla tecnica, dai suoi costi e dal suo potere globalizzante e massificante”.

Giacomo D’Alessandro

 

 

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