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Una nuova chiamata a ispirarsi a Ignazio, il Pellegrino

Presentazione di un libro presso la comunità dei gesuiti di Villapizzone a Milano

Il messaggio del Padre Generale per la festa di Sant’Ignazio di quest’anno. Ci orienta già verso l’esperienza che l’Anno Ignaziano offrirà.

Festa di S. Ignazio di Loyola 2020
Messaggio del P. Generale Arturo Sosa


L’opportunità dell’Anno Ignaziano 2021-2022

 

Ricordare S. Ignazio di Loyola e celebrare la sua festa è un’occasione per condividere alcune riflessioni sull’Anno Ignaziano che inizia il prossimo mese di maggio. L’Anno Ignaziano 2021-2022 ci offre una grande opportunità da sfruttare fino in fondo evitando di lasciarla passare invano. È un appello a permettere che il Signore operi la nostra conversione. Chiediamo la grazia di essere rinnovati dal Signore. Desideriamo scoprire un nuovo entusiasmo interiore e apostolico, una nuova vita, nuovi cammini per seguire il Signore. Per questo abbiamo scelto come motto dell’anno: vedere tutte le cose nuove in Cristo.

Tutto l’anno sarà guidato dalle Preferenze Apostoliche Universali 2019-2029. Siamo consapevoli che assimilarle suppone la conversione per ciascuno di noi, per le nostre comunità e le nostre istituzioni e opere apostoliche. Chiediamo la grazia di un cambiamento reale nella nostra vita-missione di ogni giorno.

In questo momento mi rivolgo specialmente ai nostri compagni e compagne nella missione, laici, laiche, religiosi, religiose e a quanti, di altro credo religioso o di altre convinzioni umane partecipano alla medesima lotta. Durante l’Anno Ignaziano speriamo di condividere più a fondo con voi l’esperienza fondazionale sulla base della quale il corpo apostolico della Compagnia partecipa alla missione di riconciliare tutte le cose in Cristo. Molti di voi sentono una consonanza profonda con questa ispirazione, con il carisma che dà vita alla Compagnia di Gesù. Ringrazio il Signore per questa grazia e ciascuno di voi per il suo entusiasmo e la sua vicinanza. Vogliamo approfittare dell’Anno Ignaziano per accompagnare più da vicino il lavoro che lo Spirito Santo sta facendo in ciascuno di voi così che possiate sentire questo appello più profondamente.

Ai giovani dico: vogliamo imparare ad accompagnarvi. Vogliamo imparare da voi. Ciascuno di voi è unico, è nato con un progetto particolare. Ignazio ha lottato per scoprire il senso della sua vita. In lui potete trovare ispirazione nella ricerca che ciascuno di voi sta facendo per fare della sua vita qualcosa di significativo, un contributo ad un mondo migliore, in cui si rispetti la dignità delle persone e si conviva gioiosamente con la natura. Manifesto il nostro desiderio di accompagnarvi attraverso tutte le nostre attività e soprattutto attraverso le nostre persone disposte a condividere tempo, sogni e speranza.

Ai miei fratelli gesuiti di tutte le generazioni dispersi in tutto il mondo dico che l’Anno Ignaziano costituisce una nuova chiamata ad ispirarsi ad Ignazio, il Pellegrino. La sua lotta interiore e la sua conversione lo hanno portato ad una più stretta familiarità con Dio. Questa familiarità, questo amore intenso, gli permisero di trovare Dio in tutte le cose e di ispirare altri per formare, uniti, un corpo apostolico, pieno di zelo missionario. Siamo eredi di questo carisma e responsabili della sua validità nei tempi che viviamo.

Per Ignazio una vita di povertà era espressione dell’intimità con Gesù, il Signore. Più che le parole, la sua povertà è stata un segno della sua trasformazione interiore, della sua crescente vulnerabilità davanti al Signore, della sua ‘indifferenza’ radicale nel disporsi a seguire la volontà di Dio, del suo sentire che tutto discendeva dall’alto come un dono.

