Milano.Popoli: le elezioni e la «Zingaropoli islamica»
Con un commento intitolato «”Zingaropoli islamica”: le parole in libertà e la parola necessaria» la redazione di Popoli è intervenuta su ciò che è avvenuto a Milano negli ultimi giorni di campagna elettorale.
Quello che è avvenuto a Milano nei 15 giorni di campagna elettorale pre-ballottaggio va molto al di là, molto più in basso, delle «normali» asprezze della propaganda politica. Scrivere «Zingaropoli» sui manifesti elettorali, come ha fatto il centrodestra, equivale a scrivere «Giudeopoli». C’è chi ha bisogno di racimolare qualche voto tra gli elettori più xenofobi o spaventati e così ricorre al termine spregiativo che indica il secondo popolo – dopo gli ebrei – che ha versato più sangue nel progetto di sterminio nazista. E se invece della tanto minacciata «più grande moschea d’Europa» si fosse parlato di sinagoga? Si tratta sempre del luogo di culto di una minoranza. Giustamente si sarebbero scatenate le ire degli ebrei e di tutti i cittadini con un residuo di memoria storica. Una crisi diplomatica con Israele sarebbe stata scontata. «Zingaropoli islamica» è la sintesi di questa oscenità, che non è partita da un Lassini qualsiasi, ma dai leader dei due partiti di governo. Chi ha inventato gli slogan, Bossi, e chi li ha ripetuti, Berlusconi, sanno che uno Stato dei rom non esiste e che non ci sono governi che faranno rimostranze.
A Milano le poche migliaia di rom senzatetto, prevalentemente cittadini comunitari, ma non elettori, molti indigenti e analfabeti, assistono senza voce, come hanno fatto nel corso di oltre cinquecento sgomberi inutili e costosi subiti dal 2007 a oggi.
Senza voce, non cittadini, né elettori, sono anche tanti fedeli islamici di ogni provenienza, insistentemente equiparati a potenziali terroristi.
Prendersela, come è stato fatto, con il cardinale Dionigi Tettamanzi (a cui va tutta la nostra solidarietà) è sintomo di ignoranza becera. Ma la Chiesa ha, per fortuna, tutti gli strumenti per tutelarsi. Usare chi oggi, più di ogni altro «gruppo sociale» incarna il reietto (i rom) e l’irrimediabilmente diverso (i musulmani), e come tale è impossibilitato a difendersi, è un esperimento di vile squadrismo verbale, irresponsabile incitamento a una violenza che potrebbe non restare più solo simbolica.
L’associazione Naga che aiuta i più emarginati della metropoli soprattutto nei problemi di salute, ha presentato un ricorso antidiscriminazione contro la Lega Nord e il Pdl, per il contenuto dei manifesti e le dichiarazioni dei politici. Ma le azioni legali non bastano ad arginare il degrado razzista che abbiamo denunciato in passato. Serve una metropoli capace di dare parola e dignità a chi è ai suoi margini. «Zingaropoli» non esiste e forse lunedì se ne accorgeranno anche i suoi inventori.
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