Come possiamo noi, i membri attuali della Compagnia di Gesù, ricevere e vivere questa grazia della povertà evangelica?

In primo luogo facendoci vicini alla forma di vita di Gesù, come fecero Ignazio e i primi compagni. Sì, una relazione intima con il Signore è possibile se la desideriamo e la chiediamo con insistenza, come abbiamo imparato negli Esercizi Spirituali. È un’intimità che ci viene data non solo perché ciascuno ne goda tranquillamente. Al contrario, è un’intimità che ci rende capaci di amare e seguire più da vicino Gesù che continua a chiamarci, specialmente attraverso i più poveri ed emarginati, attraverso il grido della terra, attraverso tutto ciò che è vulnerabile. Per i primi compagni la vita in povertà di ciascuno e quella della comunità era sempre unita alla cura dei poveri. Questa è una parte sostanziale del carisma che abbiamo ereditato.

Guidati dal discernimento delle Preferenze Apostoliche Universali abbiamo accettato la sfida di ascoltare il grido dei poveri, degli esclusi, di coloro la cui dignità è stata violata. Abbiamo accettato di camminare con loro e di promuovere insieme la trasformazione delle strutture ingiuste che si sono manifestate così apertamente nell’attuale crisi mondiale. E permettetemi di essere chiaro: questa crisi non è solo sanitaria e economica, ma, soprattutto, sociale e politica. La pandemia del COVID-19 ha reso evidenti le gravi deficienze delle relazioni sociali a tutti i livelli, il dis-ordine internazionale e le cause dello squilibrio ecologico. Solo l’amore di Gesù porta la cura definitiva. Possiamo essere testimoni di questo amore solamente se stiamo uniti strettamente a Lui, tra noi e con gli scartati del mondo.

Vivere il nostro voto di povertà nelle condizioni attuali del mondo esigerà cambiamenti nella nostra cultura organizzativa. La traiettoria degli Esercizi Spirituali può essere la nostra guida, incominciando da un profondo rinnovamento della nostra libertà interiore che ci porti all’indifferenza e ci faccia disponibili “a ciò che più conviene”. È anche necessario che riconosciamo le nostre deficienze e anche i nostri stessi peccati in questo ambito per poter ottenete l’identificazione di noi stessi con il Gesù povero e umile dei vangeli. Domandiamo, come abbiamo fatto tante volte nella contemplazione della chiamata del Re eterno (Es.Sp. n. 98), la grazia di rinnovare il nostro desiderio di imitarlo “nel sopportare ogni ingiuria e ogni disprezzo e ogni povertà, sia attuale che spirituale”.

Come gesuiti dobbiamo domandarci che cosa significhi nel nostro tempo introdurre cambiamenti nella nostra vita di povertà religiosa per renderla più stretta. Nel testo ignaziano l’espressione completa è che secondo le esigenze del tempo si veda se è necessario introdurre cambiamenti che la rendano più stretta. Ciò che vogliamo fare è capire quali siano le domande di questi tempi, mentre guardiamo verso il futuro. L’esame della nostra vita di povertà si converte nella forma concreta di ispirare la conversione per una ri-carismatizzazione della nostra vita-missione.

Cari fratelli gesuiti, cari compagni e compagne nella missione, questo può essere un momento di trasformazione per la Compagnia di Gesù. Può essere un momento che libera nuova energia, nuova libertà, nuove iniziative, nuovo amore per gli altri e per i nostri fratelli e sorelle più afflitti. Ricordare S. Ignazio di Loyola e la sua conversione ci dà nuovo slancio. Sì, il cambiamento è possibile. Sì, i nostri ‘cuori di pietra’ possono diventare ‘cuori di carne’. Sì, il nostro mondo può trovare nuove modalità di crescita. Mettiamo le nostre mani in quelle di Gesù, nostro fratello e amico, e usciamo verso un futuro incerto ma ricco di speranza, fiduciosi che Lui sta con noi e che il suo Spirito ci sta guidando.

S. Ignazio di Loyola, prega per noi.

Che il Signore ci benedica mentre camminiamo dietro a Lui.

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